12-06-2009
LACRIMOSA
"Sehnsucht"
(Hall Of Sermon/Audioglobe)
Time: (59:57)
Rating : 7
Nella dimensione della darkwave con elementi orchestrali, questa storica band è sempre risaltata come un regno abbastanza a sé stante. Come un padrone che deve dar conto solo a sé stesso del proprio cammino. E quante meteore han solcato il loro cielo, mentre continuavano la loro strada imperterriti, raccogliendo gemme di discreta fattura con cui pagar pegno per gli inciampi di questo decennio che, naufragati nel veliero di "Echos", hanno successivamente faticato a ritrovare una loro dimensione compositiva degna di tal nome. Compiendo infine la giusta scelta di fermarsi a riparar la bussola dopo "Lichtgestalt". Riprendendo le basi da quest'ultimo, valorizzando l'aspetto delle corde della chitarra a troneggiare sulle orchestrazioni che sono oramai il trademark della band, senza lasciare da parte le vibrazioni a tratti massicce del basso. Il songwriting ne guadagna, in un crescendo di plumbee ma allo stesso tempo vivide passioni. Come la leggiadria di un incantesimo che sposa la ruvidezza del timbro vocale di "A.U.S", condivisa tra gemiti e accompagnamenti acustici sinuosi. Climax spesso raggiunti con un raddoppio vocale della consorte di Tilo, Anne Nurmi, gestita sapientemente nei momenti particolari delle composizioni. Con eleganza, in punta di piedi su scalini bianchi e neri di un piano, "Die Taube" è la composizione più classica del lotto, impreziosita da archi leggeri che si rincorrono tra i canali dell'audio come se stessero cercando qualcosa con passionale enfasi. La lunghezza dei brani resta dilatata ma non funge da particolare aggravante, essendo un disco che punta a fornire più dei mood prolungati che canzoni standardizzate, mentre nell'udire l'intro ("Die Sehnsucht In Mir") qualcuno potrebbe credere di aver dinnanzi un disco trip hop, e successivamente persino doom alla Virgin Black. La realtà è svelata in una convivenza di stili musicali cercata senza nessuna fretta di dover terminare l'opera con una precisa scadenza. Centellinando le accelerazioni più metalliche che troviamo solo nella solenne "Feuer" (riff heavy su base marcatamente operistica ) e nella cattiveria di "I Lost My Star In Krasnodar" (episodio debole del disco, impantanato in una sorta di power con tratti epici d'eccesso). Colpi d'ardore che esprimono alla perfezione sia l'immagine della copertina che le quotazioni della band, che tornano finalmente in ascesa.
Federico Francesco Falco