25-11-2009
SPLINTERSKIN
"Wayward Souls"
(Cold Spring/Audioglobe)
Time: (44:59)
Rating : 7
La titolata label inglese Cold Spring tiene a battesimo l'ennesimo debutto: stavolta tocca a Splinterskin, progetto di un misterioso 'uomo dei boschi' nativo dell'Ohio, dove l'album in questione è stato registrato fra l'autunno del 2006 e quello del 2008. E non è certo un caso che l'autunno sia stata la stagione scelta per registrare un disco il cui particolare suono è stato catturato in presa diretta col solo ausilio di un microfono (salvo rare eccezioni, come specificato), dei riverberi naturali della natura circostante e degli umori della stagione delle foglie cadenti, elemento importante anche nel concept grafico di Splinterskin. Ciò che dobbiamo idealizzare per calarci nell'opera in esame è l'immagine di un oscuro figuro che suona la sua vecchia e usurata chitarra acustica nei boschi, ispirato dai colori autunnali e dall'atmosfera da essi emanata: così sono infatti nate le 17 composizioni di "Wayward Souls". Il suono del disco, vista la modalità di registrazione impiegata, è inevitabilmente minimale e genuinamente sporco, complice la tecnica chitarristica del Nostro, il quale predilige un feeling autentico alla cura esecutiva, ignorando sbavature ed imperfezioni di sorta nel suo impeto artistico. Ciò che più caratterizza i brani è senza dubbio la performance vocale del Nostro: la sua è una voce roca, profonda e oscuramente sussurrata, altamente suggestiva e capace di generare una buona intensità, evocando a tratti quasi una sorta di McCoy intimista, passionale e solitario, a contatto solamente con la maestà di Madre Natura. Qua e là spuntano percussioni, violini, dulcimer ed altri strumenti rigorosamente acustici, purtroppo appena accennati e poco presenti in un tessuto sonoro che nasce e muore nelle corde della chitarra, talvolta capace persino di sfuriate che profumano di metal estremo ("The Crumbling Cabin", "Broken Down Hearse"). Fra taluni brevi episodi strumentali spuntano momenti notevoli come la suggestiva "Something In The Walls", la più cantautoriale "The Thing That Wasn't", l'appassionata "Still At The Window Sill" o la più teatrale "The Man On The Porch", sicuramente fra i brani migliori di un'opera che ha il solo limite di proporre poche reali varianti. Si tratta comunque di un debutto dotato di un misterioso fascino che troverà estimatori fra i seguaci del folk più oscuro, ma la speranza che in futuro altri strumenti trovino maggior spazio nelle trame sonore di Splinterskin è legittima. Passeggiando fra i boschi in autunno, attenderemo fiduciosi.
Roberto Alessandro Filippozzi