22-09-2013
HENRIC DE LA COUR
"Mandrills"
(Progress Productions)
Time: (42:53)
Rating : 7.5
Due anni or sono il frontman svedese, reduce dalle lunghe esperienze con Yvonne e Strip Music, ci aveva positivamente colpiti col suo buon debutto solista eponimo, ed in questo 2013 lo ritroviamo alle prese con l'atteso follow-up, degna celebrazione di un'attività artistica complessivamente ormai ventennale. Il coraggioso artista scandinavo (che, per chi non lo sapesse, soffre di quell'incurabile male chiamato fibrosi cistica), nuovamente coadiuvato - fra gli altri - dall'ex compagno d'avventure e produttore Rikard Lindh, torna sulle scene col suo sound che guarda in maniera intelligente e personale alla grande eredità lasciata dagli anni '80, danzando con stile e carisma fra il synthpop e le più acute derive dark/new wave, sempre scongiurando con naturalezza ed efficacia il rischio del revivalismo fine a sé stesso. Ancor più conscio dei propri mezzi e sempre più sagace nella scrittura, Henric domina la scena con la sua carismatica voce, vero traino di un disco che sa coinvolgere anche con le squisite melodie, incastonate in strutture che travolgono per l'intensità sprigionata, centrando bene il bersaglio. L'encomiabile lavoro vocale svetta già dall'iniziale "Mandrill", dove emerge una gradita coralità, con "quei favolosi anni '80" sempre dietro l'angolo, come ribadito fortemente anche da episodi come "Hank Psycho" e "Shark", quest'ultima giocata ottimamente sul duetto vocale fra il Nostro e Susanna Risberg. Qualche momento più leggero non manca (la ritmata "Sirens, No Harbour", la più rilassata "Blackie Lawless"), ma episodi di rara intensità come "Chasing Dark", l'ottimo singolo "Grenade", l'accorata "Main Vein", la groovy "Rust On Rust" ed il vibrante atto finale "Sound The Alarm" testimoniano come il songwriting di Henric sia roba seria e di assoluta qualità che non corre minimamente il rischio di suonare anacronistica, grazie allo spessore di suoni, testi, arrangiamenti e cantati. Senza dubbio essere legati alle sonorità della storica decade ottantiana è un'ottima base di partenza per godersi un disco come questo, ma di certo Henric ha le carte in regola per convincere anche chi, moto più semplicemente, sa riconoscere il carisma ed il vero talento, a prescindere dalle reminiscenze più o meno percepibili. Personalità vincente.
Roberto Alessandro Filippozzi
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