13-04-2010
GINGER LEIGH
"Merchant Of Death"
(Autoproduzione)
Time: (71:09)
Rating : 6.5
Confesso di non aver mai sentito parlare di questo curioso progetto americano con alle spalle varie autoproduzioni in CDr (tutte apparentemente sold-out) e, ad oggi, ancora senza un'etichetta che se ne prenda cura. Mister Leigh assorbe nel suo disco una quantità spropositata di stili divergenti e li dosa in una serie di frammenti sonori che diventano le tappe di un viaggio attraverso tempi e spazi lontani. Le ritmiche sono il mezzo preferito per creare scenari diversi: tribalismi, basi secche e giri funky si mescolano a melodie accennate, campionamenti, litanie, urla, rumori ed altri ammennicoli che il Nostro intreccia ed estrae da una realtà artistica e sociale preesistente. Gli effetti più evidenti emergono in molteplici esotismi spesso di provenienza orientale, in uno scavo nel recente passato statunitense (a tratti sembra di essere catapultati in un vecchio serial poliziesco americano), echi folk, tradizionalismi rotti da inserimenti noise e tanto spirito pop. Gli arrangiamenti, a tratti un po' fatiscenti, risentono invece di un retroterra industrial, genere che in fin dei conti appartiene a questo autore se non altro per le modalità compositive. Nel marasma di suoni spunta qualche angolo da smussare, costituito essenzialmente dal fatto che le brevissime tracce sono spesso solo un accenno a qualcosa che non viene sviluppato in toto. Ma probabilmente è proprio questa l'anima del progetto: rapidi flashback che aprono per 2 o 3 minuti le porte dell'altrove, per poi chiuderle all'improvviso dando spazio a pensieri diametralmente opposti. L'articolazione dell'opera va quindi ricercata nell'insieme dei 19 brani, evitando di soffermarsi troppo sui singoli movimenti. Azzeccato anche il nome Ginger Leigh, che richiama inevitabilmente alla memoria il dorato mondo hard a stelle e strisce degli anni '80. Solo la California poteva dare i natali ad un autore del genere. Caleidoscopico.
Michele Viali