11-06-2007
THE MISSION
"God Is A Bullet"
(Oblivion/Audioglobe)
Time: (68:09)
Rating : 7
Il decano Wayne Hussey e la sua storica creatura mancavano ormai all'appuntamento col nuovo album dai tempi di "Aura" (2001), primo vero nuovo parto della seconda incarnazione dei Mission dopo lo split del '97 ed il ritorno col particolare greatest hits "Resurrection" del 2000. Il succitato "Aura" segnò tutto sommato un buon ritorno per la compagine inglese, rimanendo per molti versi fedele ai trademark che hanno portato i Mission a vendere oltre 4 milioni di dischi nel mondo, ossia restando ancorato a quell'impostazione squisitamente 'pop' - pur non avara di retaggi 'dark', specie durante i primordi - che Wayne e soci diedero alla band ormai 21 anni fa, all'indomani dall'uscita dello stesso Wayne e del bassista Craig Adams dai ben noti Sister Of Mercy. Oggi attorno a Wayne non è rimasto più neppure uno dei componenti originari, nemmeno il summenzionato Craig (che ha abbandonato la nave dopo "Aura"), ma ci sono il fidato amico Mark Gemini Thwaite (chitarrista dei Mission sin dal '92) ed i nuovi innesti Steve Spring (batteria) e Rich Vernon (basso), ed anche da questo si percepisce aria di freschezza in seno al gruppo... I Mission di oggi sono una band rilassata e fortemente coesa che non vuole per forza restare ancorata al sound dei momenti migliori, ma anzi dimostra di avere ancora il fegato di rimettersi in discussione, fors'anche (e magari soprattutto) per dare ad intendere come Wayne, che dopo il crollo di metà anni '90 è rinato sia come uomo che come cantante, sia ancora lontano dagli anni del declino (che in vero sono stati già patiti e persino superati). "God Is A Bullet", ennesimo album del caposaldo inglese, è sicuramente un lavoro più 'rock' che 'goth': qualcuno ha parlato persino di influenze da parte di U2 e Placebo (presenti, ma non in maniera così evidente), ma la verità è che siamo di fronte ad un disco di onesto pop-rock basato sulle chitarre che di gotico ha davvero poco, ma che compensa tutto col cuore e con l'anima che mancano a chi col pop-rock ci scala le charts di MTV... I Mission rileggono ovviamente il pop-rock alla loro maniera, e cioè senza scordare di infiltrare retaggi che rimandano a tempi migliori, quando la band era all'apice della creatività e della popolarità. Rispetto ad allora i tempi sono drasticamente cambiati, e per non soccombere i Mission scelgono una formula nel complesso più leggera, relegando le atmosfere più 'spesse' ad una manciata di tracce e preferendo un approccio arioso e catchy, come dimostra anche la scelta dell'immediata e radiofonica "Keep It In The Family" come primo singolo. Si tratta tuttavia di un lavoro piuttosto vario in grado di spaziare tra canzoni orecchiabili dal taglio pop (la piaciona "Belladonna", "To Love & To Kill With The Very Same Hand", "Blush", "In Silhouette"), episodi più solidi e memori dei primi anni '90 ("Chinese Burn", "Hdshrinkerea", "Running With Scissors"), momenti più sofferti ed intensi (quella "Still Deep Waters" che si ricollega al brano introduttivo del concerto catturato col DVD del 2005 "Lighting The Candles", "Draped In Red", "Dumb" e l'enfatico finale "Grotesque") ed anche un frangente delicato come la buona ballad "Father", nonché un tocco di cattiveria incarnato dalla velenosa "Absolution". Fortunatamente il 'miele' viene iniettato a dosi massicce nella sola "Aquarius & Gemini", vero anello debole di una catena che, tutto sommato, regge il peso dei vari livelli di pressione che un nome così importante non può non avvertire, in un modo o nell'altro. Una nota di certo positiva è rappresentata dagli arrangiamenti, molto curati e ricchi di soluzioni intriganti, ma quando un album gode del contributo di gente come i chitarristi Simon Hinkler (ex-Mission) e Tim Bricheno (All About Eve), la cantante Julianne Regan (ancora All About Eve), la violoncellista Caroline Dale (già al lavoro con Page & Plant, David Gilmour etc. e membro della London Metropolitan Orchestra) e la violinista Cathy Thompson (membro della band di Michael Nyman, oltre a svariate illustri collaborazioni), la cosa va da sé... E infine c'è la voce di Wayne, magari non ai livelli dei giorni migliori, ma comunque solida, sempre emozionante, convincente quanto basta per non far neppure lontanamente pensare ad un principio di declino, ed anzi, oggi più che mai marchio di fabbrica irrinunciabile (assieme agli arzigogoli orientaleggianti di chitarra) per un disco dei Mission che voglia ritenersi tale. "God Is A Bullet" non è sicuramente il miglior album della band, né forse il miglior album nelle potenzialità odierne del gruppo stesso, ma ha il grande pregio di sapersi conquistare pian piano il gradimento di coloro i quali avranno la pazienza di dedicargli più ascolti, perché paradossalmente, pur nell'immediatezza che contraddistingue buona parte dei brani, si tratta di uno di quei lavori capaci di crescere dentro volta dopo volta, sfumatura dopo sfumatura... Non un disco fondamentale, anzi, forse 'solo un altro album dei Mission...', ma sicuramente un lavoro che soddisferà buona parte dei fans (e magari ne porterà di nuovi): dopo tanti anni ed almeno un cambio generazionale completo, davvero non è poco.
Roberto Alessandro Filippozzi