14-12-2009
ASSEMBLAGE 23
"Compass"
(Accession/Audioglobe)
Time: (51:22)
Rating : 7.5
Dopo avervi presentato il singolo apripista "Spark", 'antipasto' non propriamente esaltante, veniamo finalmente a parlare del full-lenght vero e proprio, "Compass", sesto studio-album in dieci anni di pubblicazioni discografiche per il progetto di Tom Shear. Non è certo l'esperienza che manca al musicista di Seattle, anche se le ultime prove, e specialmente l'album "Meta" del 2007, avevano evidenziato sia una certa stanchezza in un songwriting rimasto privo di nerbo che talune leggerezze in termini di produzione, limiti imperdonabili per un act fra i più blasonati in ambito future/synth-pop. Fortunatamente le quotazioni dell'artista americano si risollevano con la nuova fatica, a partire da una produzione che gode di un vigore tutto nuovo e che finalmente evidenzia suoni degni della levatura del progetto stesso, verosimilmente mai così cristallini ed incisivi come oggi. Ma se i progressi fatti in fase di produzione erano auspicabili e doverosi, quel che colpisce positivamente è un songwriting che torna ad essere convincente e che riporta in auge Assemblage 23 dopo la sostanziale piattezza di "Meta": lo si avverte immediatamente con la melodica e fresca "Smoke", che subito evidenzia un refrain perfettamente architettato (uno dei punti di forza di Mr. Shear, la cui voce, almeno in studio, funziona sempre egregiamente) fra suoni d'indubbia classe, seguita a ruota dalla più incisiva e graffiante "Collapse", capace di una melodia easy sulla quale s'innesta l'ennesimo ritornello vincente. Scorre con piacere anche il synthpop ritmato e leggero di "Impermanence", mentre con la sentita "How Can You Sleep?" si piomba in piena atmosfera 80s con gli immancabili richiami - qui netti - ai soliti Depeche Mode; il già noto singolo "Spark" brilla di una luce nuova nel contesto dell'album, coi suoi ottimi suoni in risalto, laddove "Leave This All Behind" presenta una struttura più atipica che sfocia in un refrain particolarmente nervoso, per un episodio non facile da decifrare. Bene l'enfatica "Alive" col suo refrain puntualmente sofferto, laddove "Greed" spinge sul pedale dell'intensità e si presenta piacevolmente più 'dark' e tagliente; ancora richiami agli 80s nell'approccio della ritmata "Angels & Demons", marchiata a fuoco dal bel refrain a due voci, mentre una "The Cruelest Year" particolarmente melodica chiude l'album svelando qualche piacevole somiglianza con gli altri americani Iris. Volendo individuarne i limiti, è doveroso sottolineare come "Compass", pur nella sua indubbia validità, giochi sul sicuro e su di una formula più che collaudata, e dopo un decennio di ribalta fra i top act del proprio settore sarebbe opportuno che il buon Tom ci mettesse più coraggio, dimostrandosi capace di rompere gli schemi senza snaturarsi come compete ai migliori, onde tenersi ben stretto quel ruolo di primo piano che una prolungata reiterazione di una pur apprezzabile formula compositiva rischia di far passare nelle mani di certe nuove leve che avanzano prepotentemente. Ad ogni modo, un ritorno decisamente positivo.
Roberto Alessandro Filippozzi
http://www.accession-records.de/