20-01-2008
LEANDRA
"Metamorphine"
(Drakkar/Audioglobe)
Time: (55:15)
Rating : 8
Non è poi così strano, a pochi mesi dall'esplosione commerciale del fenomeno Emilie Autumn, ritrovarsi una redazione letteralmente invasa da laccate ed ipercurate release amorevolmente suonate, prodotte e confezionate da giovani e conturbanti artiste, tutte racchiuse nei propri mondi immaginari, emotivamente fragili e predisposte a stupire un pubblico come quello 'dark', talvolta molto più che esigente nei confronti del gentil sesso, con una formula ormai collaudata fatta di colori ed abiti vistosi ma pur sempre cupi, melodie agrodolci, quintali d'introspezione e scenografie da favoletta dark post-contemporanea. Qualcuno, senza troppi indugi, si starà già domandando se dietro a questo nuova realtà della quale ci accingiamo a parlare ci sia della reale ispirazione, o piuttosto l'abituale parata di sedicenti cliché estetico-sonori... Per quanto ci riguarda, sebbene il dubbio nei confronti dell'effettivo valore di queste novelle artiste possa talvolta sembrare lecito, è altresì indispensabile passare in analisi ogni singolo caso per poter distinguere le mere ruffianerie dai prodotti interessanti. Alla fine, ciò che interessa più o meno a tutti sono i dischi onesti e di valore, e "Metamorphine", il debutto della nostra Leandra, inverosimile alter ego della stessa Ophelia Dax dei pacchiani ed inascoltabili Jesus On Extasy, rientra a conti fatti in quest'ultima categoria. Nelle pagine di questa sorta d'oscuro diario musicale, Leandra si mette completamente a nudo (e non mi sto di certo riferendo alla copertina, che la ritrae di spalle 'come mamma l'ha fatta'), svelando all'ascoltatore l'infanzia di una bambina russa dotata di 'genio', che a soli tre anni dava già voce a tenere melodie, e la propria adolescenza trascorsa in terra teutonica, raccontandogli per filo e per segno tutte quelle emozioni rimaste intrappolate nelle situazioni di vita più estreme. Doveroso è il tributo nei confronti di un vecchio piano dai tasti d'avorio, strumento che in tutti questi anni ha accompagnato l'artista e che, a suo dire, rappresenta la via di fuga per il mondo esterno e possiede una forza comunicativa che ha inizio laddove tutte le altre si interrompono. E se sono proprio le ipnotizzanti melodie pianistiche e la sensuale voce della Nostra, dal timbro profondo ma non troppo acuto, vagamente simile a quello di Sonja Kraushofer (L'Âme Immortelle, Persephone), gli assoluti protagonisti di questo "Metamorphine", possiamo al contempo segnalare tantissimi altri elementi che molto probabilmente ecciteranno diverse fasce di pubblico, anche quelle più intransigenti, dato che la release della tedesca Drakkar (prevista per la seconda metà di febbraio e qui recensita) è ben lontana da tentazioni smaccatamente trendy ed easy-listening. La fusione tra ammaliante pop dal taglio cantautoriale, avvincenti tappeti di synth e beat elettronici, scorci di musica classica e feticismi industrial avviene con una naturalezza quasi disarmante: Leandra si dimostra un'interprete spettacolare in "Noisy Awareness", perfetta hit dalle atmosfere fiabesche e notturne, nella ballabile e cadenzata "Lie To Me", nell'intenso duetto con Sven Friedrich (Zeraphine, Dreadful Shadows, Solar Fake) in "The Art Of Dreaming", ed ancora nella viscerale semi-ballata per soli piano e voce "Pi", che nel finale sfuma in un turbinio di metalliche chitarre e spettrali sussurri (roba da fare invidia agli acclamati The Birthday Massacre ed agli ultimi L'Âme Immortelle) e lascia spazio alla tormentata malinconia della conclusiva "Inverted Mirrors Of Decay", una sorta di dark-cabaret dai connotati tragici. Alla bella tastierista basterebbero soltanto il carisma di una Emilie Autumn ed il genio interpretativo di una Björk per accaparrarsi lo scettro di reginetta del pop elettronico, ma noi, interamente appagati e rapiti dalle atmosfere di "Metamorphine", incrociamo le dita e le auguriamo di raccogliere comunque un meritato successo, auspicando che in futuro Leandra non voglia seppellire definitivamente talento ed ispirazione per prediligere i facili incassi che la propria pseudo-band potrà quasi sicuramente garantirle.
Marco Belafatti