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Room 105

21-06-2014

TERVAHÄÄT

"Taival"

Cover TERVAHÄÄT

(Anima Arctica)

Time: (35:53)

Rating : 7.5

In lavorazione già dal 2012, allorquando eravamo intenti a parlarvi di "Kalmonsäie" e "Patria" (rispettivamente secondo e terzo album firmati Tervahäät, entrambi editi nello stesso anno), "Taival" arriva a circa un anno e mezzo dal precedente opus, sempre rigorosamente sotto il marchio Anima Arctica. Il duo finnico prosegue sulla rotta tracciata con "Patria", e quindi all'insegna di un genuino suono folk profondamente legato alla terra d'origine, ancestrale e ricco di tradizione, ormai (forse) definitivamente spogliato da percussioni, echi rituali, canti a cappella e ruvidità elettriche come era stato per i primi due lavori. Un approccio che ha fatto della semplicità la sua arma più efficace, lontano dagli stilemi nel neofolk mitteleuropeo e profondamente legato alle radici folk finlandesi, e proprio per questo più intrigante di tante proposte spesso troppo simili tra loro. Anche "Taival", racchiuso come i precedenti album in un bel digipack a sei pannelli, fa dell'essenzialità il vero fulcro del songwriting, sfoderando un minimalismo prossimo allo psych-folk nelle scarne ma pregnanti "Kärrinpyörä" e "Tuomiolaulu". C'è la passionalità della ballata folk nella più ariosa "Kevätkirot", mentre l'appartenenza alla natia Finlandia emerge con forza dalle note di "Koulutie"; "Kultaluu" assume maggiormente i connotati della forma-canzone con un binomio denso di mistero costituito dal bel giro acustico e dalle vocals, mentre "Metsännyrkki" poggia su buone porzioni corali, sfoderando una verve più vibrante ed un pathos malinconico. La title-track, coi suoi quasi 11 minuti di durata, chiude l'opera con suggestive movenze dal sapore liturgico, fra melodie sottili e cantati perfetti per catturare il mood ideale, scandita da un ritmo lento ed esaltata nei suoi toni sacrali da un finale a base di organo. Un disco che conferma la grande credibilità dei Tervahäät, quanto mai lontani dai totalitarismi e profondamente legati alla Terra, il cui suono garantisce una genuinità ed una personalità che sempre più raramente si riscontrano nelle nuove leve della scena musicale più folk-oriented: non è poco, di questi tempi.

Roberto Alessandro Filippozzi

 

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