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04-08-2008
CAPRICE
Tra il sogno e la realtà
di Marco Belafatti
Le fate sussurrano, danzano e cantano sotto le stelle, attorno ad un focolare... Ci prendono per mano e ci trasportano nel loro mondo incantato, tra funghi animati e maestosi alberi secolari, nelle loro lande remote, ove dolcezza e malinconia regnano sovrane. Sono queste semplici fantasie della mente, oppure realtà lontane ed impercettibili? Domande alle quali, forse, non riusciremo mai a dare una risposta... Oltre alla forza dell'immaginazione, ci rimane una sola certezza: ascoltando la musica dei Caprice, intrisa d'infinita purezza e di magico calore, questi luoghi non sembrano poi così irraggiungibili... Anton Brejestovski, talentuoso compositore d'estrazione classica, nonché leader indiscusso della band russa (che alla voce vede Inna, moglie dello stesso Anton), che da 12 anni si 'sintonizza' con questi mondi per regalarci stupende opere neoclassiche, si è offerto gentilmente al nostro magazine per presentarci la sua incantevole creatura, punta di diamante indiscussa della scena eterea internazionale.
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Innanzitutto vorremmo scoprire le origini della band: quando è iniziata la vostra avventura e come siete giunti all'idea di fondare un ensemble così particolare?
"È iniziato tutto col nostro primo album 'Mirror', nel 1996. Prima di allora mi limitavo a comporre musica per passione, ma in quell'anno ci siamo decisi a registrare ed a pubblicare il nostro primo disco. Il concetto alla base del gruppo richiedeva l'intervento di un certo numero di strumenti acustici: abbiamo trovati gli altri componenti e così ha avuto inizio la storia dei Caprice!"
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Per quale motivo avete scelto questo nome, che ha più a che fare con la lingua francese piuttosto che con quella russa, e qual è il significato che si ricollega all'intero concept della vostra band?
"In realtà questa parola in russo suona nello stesso modo in cui suona in francese! Abbiamo deciso di usare questa parola perché un 'capriccio' è qualcosa che puoi tranquillamente immaginare senza ricorrere ad alcuna spiegazione logica. La nostra musica è come un esperimento, facciamo quello che vogliamo, senza limiti: è il nostro capriccio."
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Ogni membro della band ha un forte background classico e la vostra arte sembra in qualche modo connessa ai valori della stessa musica classica. Ho forse ragione? Quale influenza esercita questo tipo di musica sui Caprice?
"Esistono diverse tipologie di musica: la musica pensata 'per i piedi' (la musica dance, ad esempio), quella 'di sottofondo', quella 'per l'anima' e perfino la musica 'per la mente' (ad esempio Webern o Stravinsky). Solitamente la musica classica appartiene alle due ultime categorie, poiché nutre l'anima e la mente di chi l'ascolta; la maggior parte delle opere classiche va infatti ascoltata attentamente e più di una volta. In questo senso potremmo essere definiti 'classici'. Anche gli altri generi sono comunque importanti, anche se non ci concediamo spesso ad essi."
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È difficile combinare diverse menti e diversi modi di applicarsi alla composizione? Come vi ponete solitamente verso scrittura dei vostri brani? C'è qualcuno tra di voi che può essere considerato una sorta di leader?
"Non è poi così difficile: ci siamo abituati a lavorare insieme, e tutti quanti amiamo ciò che facciamo. Compongo io tutta la musica e la scrivo, dopodiché gli altri membri la eseguono, e devo dire che lo sanno fare splendidamente! Inna ed Andrei (il nostro sound engineer) suggeriscono spesso arrangiamenti vocali ed idee strumentali."
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Molti progetti musicali nascono spesso come semplici collaborazioni: i Caprice sono solo una compagnia musicale o le relazioni tra i vari membri della band vanno oltre il mero contesto musicale?
