10-01-2012
DESCENDANTS OF CAIN
"Songs From A Vanishing World"
(Echozone/Masterpiece)
Time: (47:05)
Rating : 7
Pur non splendendo di luce propria, questo sesto lavoro dei DOC risulta tutt'altro che un disco da lasciar passare in sordina. I tre londinesi, capitanati dal frontman, polistrumentista e compositore principale DM Kruger, dichiarano di aprire i confini del loro sound, con un concept album dedicato niente di meno che alla fine del mondo (tanto per restare in tema con l'ultimo tormentone), dove le venature del goth tipicamente britannico si evolvono in contaminazioni alternative rock, se non addirittura definite progressive. In realtà, di alternativo e tanto meno di pinkfloydiano c'è ben poco, ma questo non toglie a "SFAVW" di risultare comunque un piacevole ascolto. Perché dopo l'introduzione orchestrale simil-ambient di "The Final Awakening", i brani scorrono via come seta e la voglia di dark/gothic-rock è ben soddisfatta. "Lullaby For The Masses" è un'opener che preannuncia emozioni, dove l'elegante voce di DM si autodichiara profeta dei temi trattati, e la band l'accompagna aggraziata, con quei bei refrain minimali ma efficaci. "Pornography For The Soul" è tinta di un'elettronica mai invadente, mentre i seguenti brani recuperano con classe i luoghi comuni (quelli che si amano, dopotutto) del dark-rock, tra tappeti sinfonici cari a Garden Of Delight e compagnia bella. "This House" è basata su un pianismo alla Mission, romantico e nostalgico, dove non a caso al microfono appare per l'appunto Wayne Hussey. "Clockwork Monster" regala la ruvidità necessaria da poter riecheggiare anche nei club (qui invece a cantare c'è Ashley Dayour dei Whispers In The Shadow), mentre l'highlight risulta senza dubbio "The Road", probabilmente ispirata almeno nel titolo al romanzo di Cormac McCarthy, nonché omonima pellicola con Viggo Mortensen. Le chitarre sono qui affidate a Tommy Dark dei Saints Of Ruin, che va a chiudere un trittico partecipativo posto a ricordare l'ambizione dell'album di entrare tra le discografie di tutti i sostenitori del goth made in England. Se con la tormentata "Drift" si cita l'ultima influenza, vale a dire quella più oscura e crepuscolare dei Fields Of The Nephilim, "The Thirst" chiude senza miracoli uno dei più succulenti dischi della Echozone di quest'ultima tornata invernale. Non ci vorrebbe molto ad etichettare grossolano il nuovo lavoro dei DOC, ma perché non concedere almeno un divertito ascolto ad una band che è almeno onesta con sé stessa?
Max Firinu
http://www.descendantsofcain.co.uk/