11-07-2010
LOST AREA
"Memoria"
(Echozone/Masterpiece)
Time: (65:14)
Rating : 7.5
Senza mezzi termini, diciamo subito chiaramente che la band svizzero/tedesca non ci aveva certo impressionati coi precedenti capitoli sulla lunga distanza, segnatamente "Dare To Dream" nel 2006 e "ManMachine" nel 2008. Quello che allora era un quartetto e che vedeva spadroneggiare la voce di Daniela Dietz si è oggi ricompattato senza di essa, ed il ruolo di frontman è stato definitivamente occupato da Markus Bär (anche chitarrista), in alternanza con le sporadiche comparsate vocali più ruvide di Andreas Grundler. Di tali cambiamenti ha beneficiato l'intero songwriting, oggi più variegato e completo rispetto all'EBM melodica dalle strutture sin troppo scontate del passato, complice il passaggio del testimone in fase di produzione da Dirk Steyer (Accessory, in consolle per "Manmachine") a Gerrit Thomas (Funker Vogt). E la mano del buon Gerrit, inevitabilmente, si fa sentire eccome: i rinnovati Lost Area suonano infatti a metà fra i Funker Vogt (senza ovviamente la medesima potenza di fuoco) ed i primi Icon Of Coil (quindi in parte più vicini al futurepop, seppur con cautela), complice una chitarra magari meglio integrata, ma di certo molto meno presente rispetto al passato. Oltre al songwriting, salgono le quotazioni anche a livello di vocals, testi ed arrangiamenti: i rinnovati Lost Area riescono oggi a proporre una serie di canzoni sicuramente non epocali, ma indubbiamente più efficaci e piacevoli rispetto alla media ed al proprio passato, come dimostra la cura applicata a strofe e refrain. Non sono certo ritmo e melodia a difettare, come evidenziano bene senza mai debordare momenti quali la title-track, la dinamica "Mirror", "Nothing" e le più accese "Strangers" ed "Eye Of The Storm", ma la maggior varietà di soluzioni impiegata ha reso possibile la creazione di episodi notevoli come la fredda "Bloodrain", una "Lies" con un refrain memorabile (urla rabbiose incluse) ed una "Evil Eye" altamente dinamica, dettata dalle vocals crude ed efficaci di Andreas e capace di una bella variazione corale. Bene anche quando la solidità si fa da parte in favore della melodia, come nel caso della lenta e sentita "Guardian Angel" e di una "Ikarus" dalle soluzioni sonore quasi fiabesche, ma i Nostri riescono a convincere anche con "Desire", cadenzato episodio che sfocia in un refrain anthemico, nonché con la più raffinata "Dream On" e con un'apprezzabile cover del classico firmato Project Pitchfork "I Live Your Dream"; si chiude col non indispensabile remix di "Unborn", ripresa dal precedente opus e rielaborata per l'occasione in maniera decisamente pompata da Gecko Sector. Un ritorno positivo per una band che finalmente, dopo due prove interlocutorie, sembra aver imboccato la strada giusta con la fatidica 'svolta del terzo disco': un ascolto lo meritano, anche in previsione del fatto che la loro prossima fatica potrebbe svelare ulteriori gustosi passi in avanti verso l'eccellenza.
Roberto Alessandro Filippozzi
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