08-02-2018
WHITE BIRCHES
"When The Street Calls"
(Progress Productions)
Time: CD (39:26)
Rating : 7
Dopo un paio di autoproduzioni (l'EP del 2014 "Stands Of White Birches" e l'album del 2015 "Dark Waters"), il duo svedese composto da Jenny Gabrielsson Mare (voce, chitarre, elettronica) e Fredrik Jonasson (elettronica) approda alla corte della connazionale Progress per la pubblicazione dell'atteso secondo album. Proseguendo nel discorso distopico del debut, l'act scandinavo si allinea alla vulgata globalista con espliciti riferimenti alla 'strada', evidentemente identificata come il luogo-simbolo da occupare da parte di una sedicente 'resistenza' che mai come negli ultimi anni ha inteso infischiarsene di 'robetta' come la volontà popolare espressa attraverso libere elezioni ogni qualvolta il vincitore non risultava gradito. L'ossessivo focus dei WB sull'attuale presidenza degli States finisce per riverberarsi anche sul loro sound, non a caso intriso di un gusto più americano che europeo, oltre che marcatamente alternativo rispetto ai puristi della darkwave (ed anche alla media del roster di casa Progress). Un suono che si bea del minimalismo (le chitarre, ad esempio, hanno l'unico compito di squarciare il sottofondo con la loro grezza ruvidità ai limiti del noise) già dall'opener "Trouble", in cui i colpi ritmici rimbombano su di una base sottile come in una sorta di 'chiamata alla rivolta', ma che come detto finisce per risultare talvolta sin troppo alternativo rispetto alle paventate influenze di nomi come Cocteau Twins, Depeche Mode, Sisters Of Mercy e Kate Bush (paragoni scomodati dalla stampa di settore in occasione del debut album), come in episodi quali "Under My Spell" e "False Prophets", e a conti fatti neppure la divagazione drone/noisy "Decay" risulta funzionale ad alcunché. Viceversa, "Howl" è un'accattivante traccia darkwave col potenziale da hit che rappresenta uno dei picchi dell'opera, assieme ad una "The River" le cui lente e cullanti cadenze sono la base ideale per una prova vocale più passionale, alla suadente ed ipnotica "Gravity" ed all'intensa title-track, che chiude l'album col giusto pathos. Ai WB non mancano abilità, una discreta dose di personalità e delle buone qualità che meritano la giusta attenzione, come la nuova fatica testimonia, e senza dubbio sarà interessante vedere se in futuro intenderanno spingere ancor di più verso l'eclettismo di stampo 'alternative' o se certe nervature darkwave diverranno più prominenti.
Roberto Alessandro Filippozzi
http://www.progress-productions.com/