21-12-2009
PARADISE LOST + Samael
Faith Divides Us - Death Unites Us tour 2009
Roma, Alpheus, 09/12/2009
di Federico Francesco Falco
foto Federica Del Gobbo
Setlist SAMAEL:
Rain
Solar Soul
Reign Of Light
Infra Galaxia
Western Ground
Ceremony Of Opposites
Black Hole
Into The Pentagram
Slavocracy
The Ones Who Came Before
Setlist PARADISE LOST:
The Rise Of Denial
Pity The Sadness
Erased
I Remain
As I Die
The Enemy
First Light
Enchantment
Frailty
One Second
No Celebration
Eternal
Requiem
BIS:
Faith Divides Us - Death Unites Us
The Last Time
Say Just Words
Roma ha ritrovato il proprio 'paradiso perduto' dopo la bellezza di 12 anni. Tempo a sufficienza per una redenzione o per costruire una nuova lista di peccati? Ognuno padroneggi pure la propria sentenza su questa band inglese che così tanto ha fatto discutere in questi anni, tra svolte stilistiche, ritorni di fiamma, cambi di line-up e ventennale da festeggiare. Uno sguardo veloce al pubblico variegato di stasera basterebbe però a far intendere l'importanza di un gruppo capace di trarre estimatori dalla seconda generazione del doom metal inglese fino alle contaminazioni più vicine al gothic rock ed all'elettronica, accompagnati per l'occasione da uno spirito certamente affine in quanto ad esperimenti sonori metallici come gli svizzeri Samael. All'ingresso dei cartelli ribadiscono quanto divulgato nelle news nelle settimane precedenti, ovvero la provvisoria dipartita dal tour di Greg Mackintosh, nuovamente per motivi di salute (ma stavolta di un parente). Come la volta scorsa, a sostituirlo ci penserà il navigato Milly Evans, tecnico del suono e amico della band da parecchio tempo. Ovviamente la notizia è stata accolta con tristezza dai fans, che però hanno potuto consolarsi con una ampia sessione/meeting prima del concerto. Ove si son potuti ammirare i 'reduci', scambiare due parole con gli aficionados e firmare diversi autografi mentre i tecnici preparavano il campo per i primi guerrieri del suono. I SAMAEL portano sul palco la loro esperienza con orgoglio, un bagaglio artistico che li rende vicini ai Celtic Frost non solo per la nazione di provenienza, ma per il contributo che hanno saputo dare alla musica estrema in questi anni. Xy si accomoda dietro una sorta di mixer che in un angolo affaccia verso la batteria, il suo contributo sarà prevalentemente votato ai tamburi triggerati a scapito del drum kit, utilizzato per circa un 20% delle situazioni. Il repertorio è ben bilanciato, Vorph lo interpreta con la sua consueta presenza scenica monolitica e statuaria. A tratti rafforzando i riff con una seconda chitarra ritmica ed incitando a gran voce il pubblico. La decina di pezzi sfiora il presente ("Solar Soul" e Above" ) per poi oscillare verso la fine del millennio precedente più volte. Gli arrangiamenti più visceralmente industrial hanno buon gioco su brani già intensi di proprio, Makro e Mermod raramente restano fermi nella loro posizione, dimenandosi tra riff pesanti e feedback. Raggiungendo poi l'apice nella splendida gemma degli esordi black "Into The Pentagram". A dimostrazione della gran foga scaturitasi, il frontman d'impeto decide di appendersi ad una transenna per vivere il calore del pubblico, è però decisamente poco fortunato sia nello scivolare e ancora meno nell'atterraggio sicuramente doloroso per i gioielli di famiglia. Ma più tenace dell'imprevisto, continua con "The Ones Who Came Before" come se nulla fosse accaduto. Tocca poi ai volenterosi turnisti compiere un lavoro di discreto impegno per ricostruire l'habitat sonoro degli headliner PARADISE LOST, la batteria quasi incastonata tra gli amplificatori e una meticolosa disposizione di nastro adesivo lascia scorrere la lancetta maggiore di un abbondante mezzo giro. Ma ai loro primi passi in scena il pubblico già è in estasi, uno scambio di sguardi prima che il tastierato lasci i riflettori all'irruenza del nuovissimo singolo della band "The Rise Of Denial", estratto dal fortunato nuovo album "Faith Divides Us - Death Unites Us". Il nuovo disco si mostra una spanna sopra i precedenti, anche di due in chiave di resa on stage. Congeniale per la presenza di un'ottima quantità di riff adrenalinici e passaggi killer di batteria da vera ode all' headbanging. Una situazione che certamente esalta le doti di Aaron Aedy, il quale con esuberanza trascina letteralmente la performance dall'inizio e rende il compito di Milly sicuramente meno difficile (e spesso relegato più che altro alla composizione di assoli) . A differenza di altre band metal, nonostante una evoluzione stilistica più vicina alle proprie radici, sembrano proprio intenzionati a non disconoscere i rami più discussi della loro discografia, strana è semmai l'assenza totale del loro album eponimo, probabilmente già (giustamente) archiviato nei pensieri dei musicisti stessi. I classici sono quasi tutti presenti all'appello, compresa l'anthemica "Erased", con tanto di fans a rispondere al posto di Joanna Stevens nel ritornello. Nick Holmes resta fedele alla sua impostazione abbastanza algida, è tipicamente british nel suo rapporto con la platea, sorride divertito quando un fan gli anticipa il nome del brano che si stava accingendo a presentare, domandando se avesse 'barato' spulciando su internet. Vocalmente è altrettanto sincero e schietto nelle sue imperfezioni che l'hanno reso così importante nel groove della band: timbro amabilmente sgraziato, secco e disilluso. Impagabile sopratutto in brani particolarmente tormentati come la storiche "As I Die" ed "Eternal", veri inni sabbatici di nera inquietudine da stordirsene. E in mezzo è lecito imbattersi nel singolo depechemodiano "One Second", con l'immancabile loop di tastiera e battiti cardiaci all'unisono. "Requiem" viene scelta come conclusione del primo giro di boa, nella sua atmosfera plumbea scandita da un drumming martellante e chitarre al limite del nervosismo. L'encore regala a Nick una lattina di Peroni (sorseggiata con gusto tra la disapprovazione dei metallari più 'defender') e ai restanti presenti un altro discreto viaggio temporale, in epoca 'draconica', nel phatos dell'ottima "The Last Time", in effetto agrodolce con la successiva e ultracelebre hit "Say Just Words" per la gioia del settore più goth-oriented, ultimi tasti bianchi in questa esaltante serata di note, e cala un manto d'ombra che ci raggiunge...