10-04-2008
JESUS ON EXTASY
"Beloved Enemy"
(Drakkar/Audioglobe)
Time: (53:54)
Rating : 5
Vi ricordate dei Jesus On Extasy, quei quattro spauracchi tedeschi simpaticamente agghindanti a metà tra Marilyn Manson ed i Mötley Crue? E dell'androgino vocalist Dorian Deveraux che, atteggiandosi a rockstar consumata, ci invitava caldamente ad assassinarlo, nell'orribile singolo di lancio del loro debut album? Ebbene, la band teutonica è di nuovo tra noi, ad un solo anno di distanza dall'imbarazzante "Holy Beauty", con un look ancora più kitsch ed una manciata di nuovi pezzi già pronti a fare la gioia dei propri fan (che in Italia, grazie alla presenza di band di più ampio spessore come i Dope Stars Inc., devono essere proprio pochi) e dei sostenitori di quella scena industrial-glam tanto in voga oggigiorno, oppure a convalidare le tesi dei ben più numerosi detrattori. Nonostante in questo "Beloved Enemy" emerga qualche rassicurante parvenza di maturazione, soprattutto a livello di songwriting (si veda una struttura generale dei brani meno danzereccia e più impegnata rispetto all'esordio), e qua e là faccia capolino qualche arrangiamento addirittura interessante, quasi sempre ad opera della brava tastierista Ophelia Dax (la stessa Leandra che recentemente ci ha regalato un solo-album d'elevata caratura), non riusciamo tuttora a capire quale sia il vero intento di questo scaltro quintetto: saturare il mercato con album di qualità medio-bassa? Far gioire l'onnivora (musicalmente parlando) audience 'dark' in pista da ballo? Trasgredire i canoni anti-commerciali del rock 'industriale' con un'attitudine smaccatamente easy? Emozionare, forse? La risposta starà anche nel bel mezzo di tutte queste possibilità, ma chi vi scrive crede fermamente che un solo brano realmente valido (la conclusiva "Sometimes", costruita su un bel gioco di pianoforte e voce) in mezzo a tanti, troppi attimi di noia debba seriamente dissuadervi dall'acquistare un simile disco. La parabola dei Jesus On Extasy ci appare inesorabilmente in discesa, nonostante i piccoli miglioramenti di cui sopra: se prima i Nostri riuscivano a risultare insulsi, ora sono semplicemente trascurabili. Tra qualche anno potrebbero perfino cadere nel dimenticatoio, e sono sicuro che sarebbero in pochissimi a dolersene. Per guadagnarsi il rispetto di un pubblico esigente come quello a cui si rivolge questa band, urgono sin da subito dei seri cambiamenti; senza di essi, il terzo album potrebbe acquisire il valore di una vera e propria condanna a morte. La frivolezza ed il qualunquismo, nei generi dei quali siamo appassionati, non pagano e noi non riusciremmo mai a premiarli.
Marco Belafatti