19-06-2010
VV.AA.
"Slavs Part 2"
(Scythian Horn)
Time: (76:27)
Rating : 8
L'associazione culturale Scythian Horn dalla sua base russa già da qualche mese ci ha concesso l'onore di essere canale privilegiato in Italia per divulgare ciò che tanti musicisti, dal blocco ex-sovietico, con dignità ed amore effettuano in una ricerca identitaria e musicologica, offrendoci sfumature di ciò che è l'universo slavo nella sua diversità etnica (e la buona notizia è che la maggior parte di essi ha una giovane età). Onore che raccogliemmo immediatamente quando vi parlammo del primo volume "Slavs Part 1", passando per l'album di debutto dei Vedan Kolod (musicisti siberiani più volte citati perché la loro ricerca etno-musicologica ha portato alla nascita di Scythian Horn), fino al doppio sampler "Ritual" e le sue aperture che tanti musicisti slavi concedono al mondo celtico, andino o comunque ispirato dalle proprie radici. Ora "Slavs Part 2", come fosse la conclusione di un percorso o un nuovo ciclo da compiere. Ciclica è la Natura come lo è la cultura con i suoi déjà vu, le sue sfumature che a volte si impolverano in fondo ad un cassetto ma, forti delle proprie radici che hanno segnato la storia, tornano sontuose, e grazie ad un piccolo soffio anche la polvere più antica lascia posto a nuovo smalto, nuove emozioni, brillante come lo è un patrimonio secolare. Il discorso vale in tutti gli angoli d'Europa: c'è sempre nel nostro continente un popolo e la sua storia da raccontare, la sua cultura da tramandare, la sua musica da eseguire, e noi abbiamo il dovere di ascoltare e rendere omaggio. Così è "Vesna", lunga ballata bielorussa condotta dagli Hvarna: intrisa di solitudine, la lunga intro strumentale vive dei flauti e delle cornamuse vibranti (sbavoni pipe) esistenti tra silenzi immoti, fino a quando una voce, profonda e malinconica, si manifesta duettando con il flauto. La stessa malinconia rintracciabile nella Croazia dei Savski Valovi: fingerpicking alla chitarra che quasi simula la balalaica, mentre la greve, dolcissima voce maschile diventa arte canora nel brano "Plakale Su Moje Pjesme", festosa invece in "Babica Jagica". In ciò si evidenzia una caratteristica tipica dei Paesi e delle civiltà rurali: il senso di 'villaggio', di comunità unita intorno al folklore, ed è ancora protagonista in ciò la Croazia degli Zagreb-Markovac, che infiammano il dischetto con l'articolata "Tulipani Su Crleni; Dva Junaki". Chi apprezza il celtic-goth, in riferimento ad act come The Moon And The Nightspirit, sarà stuzzicato dalla doppia proposta dei serbi Izvor: "Air Da Ne Storis" e "Setnala Se Kuzum Stana" nascono dal Medio Oriente, il quale bussando alle porte di Costantinopoli risale l'Adriatico fino ai nostri confini, passando per i Balcani, e ci dona lo stesso sapore di villaggio, o meglio di 'pagus', simile alla proposta bulgara di Evgenia Georgieva, la quale ha tante affinità con i serbi. Innanzitutto la contaminazione atavica tipicamente bulgara che, come tanti musicisti connazionali, si pone al centro delle barriere tra Asia ed Europa; "Leleyano" ha un assetto moderno con la voce digitalizzata, che però torna alla purezza dei vibrati naturali con "Zlato Mome", così tipica nelle assonanze autoctone, per noi malia. "Slavs Part 2" è anche quiete: "Jano Jano" è dolcissima, protagonista è la Macedonia con gli accordi di chitarra del Dragan Dautovski Quartet, in cui una complice voce femminile ed un gentile picchiettare di bodhran trasformano la ballata in una ninna nanna, sui cui cullarsi prima di entrare nel mondo fatato dei russi Moon Far Away. Flauti e strumenti a corde costruiscono gentilmente un pathos magico: "Ekoy Vanya" è la chiave d'accesso per altri mondi e ci porta ad un passo dalla conclusione della compilation, dove incontriamo i padroni di casa Vedan Kolod e la loro forma di antica ricerca, che nel brano "A Na Prazdnik Kupala", complice la presenza di una chitarra elettrica tipicamente 'prog', rendono il suono globalmente mieloso e caldo, permettendo l'entrata a turni prima delle voci e poi dei flauti. Si conclude così l'ennesimo itinerario verso il levante del nostro continente, le sue magie e le malinconie per quegli antichi riti, che stanno però con grinta risorgendo dai fuochi ideologici.
Nicola Tenani