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Room 105

02-07-2018

SCHATTENSPIEL, VERNEY 1826

"Secret Windows"

Cover SCHATTENSPIEL, VERNEY 1826

(SkullLine)

Time: CDr (50:40)

Rating : 7.5

Uscito sul finire dello scorso anno nel formato CDr in soli 100 esemplari numerati a mano in uno spartano jewel-case, questo full-length realizzato a quattro mani da Sven Phalanx e Lionel Verney (già sodali negli Schattenspiel fondati dal primo) potrebbe essere l'ultimo a recare la firma Verney 1826, causa la mancanza di tempo da dedicare al progetto da parte del mastermind Lionel. Staremo a vedere, augurandoci che così non sia, ma prima che ciò accada i seguaci di Verney 1826 possono ancora sfruttare questa opportunità per apprezzarne le gesta, per l'occasione assieme ad un progetto affine non solo per l'amicizia ed i comuni intenti che legano i due musicisti tedeschi, ma in special modo per un suono che spinge anch'esso verso il neoclassico, il gotico e la dark ambient col medesimo piglio cinematico. Ne scaturisce un album che sintetizza al meglio le prerogative dei due progetti, grazie ad un comune lavoro di scrittura che esula dalle dinamiche del classico split (cosa che invece era, con i medesimi protagonisti, "Reclusion Of Sun And Moon" del 2012), coi rulli impetuosi dell'epica e marziale "The Breakup Of A Fellowship" ad aprire le danze, e sullo sfondo il tipico cantato declamatorio che altrove si fa più salmodiante. Il taglio epico attraversa anche "Turn My Back" sulla base di percussioni dal sapore etnico, mentre "Whispering Shapes" è il segnale di come il disco sia entrato pienamente nel vivo, con le sue melodie fiabesche e l'apporto vocale 'di rinforzo' di Miss Kitty. Non mancano frangenti in cui gli umori si fanno scuri, come il dolente requiem "Adler", una malinconica "Father (Erinnerung I)" dalla costruzione sinfonica, le movenze post-apocalittiche di "Moloch" e la mestizia della piano-based "Die Tage Von Dobbertin", cui si contrappone la dolcezza di "Polarnacht". Fra i momenti più suggestivi di un'opera ricca di pathos e fascino vi è senza dubbio l'epica e drammatica "Katyn (Erinnerung II)", mentre il finale vira verso la dark ambient con la minacciosa e oscura "King Pest", prima che le più evocative ambientazioni sinfoniche di "Alone" facciano calare il sipario. Tante pregevoli sfaccettature in un album compatto e molto ben bilanciato che, se fosse veramente l'ultimo per Verney 1826, rappresenterebbe un degno commiato per l'act tedesco, adeguatamente fiancheggiato da un progetto coevo che si spera possa ancora contare sulle capacità del buon Lionel.

Roberto Alessandro Filippozzi

 

http://verney1826.de/

https://www.skullline.de/