23-07-2019
THE DEVIL & THE UNIVERSE
":Endgame 69:"
(Solar Lodge)
Time: CD (39:40)
Rating : 8
L'eclettico trio austriaco torna col nuovo album - il quinto in carriera - a poco meno di due anni di distanza dal precedente "Folk Horror", approdando per l'occasione alla corte della tedesca Solar Lodge. Riuscire a descrivere la particolare e ricercata proposta dei due navigati fondatori Ashley Dayour (Whispers In The Shadow, Near Earth Orbit) e David Pfister (attivo in svariati progetti) e dal sodale/percussionista Stefan Elsbacher non è impresa facile, dal momento che il loro sound - prevalentemente strumentale - ha spaziato in lungo e in largo fra i generi, assimilando e traducendo in una chiave personale influenze dark ambient, industrial, electro, sinfoniche, etniche e rituali, mantenendo quale comune denominatore un efficace taglio filmico e trovando nella suggestiva dicitura "ghost wave" una definizione per molti versi confacente. Con la nuova fatica, che riflette su determinati temi-cardine relativi agli ultimi 50 anni abbondando nei riferimenti a note vicende occorse in America, vengono meno quelle pregevoli pieghe sinfoniche di cui aveva beneficiato l'ottimo "Benedicere" del 2015 e, per contro, viene rinsaldata quella componente etnica/esotica già apprezzata nel suddetto "Folk Horror", anche grazie all'apporto di percussioni dal taglio tribale ed, appunto, etnico, come appare chiaro sin dall'incisiva opener "Orange Sunshine". Già dalla seguente "Turn Off, Tune Out, Drop Dead", intensa e vibrante, emerge la tribalità del drumming, unita a dei tratti esotici che profumano soprattutto di Medioriente, laddove le due distinte "Dream Machine", macchinose e sospese, incarnano il lato più industriale del progetto. Le ritmiche tribali si fanno poderose nella fisicità della danza/trance di "Altamont Apocalypse", e se le trame etniche di "Spahn Ranch" si tingono di temi drammatici, una sferzata d'energia arriva dalla cover di "1969" degli Stooges, ripresa in maniera acida e tagliente con alla voce una Medina Rekic che sa graffiare e gigioneggiare. I due veri picchi dell'opera arrivano in sequenza: dapprima l'apocalittica e possente "Satanic (Don't) Panic", il cui groove è semplicemente irresistibile, e poi l'intensissima "Kali's Tongue", arricchita dalla chitarra distorta nelle sue melodie squisitamente mediorientali e marchiata a fuoco dall'ottima prova vocale dai richiami indiani di Christina Lessiak (già collaboratrice dei Nostri sul precedente album), mentre il finale è affidato a "Revelation 69", anch'essa molto intensa nelle sue trame etniche dal taglio desertico. "Goat wave per gli iniziati!", come dice la band stessa - ben celata dalle ormai tipiche maschere da caproni - sui propri canali ufficiali, per un'opera splendidamente prodotta e confezionata (un bel digipack a sei pannelli, ma sono disponibili anche due distinte versioni limitate in vinile, entrambe curate dalla aufnahme + wiedergabe) che, coi suoi stimolanti contenuti, conferma i TD&TU come uno dei progetti più personali, creativi, estrosi e di ampio respiro dell'intera scena musicale a tinte scure.
Roberto Alessandro Filippozzi
https://www.thedevilandtheuniverse.com/