19-05-2024
HOLOCODER
"Space"
(ScentAir Records / MIC Label)
Time: CD (42:30)
Rating : 7.5
È una lunga strada quella ventennale che ha portato l'act russo, formatosi a Kirov nel 2002, a pubblicare per la prima volta un lavoro per la connazionale ScentAir (in collaborazione con la MIC Label, viceversa già da tempo molto attiva nel promuovere la band), ovvero quello "Space" uscito due anni or sono che è a tutt'oggi l'ultimo fra gli otto full-length firmati Holocoder. Sembrano lontani anni luce gli esordi incerti e confusi di "Psalom 2003", ed in parte anche quell'EBM russofona sviluppata a partire da "Solntse Giperborei" del 2013, terzo album e vero punto di svolta per l'act che, allo stato attuale, dovrebbe essere composto (il condizionale è d'obbligo col cirillico, almeno per noi) dal singer Sergey Koroatev e dal curatore dell'elettronica Oleg Sergeev, entrambi apprezzati anche nel promettente side-project Gekata. "Space", lavoro ispirato alle conquiste ottenute dagli scienziati sovietici nel campo dell'esplorazione spaziale, apre infatti come mai realmente prima d'ora a sonorità più melodiche e danceable, e basta lasciar trascorrere l'intro per incontrare subito l'agile future-pop da club di "Soyuz-Apollo", che ben chiarisce quale sia l'importanza della melodia per gli odierni Holocoder. Ancor meglio fa la seguente "Universe", che rimanda ai Diary Of Dreams dei primi anni 2000 sulla scia di una magnifica linea melodica e di un'efficace prova vocale, convincente anche per chi, come noi, non può masticarne le parole. Apprezzabili anche il future-pop immediato e ballabile della title-track, una "Secrets Of The Sky" che chiama direttamente in causa i Funker Vogt di "Maschine Zeit" ed il più pacato strumentale "Orbit", poi il duo alza nuovamente il tiro con un'apprezzabile tripletta: "Spaceport", dove i beat rallentano con un pathos tipicamente synthpop; "Unity", altro momento synthpop marchiato da una melodia vincente, con vocals più oscure e l'ospite Enrico Morezzi (che ricordiamo nei torinesi Sell System) protagonista nell'unico refrain in inglese; ed infine "Sonata", song più placida dettata da bei toni drammatici, con la voce che ricorda certa teatralità rammsteiniana. Tanta varietà in un lavoro tutt'altro che sfilacciato o privo di un filo logico, per un risultato finale convincente sotto la maggior parte dei punti di vista: con una maturità ormai da tempo ampiamente conseguita ed una certa personalità da non sottovalutare, gli Holocoder possono riservare ancora molte sorprese positive, proprio come con questo "Space".
Roberto Alessandro Filippozzi
https://holocoder.bandcamp.com/