28-10-2008
EMILIE AUTUMN
Chi ha rubato l'orsacchiotto Suffer?
Unwound, Padova, 11/10/2008
di Nicola Tenani
foto Valentina Bonisoli
Setlist:
Safety (intro)
4 O'Clock
Opheliac
Liar
The Art Of Suicide
Shalott
Dominant
God Help Me
Unlaced
Dead Is The New Alive
I Know Where You Sleep
Misery Loves Company
Assolo di violino su musica di Corelli
Asleep/Mad Girl
Bohemian Rhapsody
Girls Just Want To Have Fun
Thank God I'm Pretty
È sempre fonte di discussione l'artista americana EMILIE AUTUMN: sia tra il pubblico, sia tra le riviste di settore, non mancano mai le divisioni di giudizio sul suo successo. Lo stesso successe negli anni '80 quando i Cure pubblicarono "The Head On The Door" ed in seguito "Kiss Me Kiss Me Kiss Me": noi 'puri', che già pensavamo di essere allo step successivo perché tra i nostri piatti cominciavano a girare Death In June, Psychic TV, Durutti Column e prodotti maggiormente di 'nicchia' rispetto ai canonici Cure, Siouxsie o Bauhaus, guardavamo in cattiva luce i nuovi entrati nell'ambiente, in una sorta di 'nonnismo' artistico. Senza pensare che una buona percentuale di chi si avvicinava ad altro proprio grazie ai succitati album dei Cure, così diversi da "Faith" o "Pornography", dopo l'iniziale assaggio, cercava suoni nuovi, si avvicinava ad altre band, concerti, riviste specializzate, aiutando in ciò l'uscita da una crisi che già dopo 7-8 anni dalla sua nascita il dark sembrava dovesse assaggiare. Stesso ciclo, stranamente sempre durante una recessione di audience, che ho rivissuto alla fine degli anni '90 con i Blutengel: fazioni divise e giudizi dissimili sulla band di Chris Pohl, eppure quanti si sono avvicinati al nostro mondo grazie a loro, alla loro spettacolarità, al loro modo di essere anche semplici, e per questo immediati per chi si affaccia timidamente ad uno stile di musica ad un primo contatto ostica. Emilie Autumn, in questa fine di primo decennio del nuovo millennio, rappresenta il medesimo frangente: debutto buono per poi esplodere nella commercialità, con estimatori d'età giovane, marketing, dischi in produzione quasi con livelli da catena di montaggio, però un buon riscontro di pubblico, ed il nostro ambiente di ciò è assai avido. Il pubblico che in tanti concerti è assente, il pubblico che acquista gli album, il pubblico che spende in abbigliamento, contribuendo in ciò alla diffusione della nostra immagine estetica, oltrechè artistica. L'Unwound era la summa di tutto ciò: il palco un'esaltazione di barocchismo vittoriano, goticismi da favola antica dei fratelli Grimm mescolati con le moderne visioni di Tim Burton, le performance delle quattro attrici sul palco una sorta di moderna rivisitazione della bambola Olympia dall'opera "Les Contes D'Hoffmann" di Offenbach o Coppelia dall'omonimo balletto. Carillon umani grotteschi ed orrorifici: su tutto ciò si sviluppa lo spettacolo di Emilie. Su questo non v'è dubbio: la professionalità americana non lascia niente al caso, le due ore di spettacolo sono godibili, nonostante lo show si trascini nella parte finale con la proposta di alcune nuove, discutibili cover di brani come "Bohemian Rhapsody" dei Queen o "Girls Just Want To Have Fun" di Cindy Lauper. Grossi meriti vanno alle quattro performer di supporto: la ballerina Aprella, algida nella sua crudele presenza, l'eclettica Captain Solo, piccola e conturbante corsara pronta a 'giocolierie' e trampoli, scherni e minacciose promesse, i recitati di Contessa nel suo accento old-english vittoriano, le infantili pretese di Sugarless, protagonista anche di sessioni alla tastiera. I brani estratti da "Opheliac", uniti alla estatica visione dello stage in perenne movimento, rendono piacevole un concerto che ha la prerogativa di divertire. Spesso troppi concerti sono relegati a discutibili installazioni visive e nulla più. A corollario di tutto ciò la tecnica vocale di Emilie Autumn: nei toni mediani e bassi è lineare, pulita ed intonata con ottima padronanza del suo mezzo canoro, non si risparmia mai. Pur sapendo che il registro acuto la limita, con mestiere riesce a mantenere la sua voce ascoltabile e poliedrica. Anche il rapporto con il pubblico è intenso, concedendosi ella frequenti dialoghi (in uno di essi minacciava di uccidere chi avesse rubato il suo orsetto Suffer, da lì il titolo) oppure cantando nel microfono dei telefonini di un gruppetto di ragazze in prima fila. La mimica facciale è notevole, denotando la costruzione nel particolare dell'artista d'oltreoceano, in uno show dove nulla è casuale ma tutto viene elaborato a tavolino. La maggior parte del live si concentra su "Opheliac", il disco migliore, legato alla scena goth e non divagante in ammicchi al commerciale di cassetta; così "Opheliac", "Liar", "God Help Me", "Misery Loves Company" e "The Art Of Suicide" sono cantate dal palco e dall'understage. Mi sono mancate "Swallow" e "Gothic Lolita": quest'ultima sarebbe stata l'ideale soundtrack per il pubblico, nella maggior parte composto da ragazzine tra il cosplay ed il goth look, corsetti nuovi acquistati online, trucco con cuoricini... la parte 'fashion', insomma. Se da queste basi si evolve il pubblico del domani, non vi trovo niente di scandaloso: l'età è quella dell'identificazione con la propria artista di riferimento, fa parte dell'evoluzione adolescenziale, nella speranza che il futuro non le limiti a ciò ma le porti ad assaporare la gamma multisonora della musica alternativa in generale. L'uso del violino è stato invece relegato a pochi momenti e ad un assolo su tema di Corelli, mentre il resto era quasi unicamente campionato, a parte alcuni momenti di synth su toni di clavicembalo. Il suono era però su stilemi quasi di chitarra virtuosistica metal: questo strumento dalla storia così antica e fascinosa avrebbe meritato un rispetto maggiore, l'artista californiana ha un'ottima tecnica e dovrebbe sfruttarla di più in direzioni classiche. Un ultimo dato sul locale: l'Unwound non è molto capiente, ma le 200 persone circa accorse per il live di Emilie Autumn ci stavano tranquillamente. L'impianto scenico fisso è di buona struttura tecnica, l'acustica molto apprezzabile in vari punti del locale, i prezzi nella media generale; l'Unwound propone una vasta gamma di concerti tra il goth, il garage, l'indie e l'elettronica, quindi sta guadagnando un buon riferimento territoriale e non. Spero mantenga i suoi connotati, il Veneto ha già perso locali storici per la musica dal vivo e merita un punto di riferimento preciso e dignitoso. Se però avete visto l'orsacchiotto Suffer, siete pregati di segnalarlo perché Emilie minaccia l'omicidio, e dall'espressione non credo scherzasse...