"I nostri punti di vista sono più meno gli stessi, e questo ci aiuta a mantenere un solido rapporto. Siamo tutti buoni amici e spesso passiamo del tempo in compagnia, anche se quando siamo fuori parliamo di tutt'altro, piuttosto che di musica!"
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Avete sempre dimostrato un grande interesse nel magico e surrealistico mondo delle fate. Perché quest'universo è così importante per voi? Pensate che simili scenari possano esistere in qualche modo o credete che questi siano soltanto una via di fuga dalle brutture e dai mali del mondo reale?
"Crediamo fermamente nell'esistenza del mondo delle fate. Così come un'apparecchiatura radiofonica può fermarsi su una sola stazione per volta, in quanto sintonizzata su di essa, anche noi possiamo percepire l'esistenza di un solo mondo, essendo sintonizzati ad esso. Ma, così come ci sono dozzine di stazioni radio allo stesso tempo nella stessa stanza in cui stai leggendo queste parole, ci potrebbero essere infiniti mondi paralleli là fuori, in questo momento. Le ragioni per le quali non riusciamo a percepirli stanno nel fatto che non possediamo ancora un equipaggiamento di 'sintonizzazione interiore'. Forse gli scienziati inventeranno quest'apparecchiatura in futuro? Per quanto riguarda questo mondo, invece, non direi che vi siano così tanti mali e brutture. Per me è un posto magnifico in cui vivere!"
"Crediamo fermamente nell'esistenza del mondo delle fate. Così come un'apparecchiatura radiofonica può fermarsi su una sola stazione per volta, anche noi possiamo percepire l'esistenza di un solo mondo. Ma, così come ci sono dozzine di stazioni radio allo stesso tempo, ci potrebbero essere infiniti mondi paralleli là fuori, in questo momento. Le ragioni per le quali non riusciamo a percepirli stanno nel fatto che non possediamo ancora un equipaggiamento di 'sintonizzazione interiore'..."
(Anton Brejestovski)
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"Mirror" risale al 1996 e può essere considerato come il vostro primo vero e proprio full-length. Come ricordate quel periodo? Vi sentite cambiati o cresciuti attraverso questi dodici anni?
"Ricordo che il processo di creazione di 'Mirror' fu appassionante ma, allo stesso tempo, minuzioso. Avevo scritto a mano tutte le partiture, perché al tempo non esistevano software di trascrizione musicale! Oggi siamo riusciti a capire come, musicalmente parlando, 'Mirror' fosse un po' troppo complesso, anche se al tempo eravamo assai contenti di questo aspetto, come se stessimo giocando con un giocattolo sofisticato. Tuttavia attraverso gli anni abbiamo capito come assicurare gli stessi effetti sull'ascoltare, ma in modo più diretto."
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I primi due capitoli della vostra famosa trilogia "Elvenmusic" contengono rappresentazioni musicali dei romanzi di J.R.R. Tolkien. Le opere di quest'autore - sconosciute alla massa fino a qualche anno fa, prima dell'avvento della trilogia hollywoodiana - sono ormai prossime al totale abuso ed alla più becera banalizzazione nella scena musicale gotica (salvo talune ottime eccezioni, tipo gli Za Frûmi), ma soprattutto nel panorama metal. Qual è il vostro approccio nei confronti di questi romanzi?
"Tolkien è un grande fenomeno. Abbiamo registrato due dei nostri album 'in collaborazione' con questo scrittore perché ci piaceva la sua poetica ed il suo sentimento nei confronti di una diversa realtà. La poesia di Tolkien è stata per lungo tempo la nostra fonte d'ispirazione musicale. Quando mi trovavo a leggere le sue opere, la musica fluiva in maniera automatica. Abbiamo soltanto trasformato un tipo di energia in un altro."
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A proposito, di tutte le band che sono state ispirate dai lavori di Tolkien provando ad adattare i suoi scritti alla propria musica, ce n'è qualcuna che ha svolto un lavoro considerevole ed appropriato secondo te, se ne conosci?
