18-03-2017
JAMES MURRAY
"Eyes To The Height"
(Ultimae Records)
Time: CD (58:30)
Rating : 7.5
Ad otto anni dal primo full-length "Where Edges Meet", l'esperto musicista britannico James Murray torna nel roster dell'ottima label francese Ultimae Records in occasione del suo settimo album. Un 'ritorno all'ovile' in realtà avvenuto già lo scorso settembre con la pubblicazione in vinile ed in digitale dell'EP "Ghostwalk", dopo anni spesi alla corte di svariate etichette (inclusa quella Slowcraft Records fondata nel 2011 proprio da Murray). E mentre l'artista londinese è già tornato sul mercato col nuovissimo "Killing Ghosts" (rilasciato dalla giapponese Home Normal in 500 esemplari), noi ci soffermiamo con piacere su questa penultima prova sulla lunga distanza, realizzata nel consueto formato digipack a sei pannelli completo di splendido booklet che è il marchio di fabbrica dell'inappuntabile label transalpina. Con "Eyes To The Height" Murray abbandona la mestizia ambientale delle ultime fatiche per tornare a cimentarsi con la downtempo degli esordi, recuperando quelle strutture ritmiche indispensabili per superare il minimalismo di lavori quali "The Land Bridge", "Mount View" e "Loss", per un risultato che gode di una maggior scorrevolezza d'insieme. Le melodie si presentano subito estremamente morbide, con l'opener "The Black And The Grey" scandita da un battito minimale e la seguente "Holloways" mossa da calme pulsazioni, nonché con punte di autentica dolcezza sonora quali la title-track e "Ghostwalking". È questo il leit-motiv di un disco prodotto in maniera impeccabile (grazie anche al mastering del sempre ottimo Vincent Villuis/Aes Dana), che solo nella prima parte di "What Can Be Done" si spinge verso un apporto dronico più noisy, laddove brani quali "Passing Places" e "Laterisers" presentano connotati più marcatamente ambientali, mentre l'unica traccia forte di un pattern ritmico più compiuto è la conclusiva "Copestone". Murray sfodera tutta l'intima raffinatezza di cui è capace in un'opera di "sentita poesia sonica" (come giustamente rileva la stessa etichetta produttrice nelle note ufficiali) il cui apice creativo risiede nelle due parti di "Particles": in linea col mood dell'opera la prima, ma capace di convogliare meglio il pathos, laddove la seconda trasuda solennità fra battiti ben calibrati. Un altro tassello pregiato nella discografia di un artista la cui ottima reputazione in ambito downtempo/ambient è assolutamente meritata.
Roberto Alessandro Filippozzi