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Room 101

30-09-2012

DAYBEHAVIOR

"Follow That Car!"

Cover DAYBEHAVIOR

(Graplur)

Time: (54:44)

Rating : 7.5

Storie che tornano a incrociarsi: la band svedese si era sciolta all'indomani del secondo album "Have You Ever Touched A Dream?" (uscito a novembre 2003 nel mercato americano e due mesi dopo in Europa), principalmente perché Tommy Arell aveva già precedentemente preso il largo verso la Thailandia. Ma quando questi ha inteso fare ritorno all'ovile, sia Carl Hammar che la cantante di origini italiane Paulinda Crescentini non hanno saputo resistere all'idea di tornare a lavorare assieme, come in un destino ineluttabile. E così, a ben 16 anni dal debut "Adored" (quando si dice una carriera discontinua...), il trio scandinavo giunge finalmente al terzo album, sospirata meta che rappresenta per tutti - a prescindere dalle tempistiche, in questo caso particolarmente dilatate - il momento di mostrare la dovuta maturità artistica. Oltre otto anni fa i Nostri erano una discreta band in bilico tra synthpop e technopop, spesso sin troppo leggeri e spudoratamente 'easy', ma capaci di piazzare qualche exploit di raffinatezza come qualche zampata di livello ("Devil In Me" resta una proponibilissima hit da dancefloor). Oggi finalmente li ritroviamo più consapevoli dei propri mezzi e più capaci nel variare le soluzioni, e passando per la costruzione dei brani, il gradevole concept grafico e la qualità dei suoni, possiamo davvero parlare di una netta maturazione globale. Messo da parte ogni moto technopop dalle velleità commerciali, i nuovi Daybehavior puntano sulla maggior raffinatezza conseguita, evidente in ogni frangente, come dimostrano da subito sia la carezzevole "Come To Bed With Me" che la più notturna "City Lights" (primo singolo, disponibile in free download). Qualche ammiccamento al dancefloor arriva dalla carismatica "A Train To Moscow" (bene la drammatica porzione strumentale) e dal singolo "It's A Game" (di presa immediata, ma più solido rispetto ai momenti omologhi del precedente album), ed 'easy' si rivela anche "No More Minutes", con quella melodia diretta a la primi Depeche Mode che riesce comunque a farsi apprezzare. Da capo a fondo, si sente che la band ha innestato la marcia superiore: le melodie convincono, intensità e pathos non mancano, i ritmi servono la causa e Paulinda amplia la propria gamma di soluzioni, riuscendo a variare i toni e a prodursi sempre in refrain molto ben congegnati, fornendo così un contributo molto importante alla completezza di un songwriting che denota nuova classe e carisma. E quando l'ispirazione giunge al culmine, escono fuori brani di ottimo livello come l'altro singolo "Silent Dawn" (fragile e appassionata, ma capace di un bel crescendo), la sinuosa e darkeggiante "The Blue Film", l'evocativa ed ipnotica "Godspeed", la raffinatissima "For A Thousand Years" (molto bello e intenso il duetto vocale con l'ospite Julian Brandt dei connazionali Bobby) e la suadente chiusa rappresentata da "The Second Citizen", fra melodie cosmiche sopra l'avvolgente groove percussivo. Un ammirevole e riuscito sforzo verso il conseguimento di una nuova maturità che, a conti fatti, merita di venire premiato dai seguaci del synthpop: bentornati.

Roberto Alessandro Filippozzi

 

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