19-05-2009
UNTO ASHES
"The Blood Of My Lady"
(Projekt/Audioglobe)
Time: (42:50)
Rating : 9
A volte mutare completamente una squadra allestendo un 'team delle meraviglie' non paga; in questo caso i tre anni di fermo artistico di Michael Laird e la rivoluzione attuata nel suo progetto Unto Ashes rendono lo stesso di una caratura ancor più preziosa rispetto al passato. Tante perle discografiche sono arrivate da quella parte degli States: album incantevoli tra suoni medieval, eterei e fairy, ma riportati al 'goth' tradizionale, eterogenei anche all'interno di sé stessi. Gioielli come "Saturn Return", "Empty Into White" o "Moon Oppose Moon", firmati proprio dagli Unto Ashes, e bello ed incantevole nella sua magia anche l'ingiustamente criticato "Songs For A Widow". Dimenticate in parte tutto ciò che Unto Ashes ha significato in passato, perché nei tre anni trascorsi nell'attesa di questo nuovo lavoro Michael attua scelte coraggiose ed anacronistiche: virare il suo sound verso un dark-folk particolare nel momento in cui il neofolk ha la sua massima stanca propositiva, nonché unirsi con altre due voci maschili di rilievo internazionale (Sonne Hagal e Kim Larsen) nell'era dell'ethereal al femminile. Chissà come Sam Rosenthal avrà accolto tutto ciò nel momento in cui, come deus-ex-machina della Projekt, ha ascoltato le prime proposte del nuovo corso di Unto Ashes... Tendenzialmente l'album vede protagonista Laird in tutta la composizione musicale (e in gran parte anche lirica) del dischetto, con arrangiamenti curati in maniera minuziosa, ed in ciò il suono ne guadagna: non è un'opera semplicisticamente dark-folk, bensì un vero componimento complesso, variegato e coeso nell'intenso lavoro che più musicisti (oltre ai due guest di lusso) compiono nell'adeguarsi ad un disegno che, nella mente del suo creatore, risulta perfetto in ogni piccolo dettaglio. Così in "Who Has Seen The Wind", ottocentesco componimento poetico di Christina Rossetti riproposto e cantato da Sonne Hagal nel tipico modo da ballata un po' sulle orme dei Forseti, l'uso di corni francesi 'sciolto' nelle percussioni e nelle dolci partiture di chitarra non dà quel senso fastidioso di 'già udito' che troppi cloni hanno creato negli anni. Straziante il violoncello in "The Tomb Of Your Remains", partitura strumentale ripresa da un antico elaborato musicale di Kassia, ingiustamente relegata al dimenticatoio: a lei si attribuiscono già nel primo medioevo bizantino l'essere una delle prime compositrici donne documentate, Hildegard Von Bingen arriverà solo duecento anni dopo. Quanta ricerca ha avuto questo disco: quanta voglia di perfezione c'è dietro ogni singola nota? Ascoltando "Vengeance" non siamo più di fronte a un componimento neofolk, ed anche Sonne Hagal si allinea con la mente di Laird per dare corpo ad un'interpretazione che ha valore in terra americana: non più l'Europa delle tradizioni, ma un'America arcaica, con gli accordi di chitarra acustica che potrebbero essere stati eseguiti da un qualunque cercatore d'oro nel Klondike dell'800; tra i toni della voce di Hagal è forte la malinconia della lontananza, dello stupore, il colore della neve ed il buio della notte, probabilmente solo un focolare attorno al quale si consumavano cene nel silenzio rotto da lupi. Un disco evocativo in ogni piccola parte di sé... Anche Kim Larsen non è lo stesso che conosciamo come Of The Wand And The Moon: in "A Cold Wind (February)" la scuola di cui egli stesso è alfiere viene per abbandonata per sussurrare la sua melodia, gelida come il ghiaccio di cui si narra la bellezza ("Melted ice tears upon the cold ground..." fuse lacrime di ghiaccio sopra il gelido terreno...). Traccia dopo traccia il dischetto scorre con rarefatta bellezza fino all'ultima song, tra la voce di Larsen e quella di Hagal, intervallate da momenti in cui Michael Laird è protagonista, come nella stupenda atmosfera evocata da "The River And The Hawk": di nuovo il corno ed i suoi richiami gentili e profondi che contrastano la voce dura di Kim, quasi crudele nell'evocare lande deserte e solitudine. Perla tra le perle, tra le ultime tracce la riproposizione della dolcissima "Fly On The Windscreen", originariamente targata Depeche Mode, rifatta dal newyorkese su tessiture neofolk. La Projekt non sbaglia praticamente mai le sue strategie produttive, e Sam Rosenthal in qualità di manager ha la capacità di creare i presupposti per far sì che ogni uscita da lui 'marchiata' sia un successo discografico: nel caso di "The Blood Of My Lady" siamo di fronte ad un album che farà parlare di sé a lungo. Il neofolk non era morto...
Nicola Tenani