19-02-2023
BYRON METCALF & SHANE MORRIS
"Ancestral Resonance"
(Projekt)
Time: CD (63:42)
Rating : 8
Del percussionista dell'Arizona Byron Metcalf, veterano della scena, abbiamo parlato più volte in occasione di alcune fra le sue molte collaborazioni in casa Projekt, come quelle con Steve Roach, Erik Wøllo e Mark Seelig, e stavolta ad affiancarlo troviamo l'esperto compositore ambient e polistrumentista Shane Morris, proveniente dall'Arkansas. In questa loro prima collaborazione, cementata da evidenti affinità sonore, i due mettono in campo, oltre ai synth, un ampio corredo di percussioni (tamburi, campane, gong, congas e tante altre, particolari e dalle più disparate culture) e di fiati (fra cui il caratteristico didgeridoo e l'inconfondibile flauto Navajo), omaggiando già dalla strumentazione impiegata un vasto panorama culturale, spirituale ed ancestrale. Come sottolineano le note interne all'essenziale digipack (prodotto in 500 esemplari), la "risonanza" non è solo un riverbero sonoro, ma anche un suono, un pensiero, una sensazione o un ricordo che un pezzo musicale o uno scritto evoca in un ascoltatore o lettore. Quella del lavoro in esame è profondamente ancestrale, come vuole il titolo, in quanto legata ad un passato che vive inesorabilmente in quella sorta di "spirito comune" che ci riconduce tutti ad una recondita dimensione spirituale. Fra ritmi etnici ed ambientazioni dense di misticismo, ciclicità rituali e didascalie sonore ad alto tasso meditativo, le otto tracce dell'opera brillano per potenza evocativa, creatività ritmica, varietà nelle soluzioni, intensità e, non da meno, una qualità audio che permette di godere fino in fondo dei molti squisiti dettagli, melodici come percussivi. Raramente si sentono lavori così stimolanti in un genere nel quale basta poco per scadere nel già sentito, finendo accodati a quell'ambient/new age/world music dai contorni ben definiti, sicuri e prevedibili. Onore ai due artisti, subito capaci di completarsi a vicenda e di mettere a punto con maestria una visione comune che, pur pagando un forte tributo alla musicalità ancestrale, riesce a portare una ventata di freschezza, tanto nelle modalità come nel risultato finale. Decisamente consigliato, specie per chi sa ancora "immergersi" in un disco.
Roberto Alessandro Filippozzi