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31-08-2021
PRO PATRIA
Le nubi sul nostro futuro
di Roberto Alessandro Filippozzi (foto di Patrice Hoerner e Luc Luyten)
L'inatteso ritorno di un autentico pezzo di storia dell'EBM anni '90 come Pro Patria, avvenuto nel 2017 dopo un silenzio ventennale, è stato un piccolo ma significativo evento in seno alla scena che in tanti hanno ben accolto, onorando l'impatto di un progetto le cui radici affondano lontano nel tempo, alla fine degli anni '80. Da quel momento in poi, il mastermind belga Peter Vercauteren, da tempo trasferitosi in pianta stabile nel nostro Paese, è stato particolarmente prolifico, tant'è che il recente "Godless" è già la terza prova da quell'insperato rientro sulle scene, per il quale dobbiamo ringraziare il mai sopito interesse nei confronti di Pro Patria di certi appassionati organizzatori di eventi nel cuore dell'Europa. "Godless" è senza dubbio la prova più riuscita che Peter abbia sin qui concepito, ed è quindi stato doveroso approfondire il discorso col cordiale e disponibilissimo musicista, che in questa nostra intervista si è raccontato senza paura di analizzare tanto i grandi temi planetari quanto certe questioni molto personali. Unendoci al coro di chi ha gioito per il suo ritorno con Pro Patria, lasciamo a lui la parola per farci raccontare questa nuova ed eccitante fase della sua carriera...
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La storia circa il tuo ritorno con PP la conosciamo bene, ed ovviamente ci uniamo al coro di chi è lieto di questo tuo rientro sulle scene, ma vorrei soffermarmi piuttosto su quanto sia stato prolifico il tuo progetto da "Back To Basics" in poi, con ben tre album nell'arco di tre anni e mezzo circa. Quello che si avverte è non soltanto una tua evidente fertilità di idee, ma anche e soprattutto una forte motivazione, che oltretutto ti ha portato a crescere ulteriormente sia sul piano dell'efficacia della scrittura che a livello di produzione: artisticamente ed umanamente parlando, come riassumeresti questo importante lasso di tempo dal tuo rientro ad oggi?
"In una parola? Come una valanga. Non parlo soltanto dell'ispirazione, ma proprio di tutto... l'abbraccio della scena che mi ha riaccolto così calorosamente, i numerosi DJ ed i critici che mi hanno sostenuto ed i live, con il W-Festival come ciliegina sulla torta... È stata una giostra pazzesca, come se avessi dovuto recuperare tutti i quasi venti lunghi anni persi in soli quattro. Quindi forse non c'è da sorprendersi se la mia creatività si è riaccesa con altrettanto entusiasmo. La cosa che è cambiata più di tutto rispetto al passato, invece, è il sostegno del mio ambiente personale, una cosa fondamentale per ogni artista, credo. Mentre in passato sono sempre stato circondato da persone che non credevano in me o addirittura mi disprezzavano, oggi ho persone al mio fianco che non solo vogliono che io continui con la mia musica, ma che mi spingono anche a superare me stesso con ogni nuovo progetto. Devo ringraziare in primo luogo mia moglie per questo."
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Fra le altre cose, "Godless" fa registrare il tuo ingresso nel roster della valida label russa Insane Records: come siete giunti ad un accordo e quanto sei soddisfatto di tale scelta?
"Sono stati loro a contattarmi lo scorso dicembre e ad offrirmi di pubblicare "Godless" con la loro casa discografica. Non ho dovuto pensarci neanche due volte, e subito abbiamo raggiunto un accordo. Devo dire che finora sono molto soddisfatto di questa scelta. Essendo un'etichetta più piccola, sono molto dediti alla promozione delle loro band ed il sostegno che ho ricevuto è stato grandioso, molto meglio di qualsiasi altra casa discografica che ho conosciuto nel passato. Sono professionali e sanno cosa stanno facendo. Anche questa è un'esperienza nuova per me. L'unico problemino è che loro sono in Russia, e quindi spedire i CD non è così semplice. Però non è niente confronto al loro sostegno infinito. Alla fine conta solo quello."
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Il primo segnale di come il deal con la Insane sia stato proficuo è la cura del package di "Godless", senza dubbio di pregio. A proposito dell'artwork, esso si presenta molto diretto ed essenziale, ma quali significati hai inteso attribuire alla mano insanguinata che regge il bisturi?
"Il tema principale di questo album è, a mio parere, troppo importante, quindi avevo bisogno di un'immagine che attirasse l'attenzione, forse anche scioccante. Non c'è più tempo da perdere, anzi, quindi la mano con il bisturi è un tipo di avvertimento su cosa succederà se non prendiamo questo problema globale sul serio. Oltretutto, secondo me questa immagine si sposa benissimo con la musica tagliente e senza compromessi di questo album.
