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Room 105

27-06-2021

INDIA CZAJKOWSKA

"Diary Of Earth"

(Khailassa)

Time: CD (67:56)

Rating : 8

Osservando bene la carriera della cantante e polistrumentista polacca, si nota come solo il debut album del 2008 "Cosmospir" sia firmato unicamente da lei, laddove le seguenti cinque uscite sono state realizzate assieme ad altri nomi, ed una di queste, nello specifico quella creata assieme a Sebastian Madejski, ha visto il suo titolo "Tance Snu" diventare il monicker di un nuovo quartetto, il cui esordio "Meander" di fine 2018 è anche l'ultima apparizione ufficiale della Czajkowska. Tredici anni dopo, India torna a firmare un album da sola, e si tratta di un'opera molto particolare nella sua variegata ed ammirevole carriera: un lavoro concepito durante l'anno "pandemico", che, con le sue lunghe settimane di isolamento, ha posto un tema di primaria importanza per l'artista polacca, ossia la tensione fra la Natura e ciò che noi abbiamo creato. Uno spontaneo moto interiore che si è trasformato in musica nella forma che più si addice all'intimismo ed all'isolamento: le note del piano, assoluto protagonista sullo sfondo di suoni naturali (canti di uccelli, sciabordio d'acqua, etc...), talvolta scortato da sottili afflati ambientali, di rado accompagnato ad una vocalità ideale per uno scenario così potente nel mettere a nudo le emozioni più recondite. Racchiuso in un grazioso digipack a sei pannelli, l'album vive di un intimismo quanto più sincero che, sulla scorta di un pathos che non può lasciare indifferenti, non ha bisogno né di esibizioni di tecnica, né tantomeno di perfezione formale, ed India lo sa bene, lasciando che siano le tangibili emozioni a guidare l'ora abbondante di durata di "Diary Of Earth". Undici brani che toccano le corde dell'anima, tutti esempi di una creazione genuina che sfugge alle logiche della "costruzione a tavolino", con picchi di alta caratura: l'intensa, inquieta e drammatica "Unquiet", con la sua vocalità dolente e fragile e le linee d'archi quale degno corollario; "Song Of Trees", gioiello in cui l'intreccio fra voce e piano è da brividi; e infine "Freelight", che non si sottrae ai crismi di una forma-canzone più usuale per dar spazio a quelle influenze jazz che fanno parte del background della Czajkowska. Nota a margine per la conclusiva "The End Of This Story", unico pezzo a vantare un'ospite, e segnatamente Jacek Mielcarek, che si produce in porzioni soliste di sax (tenore e soprano) di notevole effetto. Non un disco facile o per tutti, sia per l'attenzione richiesta da un ascolto che deve necessariamente essere libero da distrazioni, sia per una natura musicale che lo rende appetibile principalmente per gli amanti del pianoforte, ma chi vi si avvicinerà con lo spirito giusto non potrà che restarne colpito in senso positivo, anche per la sua capacità di non scadere praticamente mai nel ridondante, nonostante l'esteso minutaggio. C'è sempre bisogno di questo livello di onestà artistica ed intellettuale, come di arte così efficace nel nutrire l'anima.

Roberto Alessandro Filippozzi

 

http://www.indiaczajkowska.com/

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