07-12-2009
SORIAH with ASHKELON SAIN
"Atlan"
(Projekt/Audioglobe)
Time: (76:01)
Rating : 7.5
Grazie al passaggio alla corte della blasonata Projekt di Sam Rosenthal, il progetto Soriah, guidato dal musicista di Portland Enrique Ugalde, troverà sicuramente un'esposizione mediatica maggiore di quella avuta per le due precedenti uscite su Beta-Lactam e per il CDr dello scorso anno su Ruido Horrible. E l'artista americano merita sicuramente quel maggiore exposure che sicuramente gli garantirà anche la proficua collaborazione con Ashkelon Sain, musicista ben noto per le sue gesta negli indimenticati Trance To The Sun e, in tempi più recenti, per il lavoro svolto sotto il monicker Submarine Fleet. La peculiarità fondamentale di Soriah risiede nella vocalità di Enrique, il quale è un affermato esecutore (con tanto di riconoscimenti ufficiali a testimoniarlo) della tecnica dei 'tuvan throat singers', ovvero quel tipico canto armonico (o diplofonico) dal taglio gutturale che semplicisticamente qualcuno potrebbe etichettare - senza peraltro asserire qualcosa di errato - come 'tibetano', ma che nel caso specifico, partendo da un ceppo turco, affonda le sue radici nella Repubblica popolare di Tuva (o meglio, nelle sue antiche tradizioni), stato dell'ex-Unione Sovietica che si trova all'estremo sud della Siberia, al confine con la Mongolia. La collaborazione con Ashkelon Sain sposta inevitabilmente il baricentro sonoro rispetto alle criptiche release precedenti (decisamente più ostiche e smaccatamente rituali di quella in esame): il massiccio impiego di synth e percussioni (reali o campionate) si sposa bene sia con la suggestiva tecnica vocale di Enrique che con strumenti ricercati quali igil, byzaanchy, doshpuluur etc., oltre a flauti e campane, ed il risultato finale si rivela nettamente più arioso e musicale rispetto alle altre prove di Soriah. Soprattutto l'intreccio fra le morbide linee di synth, le percussioni ariose e l'ineccepibile tecnica vocale del Nostro (che trae ispirazione anche dalla tradizione azteca di quel Messico da cui la sua famiglia proviene, e che in passato ha già prestato i propri servigi a rinomati artisti quali Blixa Bargeld, Jarboe, Psychic TV e molti altri...) si dimostra vincente, manifestandosi al meglio nelle varie "Cehui", "Tonacayotica" e "Xopancuicatl"; talvolta la voce lascia il posto agli strumenti, come nel caso della meditativa "Citlalpol" o nella malinconica "Tona Atoyaatl", ma quel feeling sciamanico e quel tocco rituale, che permeano un lavoro attraversato dal soffio dell'anima e capace di evocare dimensioni raggiungibili solo dallo spirito, non vengono mai meno. Colpiscono soprattutto una title-track musicalmente più tenue e fragile, una "Morguul" le cui serene melodie non fanno perdere una sola oncia d'intensità, una "Borbak" quasi impalpabile nel suo sottile intreccio strumentale e soprattutto la conclusiva "Amo Cahuit", apoteosi spirituale fra sussurri, passaggi ambientali e crescendo sonori emotivamente ammirevoli. Quanto creato assieme dai due artisti, nonostante la lunghezza a tratti eccessiva dell'opera in esame, apre nuovi possibili scenari nella musica oscura, permettendo al pubblico mentalmente più aperto di apprezzare qualcosa di apparentemente lontano anni luce come il 'tuvan throath singing' in un contesto sonoro affascinante e permeato da una forte spiritualità: da scoprire, soprattutto per i cultori della musica (spi)rituale.
Roberto Alessandro Filippozzi