"Ci sono sicuramente un sacco di band eccellenti, ma non posso nominarne alcune nello specifico, semplicemente perché non credo di essere abbastanza in confidenza con esse."
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Con il terzo capitolo della trilogia siete infine giunti all'utilizzo della lingua Laoris, una sorta di grande progetto per voi (all'interno del vostro sito web c'è perfino una sezione che aiuta gli ascoltatori ad imparare e comprendere tale linguaggio): potete dirci qualcosa in più a proposito di questo universo?
"'Tales Of The Uninvited' (la terza parte della trilogia 'Elvenmusic') fu un tentativo di sintonizzarci su di un'altra 'stazione radio': il mondo di Laoris, non il nostro. La musica delle fate ed il loro linguaggio non hanno tardato a farsi 'percepire', senza alcuno sforzo (anche se devo ammettere che il mio background linguistico mi ha aiutato molto). In quest'album abbiamo provato a mostrare quale tipo di musica potrebbero produrre queste creature fatate. Essendo musicisti molto abili, questi esseri non hanno alcun problema nell'improvvisare complesse strutture polifoniche, e lo fanno sempre con una perfetta armonia. I loro tempi (5/4 e 7/4) sono diversi dai nostri (4/4 e 3/4), e ciò è probabilmente dovuto al fatto che il tempo scorre diversamente nel loro mondo. Inoltre il loro arsenale armonico è molto semplice, ma allo stesso tempo pieno di dolcezza e malinconia."
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"Songs Of Innocence And Experience", pubblicato nel 2002, è un album che rende tributo al poeta romantico William Blake. Vi sentite vicini alla sua visione critica nei confronti delle istituzioni ed al suo oscillare tra eterne dicotomie?
"Non vogliamo criticare alcuna istituzione, per farlo dovremmo avere più nozioni in merito. Ma quelle che tu chiami eterne dicotomie - il bene ed il male, l'innocenza e l'esperienza, che vivono nello stesso essere umano - sì, sono cose che sentiamo molto vicine al nostro essere. Blake era un personaggio mistico. Il misticismo ha dominato la nostre vite e Blake è stato una delle nostre influenze."
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"Sister Simplicity" riporta anch'esso, in parte, alla poesia romantica (tutte le liriche sono tratte da poesie che datano dal sesto al diciannovesimo secolo). Come descriveresti il contenuto di quest'album, sia dal punto di vista musicale che lirico?
"Questo è senza dubbio il lavoro più romantico dei Caprice. Con esso abbiamo cercato di ricreare la musica che un ragazzo suonerebbe per dire 'ti amo' alla sua innamorata. Se la musica riesce ad essere paragonata a sensazioni extra-musicali, allora l'ascolto di quest'album diventa una boccata d'aria fresca, da qualche parte sotto un cielo stellato, sulle sponde di un bellissimo lago..."
"Essendo musiciste molto abili, le fate non hanno alcun problema nell'improvvisare complesse strutture polifoniche, e lo fanno sempre con una perfetta armonia. I loro tempi (5/4 e 7/4) sono diversi dai nostri (4/4 e 3/4), e ciò è probabilmente dovuto al fatto che il tempo scorre diversamente nel loro mondo. Inoltre il loro arsenale armonico è molto semplice, ma allo stesso tempo pieno di dolcezza e malinconia..."
(Anton Brejestovski)
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Parliamo ora del vostro nuovo album "Kywitt! Kywitt!". Il titolo sembra un grido elfico o qualcosa di simile... Che cosa rappresenta in realtà, e quale connessione c'è tra esso e l'artwork del disco disegnato da Sabine?
