17-04-2013
LOVE IS COLDER THAN DEATH
"Tempest"
(In Deyagora Music)
Time: (52:05)
Rating : 7.5
Sono trascorsi dieci lunghi anni da quando gli storici alfieri tedeschi della darkwave sinfonica, presa in mano fino in fondo la propria carriera anche a livello discografico con la creazione della In Deyagora Music, rilasciavano l'ultimo album di inediti "Eclipse"... Dopo quel disco, che peraltro fece segnare una netta virata verso sonorità più etniche (al punto da raggiungere il primo posto nelle classifiche messicane di musica new age), seguirono solo il CDr live del 2004 "Inside The Bell" e la doppia raccolta "Time" del 2006... È quindi con estremo piacere che accogliamo "Tempest" (pubblicato sia nel pregiato digipak che in una lussuosa versione limitata con box in metallo), album dell'atteso ritorno per la band di base a Lipsia, oggi raccolta attorno alla figura del polistrumentista Maik Hartung (unico rimasto fra coloro i quali formarono il gruppo nel 1990), ben affiancato dal cantante Ralf Jehnert (nei LICTD sin dal 1995) e dai recenti ingressi di Anja Herrmann (voce e percussioni) ed Uli Stornowski (percussioni e altri strumenti). Non sappiamo cosa abbia tenuto lontani dalle scene per tanto tempo musicisti così capaci e blasonati, ma per loro dieci anni sembrano non essere passati, tant'è che si riprende proprio da dove si era lasciato, se possibile spingendo ancor di più verso quella etno-wave mirabilmente sfoggiata con "Eclipse". Nonostante i due nuovi innesti, l'amalgama appare subito ottimale: le percussioni potenti ed i maestosi spunti sinfonici della title-track - strumentale - aprono le danze (l'altro momento privo di voci è il breve intermezzo sinfonico/marzialoide "Libro Di Ipazia"), prima che un'ariosità tutta etnica, emanante un antico respiro dal retrogusto spesso mediterraneo, prenda il sopravvento: la voce di Ralf guida sapientemente episodi come "Kookaburra", "See The Ways" (bene l'intreccio strumentale e l'appassionato refrain corale) e "La Belle Dame Sans Merci", ma il Nostro si destreggia abilmente anche nella più dolente e sinfonica "Silent Is The House" ed in un bel momento più tipicamente folk come "World In Motion", che mostra la grande qualità degli arrangiamenti in un contesto baciato da una produzione perfetta per far risaltare tutte le sfumature di un suono così leggiadro. Davvero notevoli anche i frangenti in cui è Anja a stazionare dietro al microfono: evocativa nella suadente "Sinfonia Of The Moon" o nella più tenue e quasi sacrale "Song Of Jona", dolce nella più solare "Sundance" e splendidamente espressiva in "Red River", nonché protagonista anche nel breve finale de "Il Lamento Del Cotopaxi" coi suoi ammalianti vocalizzi su temi sinfonici. Convinti su quale sia la strada da seguire, i Nostri mettono in campo quelle buone varianti che musicisti così navigati sanno sempre attuare con intelligenza e mestiere, ed anche se talvolta appaiono un po' arroccati su determinate soluzioni smaccatamente etniche e la maestosità del primo periodo viene oggi filtrata in un'ottica diversa, la qualità delle trame, la perizia esecutiva e la forza espressiva, evocativa e trainante di queste canzoni non sono mai in discussione, e la compattezza dell'opera sopperisce anche alla mancanza di reali highlights. Se avevate gradito la direzione intrapresa con "Eclipse", apprezzerete di sicuro un ritorno lungamente atteso, autorevole e di indubbio spessore.
Roberto Alessandro Filippozzi
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