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Room 106

13-10-2009

DEVAR

"Alternate Endings"

Cover DEVAR

(Eibon/Aural Music)

Time: (49:11)

Rating : 7.5

Che la terra di Norvegia sia florida di talenti nell'ambito della musica oscura di ogni genere, è ormai un fatto certo e appurato. Così come certo è il fatto che nelle lontane lande scandinave, chi fa buona musica non rimane per anni in angusti scantinati a rodersi il fegato vedendo band di basso livello calcare palchi nazionali prestigiosi (come puntualmente accade dalle nostre parti), rinunciando al piacere di creare musica e far parte di una scena nel momento in cui il guadagno è pari o minore di zero e le vicissitudini della vita inevitabilmente ti calpestano... L'Aural Music, in combutta con la Eibon, presenta questo "Alternate Endings", debutto dei Devar. La band di Bergen, che prende il nome da quello del cantante, dopo anni di concerti locali approda nel grande circuito, e lo fa sicuramente nel migliore dei modi. Dieci brani che traslano l'ascoltatore verso luoghi indefiniti, lasciandolo senza certezze e appigli sicuri, rendendolo poco a poco conscio della sola sofferenza e profondità interiore che sta attraversando. La tetra e nebbiosa intro "The Siren" ci apre la porta su un mondo disperato e violentato, dove la voce di Devar esprime tutta la sua rabbia sul ritornello di "H.M.H", epico e dal vago sapore EverEve periodo "Seasons". Quindi si rallenta e si aggiunge pathos grazie a fraseggi romantici e ad una voce versatile, che ben si adatta alla variegata serie di emozioni che si susseguono senza sosta: il chorus finale di "Cold Slither" è da gridare coi pugni chiusi e le braccia rivolte al cielo. Traccia dopo traccia, i Devar creano un affresco di sonorità epiche e laceranti, leggiadre e sognanti. Arpeggi e sfuriate black metal si intrecciano a sinfonie romantiche. Siamo però molto lontani dai clichè del suddetto genere: qui l'impronta black è una delle sfumature di un sound oscuro che si nutre di diverse influenze, dall'armoniosità tipica delle cadenze nordiche al calore di sensazioni mediterranee, come in "Scourger", pregiata suite progressiva che parte come una ballad per rigenerarsi numerose volte e dove ci si concentra più su una disperazione viscerale e interiore, rallentata e ben dosata, rispetto a velocità e cattiveria fini a sé stesse. Il drumming non è mai ossessivo e tappeti atmosferici e riff talvolta blueseggianti sembrano evocare un gusto retrò per la musica anni '50. In "Black 6" aleggia invece l'ombra di King Diamond, mentre la più particolare e lugubre "The Dirge" è riconducibile ai territori esplorati dagli Arcturus in "The Sham Mirrors". Da elogiare anche il riff iniziale di "...Of My Dead Skull", preludio ad un'affascinante mosaico di fraseggi distorti, atmosfere sognanti e vocals dal pathos ineccepibile. Un lavoro indubbiamente originale e mai banale: spesso si rimane spiazzati dal prossimo riff e si ha la sensazione di non sapere dove l'album va a parare. Il sound è sempre ben articolato e non ci sono mai chitarre caotiche a soffocare ciò che il brano vuole evocare. Un disco per tutti coloro che amano la musica oscura e quella progressiva, che necessita di più ascolti prima di essere capito in pieno: un lavoro dove angoscia e paura prendono la forma di storie che si evolvono e si intrecciano nel procedere ora lento e ora veloce, perfetto per chi si è stufato della canonica struttura strofa-ritornello e non ha paura di scoprire improvvisamente un mostro dietro l'angolo...

Silvio Oreste

 

http://www.auralmusic.com/

http://devar.no/