"'Kywitt!' è il corrispondente della parola tedesca 'chirrup', ovvero il suono che producono gli uccelli quando cantano. Per noi questo termine indica l'elemento eccentrico presente nel nostro album. Non so esattamente quando abbiamo deciso di suonare in maniera eccentrica, ma ci sono un sacco di parti stravaganti in questo disco, come il mood di 'Fae Fae Fae Fae Fae Fae Fae', le stravaganti vocals di 'Dundellion Wine' e 'Peggy O', il basso incalzante di 'Mary Morison', le liriche di 'Monday, Tuesday' e, ovviamente, la stessa title-track, che suona più come un massacro di fate piuttosto che come il canto di un uccello. Per quanto riguarda la cover di Sabine, dapprima volevamo uno dei cosiddetti anelli di fata (un cerchio di funghi nella foresta che, a detta di alcuni, sta ad indicare la presenza di fate), ma in seguito abbiamo deciso di optare per i quattro funghi. I primi piani funzionano sempre meglio sulle copertine."
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Dove avete preso l'ispirazione per le nuove canzoni?
"Nel bel mezzo del nulla, come sempre (sorride, nda)..."
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La voce paradisiaca di Inna ed il vostro classico sound acustico, ora come ora, sono stati accerchiati da elementi più 'moderni'. È questo il percorso che avete deciso di intraprendere da ora in avanti?
"Questo è stato il percorso che ci ha portati a 'Kywitt! Kywitt!', ma non so quale direzione prenderemo in futuro. Forse continueremo a sviluppare queste idee, o forse sperimenteremo con degli altri elementi. Uno degli aspetti più belli del fare arte è proprio quello di non sapere mai quello che ti aspetta."
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A proposito, presumo che Inna abbia cominciato la sua carriera avvicinandosi a generi diversi, forse la musica classica o qualcos'altro: qual è il suo vero background?
"Inna ha iniziato a cantare nella band all'età di 17 anni, quindi presumo che all'epoca il suo background si basasse soltanto sui party scolastici (sorride, nda). Tuttavia ha preso lezioni di canto operistico da due vocal coach, e molti dei suoi cantanti preferiti hanno un background di quel tipo."
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In alcune delle nuove canzoni la strumentazione rock ed i sintetizzatori si amalgamano ai vostri strumenti classici, un po' come nei Jehtro Tull e, in generale, nella prima scena progressive. Siete appassionati di questo genere?
"Apprezzo molto Yes e Pink Floyd e un po' meno Genesis e Jethro Tull, quindi hai indovinato, anche se non direi che queste band hanno avuto influenza su di noi. Forse sarebbe più esatto affermare che essi ci hanno aiutato a tirar fuori quello che avevamo già dentro di noi. I temi complessi e la polifonia (che dominano la musica delle fate e che sia gli Yes che i Jethro Tull adoperavano in larga misura) sono qualcosa che mi ha sempre esaltato."
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Ancora una volta avete deciso di mettere in musica dei vecchi poemi. Vorresti dirci qualcosa in più a proposito dei testi che avete selezionato?
"Solitamente, quando leggo delle poesie e una di queste mi colpisce in particolar modo, capisco subito che questa deve diventare una delle nostre canzoni. Stranamente vengo spesso colpito dal suono e dal ritmo delle parole, piuttosto che dal loro significato. In passato la prima cosa che facevo era musicare una poesia, lasciando la lettura approfondita e la comprensione dei dettagli per un secondo momento; tutte le liriche del nuovo album sono state scelte per la maggiore con una modalità casuale: ho soltanto selezionato quelle che mi piacevano."
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Il risultato di questo incredibile lavoro può essere considerato come qualcosa di 'mai sentito prima'. Lo definireste 'avanguardismo' o... cos'altro?
"Un caleidoscopio di bellezza, magia, pazzia, funghi, luoghi remoti e feste della Regina delle fate."
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Come le vostre release precedenti, anche "Kywitt! Kywitt!" sarà pubblicato dalla 'label delle fate' per eccellenza, la Prikosnovénie. Siete soddisfatti del lavoro della vostra etichetta? Quali sono, tra i vostri compagni di roster, i vostri preferiti?