Tornando al lavoro della Insane, la loro proposta di pubblicare "Godless" come digipack a sei pannelli era ovviamente uno degli argomenti che mi hanno subito fatto accettare la loro offerta. È decisamente una marcia in più rispetto ai CD con jewel-case ordinario che avevo pubblicato in passato."
"Anche se riuscissimo a diminuire l'inquinamento, le emissioni e la nostra fame insaziabile di risorse naturali del 30% entro il 2050, non cambierebbe un bel niente, perché nel frattempo la popolazione mondiale sarà cresciuta di quasi il 30%! Nove miliardi di persone che vogliono cibo, una casa, una macchina, se possibile l'ultimo smartphone e... spazio per vivere, spazio che può soltanto venire dalla natura, perché abbiamo già preso tutto il resto."
(Peter Vercauteren)
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Addentriamoci più a fondo nel nuovo album, che a livello tematico verte sul terribile stato del nostro pianeta ed il generale disinteresse, quando non addirittura la mancanza di volontà, nel fare qualcosa in proposito. Come hai articolato queste tue riflessioni all'interno del disco?
"Il disco ha in realtà due temi principali. Innanzitutto sono sempre stato molto critico sulla religione, perché dovremmo essere liberi di credere in quello che vogliamo noi, piuttosto che alla roba con cui siamo stati condizionati sin dalla nascita. Che valore ha una religione se non è stata una scelta libera, ma soltanto la conseguenza del lavare il cervello ai bambini e di una pressione sociale ancora molto presente?
Tuttavia, è sicuramente più importante lo stato fatiscente del nostro bellissimo pianeta, l'unico che abbiamo, e il disinteresse generale al riguardo. Siamo ancora più interessati a chi è andato a letto con chi nel nuovo reality piuttosto che al futuro della nostra Terra, che sarà molto buio se non agiamo subito e anche drasticamente. Quando il cataclisma verrà, e credetemi, verrà, nessun dio scenderà per salvarci. Sarà il nostro fare, o meglio, il nostro disfare."
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Restando sull'aspetto tematico, in che modo hai inteso analizzare lo stato del pianeta e quali ritieni siano le colpe più evidenti? Personalmente credo che non siano da additare quelli che guidano ancora una Euro 4, ma semmai certe corporazioni che agiscono impunite a danno dell'ambiente...
"Beh, le corporazioni fanno quello che fanno perché devono rispondere alla domanda del mercato. Quindi alla fine siamo responsabili tutti noi, perché vogliamo per esempio cambiare cellulare ogni anno e anche ad un bassissimo prezzo, senza renderci conto quanto questo nuovo cellulare costa all'ambiente. Secondo me - ma è la mia opinione personale ed ognuno è libero di pensarla come vuole - stiamo tutti centrando l'obiettivo sbagliato. Questa crisi non ha niente a che fare con borse della spesa riutilizzabili, panelli fotovoltaici, macchine elettriche (che forse causano ancora più inquinamento di una diesel) o col farci diventare tutti vegetariani, o addirittura insettivori. Queste cose trattano soltanto (leggermente) i sintomi di questa crisi, non la causa. Rimanderanno soltanto l'inevitabile di un pochino, anche se riuscissimo a diminuire l'inquinamento, le emissioni e la nostra fame insaziabile di risorse naturali del 30% entro il 2050 (e questo sarebbe un miracolo, se consideriamo cos'è successo con il Protocollo di Kyoto: aumento delle emissioni del 25% al posto di una riduzione del 20%), però supponiamo che in qualche modo riuscissimo a realizzare questo miracolo... non cambierebbe un bel niente, perché nel frattempo la popolazione mondiale sarà cresciuta di quasi il 30%! Nove miliardi di persone che vogliono cibo, una casa, una macchina, se possibile l'ultimo smartphone e... spazio per vivere, spazio che può soltanto venire dalla natura, perché abbiamo già preso tutto il resto. Nove miliardi di persone che, inoltre, produrranno una montagna gigante di rifiuti nella loro vita. Secondo gli scienziati del Global Footprint Network, stiamo già consumando le risorse e le capacità di un pianeta e mezzo, e siamo soltanto in sette miliardi e mezzo, con la grande maggioranza della popolazione che vive in una povertà che noi occidentali non possiamo nemmeno immaginarci. Cos'accadrà fra qualche decennio allora? Pensiamo davvero che ce la faremo con i nostri impianti fotovoltaici e la raccolta differenziata? L'unico modo per salvare l'umanità, lo ripeto (è la mia opinione strettamente personale), è ridurre drasticamente le nascite, ma questo ovviamente non succederà mai. Anzi, al telegiornale ripetono che dobbiamo fare più figli per salvare le nostre pensioni. È cinico che le nostre pensioni siano diventate più importanti del futuro del nostro pianeta. Però, come diceva già il grande Sir David Attenborough, è una follia pensare che su un pianeta finito ci possa essere una crescita infinita."
