20-01-2008
PERSEPHONE
"Letters To A Stranger"
(Curzweyhl/Masterpiece)
Time: (50:19)
Rating : 6.5
A tre anni di distanza dalla pubblicazione quasi simultanea dei due precedenti dischi, "Atma Gyan" e "Mera Sangeet Kho Gaya" (gli ultimi per la Trisol, che curò anche la pubblicazione del debut "Home" e del mini "Still..."), torna sulle scene uno di quei side-project spesso tacciati di sconclusionatezza e pretenziosità anche da parte della critica meno oltranzista. Se ancora non lo sapeste, la seconda incarnazione musicale di Sonja Kraushofer dei L'Âme Immortelle è conosciuta con il monicker Persephone e vede la nota cantante tedesca tenacemente calata, sin dagli esordi, nei panni di una lacrimevole dama ottocentesca intenta a cantare d'amori perduti ed amanti immaginari, di tenebrosi incubi e sogni infranti, accompagnata da svariati musicisti d'estrazione classica e parecchi volti noti della scena, tra i quali spicca per importanza il fido braccio destro Martin Höfert, violoncellista della piccola orchestra degli Janus. Laddove Matt Howden (Sieben, ex-Sol Invictus) non fa più parte della squadra, è invece costante la presenza di John Rivers (già al lavoro per Dead Can Dance e Sopor Aeternus) al mixer, mentre la novità di questo "Letters To A Stranger", pubblicato a novembre dalla teutonica Curzwehyl, è rappresentata dalla presenza della Philarmonic Chamber Orchestra di Werningerode, che ha impreziosito con splendide partiture classiche il lavoro dell'ensemble, contribuendo in maniera essenziale nel dar vita a piccoli capolavori imbevuti di gotica drammaticità quali "Everlasting", "Fateful" e "Untitled", che non sfigurerebbero nemmeno se utilizzati come brani portanti di una colonna sonora hollywoodiana. È veramente un peccato che le restanti canzoni del lotto non viaggino quasi mai sulla stessa lunghezza d'onda, imprigionate in armonie stucchevoli e saltuariamente protese verso timide tentazioni modernistiche, come accade per "Merciless", insaporita dai tipici strumenti della musica rock, o per il passionale e stravagante tango di "Mean", che rimangono, tutto sommato, due dei pochi episodi degni di nota oltre alle tre perle summenzionate. Insomma, "Letters To A Stranger" avrebbe anche potuto essere un buonissimo disco, se solo non si fosse ripresentato il solito problema insito nelle produzioni di questo progetto: l'eccessiva discontinuità all'interno della tracklist, la sconcertante alternanza tra numerosi episodi poco più che anonimi e considerevoli - ma quantitativamente scarse - vette emotive, la stessa pecca che ritroviamo perfino nella performance della giunonica Kraushofer, a volte troppo incline a banalità nell'interpretazione, appesantite ulteriormente dal suo registro vocale un po' monocorde, che mal si sposano con i toni solenni delle composizioni. Con queste credenziali, anche solo per non sminuire il lavoro di artisti che con simili sonorità hanno scritto intere pagine della musica oscura, in sede di valutazione, non ce la siamo proprio sentita di andare oltre la soglia della sufficienza.
Marco Belafatti