22-11-2012
EHNAHRE
"Old Earth"
(Crucial Blast)
Time: (37:24)
Rating : 6
Terzo album (cui si sommano un vinile 12" e una cassetta) per questa giovane band americana, formata da musicisti dell'avangurdia rock; due di essi - Ryan McGuire e John Carchia - hanno fatto parte anche degli sperimentali Kayo-Dot, gruppo estremamente poliedrico e multistilistico, non esente da qualche affinità con gli stessi Ehnahre. "Old Earth" è un album decisamente breve rispetto alla media e composto da soli quattro brani, fatto che ne favorisce l'assimilazione e ne incentiva un ascolto nencessariamente attento. In poco più di mezz'ora vengono incrociati generi diversi, viene mescolata elettronica e strumentazione, melodie e rumori, dando vita ad un disco ambizioso e virtuosistico, vicino a certe soluzioni di John Zorn o al Mike Patton più cerebrale e ricercato. L'avvio è affidato ad una serie di rumori soffocati ricavati da un vecchio vinile, presto doppiati da un coro femminile campionato: il tutto funge da anticamera per corpose e secche note di chitarra elettrica, strumento che ritroveremo in maniera costante in tutto l'album; sullo sfondo del pezzo regna il silenzio in un quadro globalmente riflessivo e calmo, almeno fino all'irruzione violenta di una voce growl e di percussioni prossime al metal che garantiscono un'alternanza di toni potenti e flebili. La seconda traccia rappresenta il momento più ispirato, aperto da un lungo tema di contrabbasso, di per sé tetro e polveroso, fautore di un'atmosfera retrò poi svecchiata dalla presenza di dolci note di chitarra; con l'avanzare dei minuti la struttura prende delle fattezze sempre più ambientali e improvvisate, entrano in scena le percussioni (con ampio uso di piatti) e motivi di tromba firmati dagli ospiti Greg Kelley e Forbes Graham: da qui emergono venature jazzate e libere da schemi pre-ordinati, la scena si fa nebbiosa ricreando il set di un vecchio film noir. I due brani finali, mediamente molto più corti dei precedenti, assumono delle fattezze vicine al grind-metal, pur mantenendo la verve semi-improvvisata. Torna la voce growl, le percussioni sono impetuose e i riff potenti; le esplosioni violente vengono alternate a passaggi cadenzati che non si distaccano da un eccessivo fracassonismo. La chiusa vede dapprima un tripudio apparentemente disordinato di suoni e urla, poi la tempesta scema gradatamente per un finale libero e fuori controllo, fatto di virtuosismi percussivi e grezzi riff prolungati. "Old Earth" fagocita lezioni diverse, tende a specchiarsi nella sua poliedricità azzeccando alcune partiture ad effetto, ma soprattutto mostrando la volontà di far parte del grande avanguardismo metal, una volta appannaggio dei soli cultori, oggi seguito da una vasta fetta di pubblico. Stimolante per alcuni, mera curiosità per altri.
Michele Viali