"Siamo molto contenti del loro lavoro. Se qualcuno conosce i Caprice è soltanto grazie alla Prikosnovénie, che ci ha promosso e supportato per 8 anni. Parte della produzione di 'Kywitt! Kywitt!' ha visto la collaborazione di Fred e Arno, e siamo molto grati ad entrambi per questo. Amiamo praticamente tutti gli artisti del roster, sono tutti talentuosi ed unici."
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Sembra che in Russia non ci siano molte altre band la cui proposta sia accostabile alla vostra, tranne forse i Flëur (anche se non si tratta proprio dello stesso tipo di musica)... Sentite di essere gli unici portatori della musica neoclassica russa nel mondo? Come descrivereste la scena musicale del vostro paese? Le uniche notizie che ci sono pervenute negli ultimi mesi riguardano "Cellardor", l'ultimo eccellente album dei Recently Deceased, pubblicato pochi mesi fa. Ci sono altri artisti russi che vorreste raccomandare ai nostri lettori?
"Beh, non abbiamo mai guardato al mondo della musica come ad una competizione nella quale una nazione deve portare alta la propria bandiera e vincere sulle restanti. Non conosco bene la nostra scena a dire il vero, sono sicuro che i giornalisti la conoscano molto meglio, ma credo che vi siano un sacco di ottime band. Sai, la buona musica non va sempre a braccetto con una buona produzione... Per quanto riguarda 'Cellardor', invece, ammetto di essere intrigato da questo disco... Devo correre ad ascoltarlo!"
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Porterete le vostre nuove canzoni su qualche palco? In caso di risposta affermativa, cosa dovranno aspettarsi i vostri fan da un vostro spettacolo? Vi esibirete con una line-up ridotta?
"Se dovessi scegliere tra il palco e lo studio di registrazione, sceglierei sicuramente quest'ultimo, per il semplice fatto che il risultato di tale lavoro può essere raggiunto da più persone, anche attraverso il tempo, anche se durante un concerto si ricrea un'atmosfera veramente magica! Al momento suoniamo molto poco, e sentiamo di dovere suonare un po' di più! Se ci esibiamo a Mosca, la line-up a 8 è perfetta, ma in un eventuale tour credo che saremmo soltanto in 5."
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So che siete stati coinvolti in altri progetti: un balletto natalizio ed un documentario. Vorreste parlarci un po' di queste esperienze?
"Entrambi i progetti sono stati commissionati da Santa Park, la residenza di Santa Claus, nel cuore della Lapponia, nei pressi del circolo artico. Ammiro la bellezza della Lapponia, la sua natura, il suo spirito, l'aurora boreale, l'atmosfera natalizia. Per noi è stato un vero piacere poter realizzare queste due commissioni. Credo che questi due progetti siano stati un vero successo: quando ascoltiamo la musica che abbiamo realizzato, ci sentiamo come se fossimo ancora in quelle vaste lande artiche."
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Avete mai pensato di realizzare una vera e propria colonna sonora? È qualcosa che vi piacerebbe fare, oppure avete altri sogni artistici/musicali?
"Ci piacerebbe comporre molte colonne sonore! È stato il nostro sogno per anni, ma non si è ancora avverato. Dobbiamo ancora aspettare (sorride, nda)."
"'Kywitt!' è il corrispondente della parola tedesca 'chirrup', ovvero il suono che producono gli uccelli quando cantano. Per noi questo termine indica l'elemento eccentrico presente nel nostro album. Non so esattamente quando abbiamo deciso di suonare in maniera eccentrica, ma ci sono un sacco di parti stravaganti in questo disco..."
(Anton Brejestovski)
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Eccoci arrivati all'ultima domanda. Se qualcuno vi considerasse una sorta di 'leggenda vivente' nell'attuale scena neoclassica, voi cosa rispondereste? E come vorreste che la vostra musica venisse percepita dagli ascoltatori in generale?
"Risponderemmo che essere una leggenda vivente è molto meglio che essere una leggenda ormai morta. Per quanto riguarda la percezione della nostra musica, beh, non saprei proprio... Se i nostri ascoltatori apprezzano ciò che facciamo, per noi basta e avanza."
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