07-04-2013
HARVEST RAIN
"Gentile Peasantry"
(Rage In Eden)
Time: (46:45)
Rating : 6.5
Ritorno gradito quello della band statunitense Harvest Rain, ormai sulla breccia da circa un decennio con un sound che fonde il neofolk classico a sferzate wave e rockeggianti. "Gentile Peasantry" è il sesto lavoro di lunga durata e viene presentato come l'album gemello di "Blood Hymns", uscito nel 2007 per la francese OPN. Di fatto tra i due CD c'è ben poco di simile, se non il fatto di essere stati registrati entrambi durante il solstizio d'inverno ed avere in comune i due titoli "Pillars Of Ice" e Thuletide", di fatto totalmente diversi nelle sonorità. Ciò a cui il progetto rimane fedele è invece il suo stile e i suoi temi, ad iniziare da una copertina mortuaria e poetica che richiama alla mente alcuni artwork dei Sol Invictus, per continuare con immagini e citazioni interne legate all'esoterismo nero e alla figura di Miguel Serrano: un contorno complesso ed intricato che non mancherà di attrarre curiosi di varia provenienza ideologica. L'album è di fatto composto da sole otto tracce, rinforzate da cinque pezzi extra che poco hanno da spartire col resto dell'opera. Il sound è caratterizzato dalla tipica 'pennata' neofolk, generalmente battuta da ritmiche wave e death-rock, con echi che rimandano agli In My Rosary e soprattutto ai primi Ostara (la voce di Jason Thompkins 'suona' molto vicina a quella di Richard Leviathan) ed al loro originario esperimento pop-folk, presto trasformato in qualcosa di più mainstream. La vena malinconica emerge spesso e paga tributo anche ai Death In June e alla vecchia scuola inglese ancora legata agli anni '80. Con le conclusive "Thuletide" (versione originaria del 2007 ed evidentemente al tempo scartata) e "Limbs And Wind" ci si accosta a sonorità più gothic, unite ai pezzi precedenti dal filo conduttore della bella voce. La sezione 'extra' stacca dal corpo dell'opera a causa di uno stile diverso, un po' lo-fi, segnato da toni ridotti e mood riflessivo, dotato di una resa audio un po' ovattata che fa pensare ad un recupero di materiale accantonato: si va da semplici duetti chitarra-voce dall'esito intimista e vagamente ambientale, a rumorismi rock assemblati in modo nervoso. L'album ha un suo valore intrinseco e sarà apprezzato da quanti ancora amano le care melodie neofolk; per contro appare obiettivamente trascurabile la parte finale, utile più che altro a dare la dimensione di album ad un onesto EP diviso tra nostalgia ed inquietudini apocalittiche.
Michele Viali
http://cainriver13.tripod.com/harvestrain/index.html