19-02-2014
ORCHIS
"A Dream"
(Infinite Fog Productions)
Time: (55:10)
Rating : 7
Con Alan Trench e Tracy Jeffery impegnati nel progetto Cunnan, la storia degli inglesi Orchis pareva essersi definitivamente conclusa dopo la ristampa di "A Thousand Winters" del 2009 ed una serie di tracce sparse, rare o inedite, rilasciate attraverso uscite a bassa tiratura per gli appassionati più fedeli... La scorsa estate è invece uscito "A Dream", quarto album di una carriera discografica iniziata nel '94 col full-length "The Dancing Sun", proseguita con la giusta convinzione nei 90s e divenuta discontinua e fumosa al volgere del nuovo millennio. Le poche note disponibili sul retro dell'essenziale digipack svelano che le tracce incluse sono state registrate fra il 2003 ed il 2012, ed il breve comunicato si conclude con un "passo e chiudo" che lascia intuire come questo sia davvero l'ultimo parto della band. E l'ascolto, unito a certe premesse, apre la via a molti interrogativi: il lasso di tempo delle registrazioni fa pensare a sessioni diradate negli anni, e quindi non ad un momentum finalizzato alla realizzazione di un album... La nutrita presenza di ospiti fa pensare ad una probabile impossibilità di lavorare come band a pieno regime, così come l'ampio utilizzo di traditional per i testi potrebbe coincidere con la mancanza di liriche originali, ed inoltre non vi è traccia di quella Amanda Prouten che era nella formazione a tre degli anni '90... A ciò si aggiunga una resa audio che se da un lato resta aderente a quel suono tanto genuino quanto volutamente grezzo del passato, dall'altro evidenzia una serie di lacune (la sfuggente "Gaia", ad esempio, è letteralmente tranciata sul finale) che fanno pensare ad una produzione provvisoria e mai realmente ultimata... Le musiche, poi, sono tutte a firma Orchis, ma il tipico suono pagan-folk del passato cede il posto a trame la cui funzione pare essere unicamente quella di contestualizzare a livello temporale i vari traditional impiegati per i testi, ed anche le venature psych-folk del primo periodo emergono solo a tratti, mentre cresce l'affinità col progetto Cunnan. Tanti dubbi, ma una certezza: quella della crescita vocale della Jeffery, oggi molto più capace, versatile ed attenta a non incappare nelle incertezze e nelle ingenuità che contraddistinguevano ampi tratti dei primi album. "A Dream" resta comunque un buon lavoro, con qualcosa di già edito (la dimessa "The White Island", per chitarra e voce maschile, ed il pacato folk della suadente "Glimpse Of The Complete" erano sulla raccolta del 2011 "Phoenix Trees", mentre qualche altro pezzo era sul limitatissimo CDr del 2012 "Chimaera") ed altri brani accantonati negli anni, fra cui la soffusa e impalpabile "Kishmul's Galley", l'intensa "Fisherman's Girl", la dolce "Whaler's Lament" e la più atmosferica "The Wanderer", dettata nei suoi oltre 10 minuti da fini intrecci sullo sfondo del caratterizzante spoken word. Un lavoro che ha il sapore dell'epitaffio e che a suo modo rompe con la strada tracciata nei 90s, pur mantenendo le peculiarità esecutive e di resa sonora che hanno caratterizzato gli Orchis negli anni. Che sia o meno l'ultimo vagito, questo è 'un sogno' ("A Dream", appunto) dedicato a tutti quelli che hanno amato gli Orchis negli anni.
Roberto Alessandro Filippozzi
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