02-12-2011
MANTUS
"Zeichen"
(Trisol/Audioglobe)
Time: (59:06)
Rating : 7.5
Il nono capitolo della saga dei Mantus giunge dopo un solo anno di silenzio dal precedente "Demut", che, così come in precedenza era avvenuto per altri importanti gruppi (tra i quali gli Ulver), si proponeva di ripercorrere la monumentale opera di William Blake "The Marriage Of Heaven And Hell". Sono passati quattordici anni dalla formazione del duo tedesco, ma il suono proposto da Martin Schindler e sua sorella Thalia pare avvolto nella formalina, e sembra non essere rimasto vittima delle più disparate contaminazioni che la musica oscura ci ha riservato negli ultimi anni. Se in certi casi una scelta di questo tipo è sinonimo di mancanza di coraggio, non si può negare che in altri la si possa identificare come una precisa coerenza, nonché rispettosa fede, verso un marchio caratterizzante, ormai collaudato e decisamente irrinunciabile per molti fans. Dal magnifico "Liebe Und Tod" sono passati undici anni, eppure sono lievi le differenze dal neonato "Zeichen". Il gothic metal che propongono attualmente i Mantus è, come allora, pregno di arrangiamenti orchestrali, di malinconici passaggi di pianoforte e di parti cantate romantiche e sepolcrali alle quali si avvicendano fratello e sorella. Solo i potenti riff di chitarra e alcuni arrangiamenti, quasi power metal, possono essere considerati come unica discrepanza con il più lontano passato. La sostanza è comunque di alto livello: non si può rimanere indifferenti alla toccante intro "Kassandra", suggestivo quadro che riporta alla strage di Troia e alle profezie ignorate dalla principessa (riproposto nella stupenda immagine di copertina); strepitosa la drammaticità che il violino riesce ad evocare. "Zwischenwelt" segue sulla stessa linea, tra la voce delicata di Thalia e una molteplicità di strumenti sinfonici che fanno da contrappunto al tipico incedere gothic. "Die Stille Des Ozeans", cantata da Martin, inizia più introversa e raccolta per poi aprirsi in un refrain epico ed avvolgente. Con "Staub" inizia una parte più riflessiva, composta da delicati affreschi avvolti nella classicità di strumenti come pianoforte, clavicembali, violini, oboe, che donano alle composizioni un sapore antico ed ancestrale che verrà ripreso nella parte finale dell'album. Alla stupenda "Verbrannte Erde" tocca il compito di spezzare questo tipo di atmosfera, e lo fa nel migliore dei modi, con un refrain da far venire la pelle d'oca. Dopo l'ottima title-track si ha la sensazione che le cartucce migliori siano state sparate: il livello rimane sempre alto, ma "Herzschlag" è penalizzata da un riff eccessivamente simile a quello iniziale di "South Of Heaven" degli Slayer. I restanti brani completano l'opera nel modo giusto, ma non lasciano più i palpitanti sussulti dei precedenti. Si distinguono comunque la strumentale "Träumerei", che riporta ad armonie tipiche di Yann Thiersen, e la conclusiva "Ein Anderer Mensch". Importante conferma, quindi, per uno dei pilastri del gothic metal. Se avessero avuto il coraggio di sperimentare un po' di più, date le potenzialità, avrebbero potuto regalare delle perle ai posteri; nel nostro caso ci accontentiamo, rimaniamo nel nostro rassicurante guscio pieno di buona musica e aspettiamo di vedere cosa succederà nei prossimi anni.
Silvio Oreste