29-12-2013
ABSENTH
"Erotica 69"
(Artificial Sun)
Time: (61:36)
Rating : 7
L'irruzione sulla scena musicale alternativa dei Ministry a metà anni '80 sancì una svolta, più o meno positiva, nel genere industriale. Il coito fra industrial e metal partorì un ibrido fracassone e stordente in cui la parte più fisica dell'industrial veniva portata allo scoperto, insieme ad un immaginario horror-oriented disturbante e corrosivo. In quel filone si sono pasciute decine e decine di band con alterne fortune, anche se l'occhio della critica spesso non è stato benevolo con questo genere. Anche in Russia sembra essersi sviluppato una sorta di filone parallelo, che vede fra i suoi protagonisti questi Absenth. Quasi sconosciuti dalle nostre parti, si segnalano per essere giunti al non disdegnabile traguardo del terzo album. "Erotica 69", titolo degno del Kamasutra, è un buon disco che però non brilla di certo per originalità, e che può essere visto come un sano e corroborante sunto delle principali istanze industrial metal, con qualche venatura di malinconia nelle melodie dovuta agli ascendenti gotici che hanno caratterizzato gli inizi di questa band. Se la copertina rimanda alla psichedelica teutonica degli anni '70, il contenuto è quanto di più materiale e 'terreno' ci possa essere. La title-track, ad esempio, inizia con i gemiti di una donzella che si sovrappongono ad un wall of noise compatto e cattivo. Su questa falsariga ritroviamo "Wishmaster", "We Are Here" e "To Ram!", dove il drumming incessante e il riffing chitarristico decisamente metal si fondono con l'inquietudine dei sintetizzatori. In alcuni pezzi, come "Rose And Bat" e "Left Click To Play", fa capolino una attitudine gothic metal che ammanta di malinconia e oscurità i brani. Rari invece sono i momenti in cui la fisicità del suono lascia il posto ad atmosfere più meditate. Quando questo accade, o quantomeno quando la band prova a farlo, come in "Virus", si raggiunge il momento migliore del disco. In "Erotica 69", quindi, si possono ritrovare tutti i contenuti tipici del metal industriale, senza però che ci sia un tentativo di elevarsi dallo standard generale. Tuttavia ciò non rappresenta un peccato mortale, in quanto oggi difficilmente si possono trovare artisti che propongano questo genere in maniera originale e personale. L'industrial metal, infatti, sembra lentamente accartocciarsi su sé stesso: urgerebbe una ventata di aria fresca, ma per adesso accontentiamoci di dischi come questo, che almeno sono genuini e divertenti nella loro ripetitività. Limitato a soli 509 esemplari.
Ferruccio Filippi