11-09-2010
EGO LIKENESS
"Breedless"
(Dependent/Masterpiece)
Time: (55:03)
Rating : 6.5
Attivo sin del 1999, il duo di Baltimora approda in casa Dependent (almeno per quanto attiene al mercato europeo, visto che di quello americano se ne occuperà la Metropolis) per quello che è il suo quarto full-lenght, quattro anni dopo il precedente "The Order Of The Reptile". Donna Lynch e Steven Archer, entrambi anche impegnati col progetto collaterale The Trinity Project, sono partiti da un'elettronica gelida e sperimentale - inizialmente piuttosto acerba - per approdare verso sonorità più inclini ad una sorta di electrogoth misto a darkwave ed industrial rock, e se col terzo album una certa svolta la si era avvertita in tal senso, è anche vero che la pur più matura prova viveva di alti e bassi. Nella nuova fatica il sound si mostra decisamente più rifinito, complice una produzione più corposa ed arrangiamenti più curati, ma in qualche modo i brani, costruiti su di un'elettronica moderatamente ritmata e mai particolarmente sorprendente che puntualmente approda al fatidico refrain irrorato di chitarre distorte, continuano a funzionare a corrente alternata... L'album parte alla grande con "Sirens And Satellites", forte di una melodia raffinata, seducente e perfetta che è la base ideale per l'algida voce della fascinosa Lynch (che punta molto su di una vocalità sensuale, talvolta cavandosela bene, ma che non è certo la nostra Elena Alice Fossi...); già la seguente title-track si presenta più nervosa e dura, mentre "Inferno" svela un impeto rock che fa un po' a pungi con un'elettronica che più spesso vorrebbe cullare i sensi. Proprio la fusione fra chitarre ed elettronica mostra una funzionalità limitata, specie all'altezza di refrain di per sé potabili, ma fra momenti che in virtù di quanto appena detto mostrano certi limiti si trovano anche episodi come la delicata, fragile e pianistica "Song For Samael", la sensuale "Séance", la ben costruita "The Queen Of All Things Taken" e la soffusa ed emozionante traccia conclusiva "Thirty-Year War", esempi di come il duo sappia scrivere buoni brani ed eseguirli come si conviene. Il quarto capitolo a firma Ego Likeness ha il merito di offrire diversi buoni spunti, ma per giungere alla sospirata eccellenza bisognerà che il duo trovi il coraggio e la forza di prodursi in uno sforzo che garantisca un intero lotto di tracce di livello anche superiore rispetto alle cose migliori di "Breedless", senza paura di abbandonare certi orpelli stilistici la cui utilità rimane dubbia.
Roberto Alessandro Filippozzi