02-03-2020
ALPHAMAY
"Retrographie"
(ScentAir Records)
Time: CD 1 (65:42); CD 2 (64:15)
Rating : 7
Un "best of" particolare quello del duo composto da Cris Frickenschmidt ed Henning Hammoor, poiché stampato dalla ScentAir come sorta di celebrazione dei primi concerti in terra russa dell'act tedesco (che fra l'altro aveva sempre pubblicato le proprie uscite attraverso la connazionale Timezone) e venduto esclusivamente al di fuori della Germania. Un'uscita mirata a far conoscere il progetto soprattutto al pubblico russo (nello spartano jewel-case non mancano infatti le note informative anche in cirillico), ma anche un buon compendio di quanto fatto dai primi vagiti di fine 2014 e nei quattro anni successivi, con brani presi dall'esordio digitale, dai tre album rilasciati dalla suddetta Timezone, dall'EP "The Mellow Collie (5 Years Young)" e dal remix-album "Trans/Fusion". La peculiarità degli Alphamay è sempre stata quella di abbinare a trame synthpop ed electropop piuttosto variegate e mai troppo derivative una vocalità a tinte prettamente dark, caratteristica che ha sempre conferito un certo taglio retrò a brani ben dotati di groove quali "Conform Us", "The Pilgrims Weep", "Weak Philosophy" etc., così come a quelli più carichi di pathos e tensione drammatica come "Follow Me", "Black Parasite", "The Carousel", "Wintertime", "Counting Stars" etc... Fra i momenti migliori del primo dischetto va citata quella "Love Must Die" che richiama con forza altri tedeschi di peculiare importanza come i Deine Lakaien, echeggiati anche dal refrain di "Decay Of A Dream", mentre si fanno apprezzare anche quei frangenti in cui la voce si fa più tagliente come "Flat Earth Flat Head" ed "Ease Your Pain". Capaci di arrangiamenti intriganti come di una sempre buona intensità, nel secondo CD i Nostri colpiscono nel segno soprattutto col taglio oscuro di "Feed The Ill", coi bei suoni di "The Crystal Orphan" e col gradito piglio dark-electro della versione estesa di "Summer Of '89", mentre fra i remix posti in chiusura spiccano soprattutto quelli più club-oriented realizzati per "Decay Of A Dream" e "Missing Me", ma fa la sua bella figura anche quello firmato da Schwarzschild per "The God Games", ottimo per enfatizzarne i toni drammatici. 130 minuti in compagnia di un act che rappresenta un riuscito punto d'incontro fra synth/electro-pop e darkwave e che merita l'approfondimento da parte di chi ancora non ne avesse saggiato le apprezzabili qualità, in attesa di un prossimo album che ci dirà quale sia il suo effettivo stato di salute.
Roberto Alessandro Filippozzi