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Room 102

17-01-2022

RHYS FULBER

"Brutal Nature"

Cover RHYS FULBER

(FR Recordings)

Time: CD (65:44)

Rating : 8.5

Stilare un'esaustiva introduzione e magari un riassunto della carriera di un artista del calibro di Rhys Fulber a un pubblico neofita e giovane è impresa assai ardua, se non letteralmente impossibile. Non perché ci sia poco da dire a riguardo del prolifico musicista e produttore canadese, ma piuttosto perché le parole si sprecherebbero nel celebrare un simile caposaldo della musica indipendente degli ormai ultimi trent'anni, se non di più. Nato a Vancouver, in seguito di stanza a Los Angeles dove ha fondato i suoi personali studi di registrazione, Fulber è praticamente protagonista della maggior parte della scena musicale conosciuta da chiunque ami la musica di qualità. La sua collaborazione con act fondamentali della scena elettronica è solo una pagina della sua immensa biografia. Oltre infatti ad essere membro, più o meno stabile (impegni di produttore permettendo, per l'appunto), dei seminali Front Line Assembly e Delerium, in coppia col collega e amico di lunga data Bill Leeb, Fulber ha firmato pagine di storia dell'elettronica più raffinata e intellettuale mai prodotta, come gli straordinari Conjure One, i tantissimi progetti paralleli di casa Front Line Assembly (Fauxilage, Noise Unit, Synaesthesia, Will, ma la lista è infinita, tra collaborazioni e ospitate), nonché ha contribuito al successo, e soprattutto al rilancio, di svariate band del panorama heavy metal e rock in generale. Secondo i Fear Factory è sempre stato ad esempio l'elemento in più in formazione, in grado di plasmare il sound, come uno scultore con la creta, e non sono da meno tante altre storiche band che han potuto godere del suo apporto professionale e magico dietro la console (si va dai Paradise Lost ai Nailbomb di Max Cavalera, giusto per intenderci). Ma l'universo Fulber non ha limiti. Negli ultimi quattro anni Rhys ha avvertito il bisogno di esprimersi nuovamente in altra veste, dando alla luce con molta probabilità il suo vero progetto solista, almeno secondo il monicker in uso. Due gli album, "Your Dystopia, My Utopia" del 2018 e "Ostalgia" l'anno seguente, entrambi per la berlinese Sonic Groove, più altre uscite complementari, come la dilogia "Live Dystopia", stampato addirittura in cassetta, ed EP, singoli, remix vari. Come la maggior parte dei poveri artisti indipendenti che hanno sofferto il lockdown generalizzato a causa della pandemia, Fulber ha colto la palla al balzo e ha rimesso piede nella natia Vancouver, per dedicarsi così col tempo a disposizione a questo "Brutal Nature", suo terzo e nuovo studio-album da solista, rilasciato sia in edizione standard in CD che in altre tre versioni (due in vinile, una in CD) tutte praticamente sold-out. Un'occasione unica per vivere al meglio la propria creatività e sfoderare un lavoro molto intimo e personale. Tant'è che non solo ne firma la completa produzione, ma ne ha curato anche l'artwork, magistralmente poetico nella sua composizione di fotogrammi analogici e minimali. E l'aggettivo "minimale" può essere un buon punto di partenza per raccontare la bellezza di questo lavoro. Più o meno in linea coi precedenti dischi, Fulber ripesca dal suo background più atmosferico e meno di impatto, per raccogliere un'ora di musica elettronica sospesa tra lievi rumoreggiamenti industrial e gratificazioni IDM, sfociando nella techno raffinata, non tanto ballabile, quanto penetrante. "Central State Institute", "Pyrrhic Act" o "Rogue Minority" sfoggiano una techno dall'estetica hardcore tedesca, mai troppo invadente, che preferisce bilanciarsi su intrecci al tempo stesso distorti e melodici, ritmi ossessivi ma ben smussati. Non mancano gli apporti più romantici tanto cari al musicista, come l'introduzione di vocalizzi femminili (della nuova leva Jeza, alias Jessica Bennet, giovane cantante con all'attivo già parecchie collaborazioni), che però non prendono mai il totale controllo delle canzoni, piuttosto fondendosi e amalgamandosi suadenti col lavoro e il suo fascinoso tappeto di macchine ("Chemical" o "Fragility" sono un esempio esplicativo di simile collusione umano e non). Questo è proprio il tema corrente del lavoro, ben rappresentato anche dall'artwork, dove la pacifica staticità della natura si ritrova costretta a convivere con la fredda architettura degli edifici post-moderni, e in seguito la relativa brutale necessità di entrambe le dimensioni di adattarsi e convivere insieme. La conclusiva "Stare At The Sun" è infatti la summa di tale filosofia, in cui riemerge l'aggressività tipica dell'electro-industrial post-EBM tanto vicina agli originari Front Line Assembly, dove questa volta è l'ugola stridula e filtrata di Sara Taylor degli Youth Code (altra blasonata band hardcore/industrial su cui Rhys ha messo le mani in passato) a rammentare la formula vincente, ma anche lugubre e spaventosa della sopraffazione e dello spaesamento di una natura infettata da mano umana. O magari viceversa. Resta il fatto che Rhys Fulber ha realizzato l'ennesimo grande lavoro, una nuova grande lezione di musica contemporanea, dove tutto è perfetto, senza alcuna sbavatura, tranne forse il fatto che i pochi come noi desidererebbero da sempre vederlo più rappresentato dai grandi media, siccome ormai non c'è scusa alcuna per non ammettere che il produttore e compositore canadese è uno dei più grandi artisti degli ultimi trent'anni. Inaspettato, come molti nuovi lavori nati dal vuoto lasciato dalla pandemia e le sue limitazioni, ma innegabilmente ispirato e straordinario, e si può anche dire che sia uno dei lavori migliori di Fulber nell'ultima decade di carriera.

Max Firinu

 

https://rhysfulber.bandcamp.com/

https://www.redsandpr.com/