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Anche se al momento l'attenzione è tutta spostata altrove, da qualche tempo è ormai quasi un riflesso automatico quello di associare le tematiche ambientali col fenomeno mediatico Greta Thunberg. Se da un lato è positivo sensibilizzare le persone verso i temi ambientali, dall'altro non temi che l'industria mediatica si stia "cibando" del "simbolo Greta" per farci digerire un'agenda "climatica/green" la cui transizione sarà pagata da noi altri e farà ricchi i soliti noti? Oltretutto, anziché puntare il dito contro Europa ed USA, perché non indicare chiaramente come sia l'Asia ad inquinare maggiormente il pianeta? In sintesi, non vedi nulla di sospetto in un'attenzione dei media così spropositata, laddove se in piazza ci fossimo andati per esempio io e te, non avremmo avuto neanche un trafiletto sul giornale locale?
"I media sono una bestia strana che non ho mai capito, e che nemmeno vorrei capire. Insomma, non siamo cambiati per niente dai tempi dei Romani con il loro "panem et circenses". Nonostante la nostra tecnologia e tutti i nostri gadget, siamo così annoiati e vogliamo essere intrattenuti, ma in un modo veloce e semplice. Vogliamo vedere un tizio che infila una penna in un ananas, piuttosto che una cosa più artistica, e la nostra attenzione svanisce completamente dopo pochi secondi, dopodiché vogliamo vedere qualcosa di ancora più assurdo o spettacolare. Vogliamo sempre di più e i limiti si spostano sempre oltre quello che pensavamo fosse accettabile prima. Vogliamo sempre più sangue, vogliamo più sesso, vogliamo cantanti deficienti che gemono con note false e che vogliono morire di droga. Per un breve istante, Greta è stata popolare perché si ribellava contro il suo governo (va sempre bene per guadagnare punti sui social) e il suo messaggio sembrava "simpatico". Abbiamo sorriso quando si presentava davanti alle Nazioni Unite come quindicenne per dare ai capi mondiali una lavata di capo. Però, man mano che diventava più popolare, il suo movimento è stato dirottato da gente con un'agenda diversa, estremista, o semplicemente da persone che l'hanno sfruttata per guadagnare popolarità personale. Greta è diventata una scusa. Noi non dobbiamo più fare niente per salvare il pianeta, ci penserà lei, e noi possiamo riaddormentarci tranquillamente sui nostri divani per goderci altri video oltre il limite, o per seguire altre influencer di tendenza. E io e te? Forse se ci travestissimo come due galline, urlando "cot-cot-cot" davanti ai cancelli di una grande industria, avremmo il nostro brevissimo momento di gloria sui social? Non lo so... i messaggi seri non contano più niente, come non conta più la musica a San Remo o all'Eurovision."
"Non siamo cambiati per niente dai tempi dei Romani con il loro "panem et circenses". Nonostante la nostra tecnologia e tutti i nostri gadget, siamo così annoiati e vogliamo essere intrattenuti, ma in un modo veloce e semplice. Vogliamo vedere un tizio che infila una penna in un ananas, piuttosto che una cosa più artistica, e la nostra attenzione svanisce completamente dopo pochi secondi, dopodiché vogliamo vedere qualcosa di ancora più assurdo o spettacolare. Vogliamo sempre di più e i limiti si spostano sempre oltre quello che pensavamo fosse accettabile prima."
(Peter Vercauteren)
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Al netto di qualsiasi opinione, è chiara la tua volontà di porre l'attenzione su temi di carattere sociopolitico, proprio come l'EBM ha sempre fatto negli anni ruggenti: ritieni che sia ancora questa la "missione" di questa immarcescibile branca dell'elettronica? E, in tal senso, quale indicheresti come il brano più importante dell'album a livello tematico e perché?
"Dagli anni sessanta la musica è sempre stata il vettore principale per messaggi spesso ribelli, anche di importanza sociopolitica. L'EBM, come stile underground/alternativo sicuramente, non è diverso al riguardo, e soprattutto all'inizio mi sono spesso fatto trascinare in testi duri e molto espliciti. Però il pericolo nel farlo è che spesso la gente non è d'accordo, e con gli anni ho imparato che è meglio impachettare il messaggio con un bel fiocco o evitare cose che rischiano un grande dissenso. Anche se ci consideriamo "alternativi", una casa discografica ti prenderà solo quando vede un guadagno in te. Se parliamo di missione, la mia missione principale adesso è che la mia musica sia piacevole, e se poi posso anche trasferire un messaggio, è solo un bonus. Quando ero un giovanotto volevo cambiare il mondo, o almeno la nazione, perciò "Pro Patria". Però con gli anni ho capito che questo Mondo non si fa cambiare, sicuramente non da una piccolissima band come Pro Patria, quindi sono già molto contento se qualcuno mi dice che i miei testi gli piacciono.
Quasi tutti i brani del disco hanno un contenuto tematico molto importante, però se devo menzionare proprio uno, prenderei "Tomorrow", in cui parlo di certe persone potenti a cui non importa il nostro futuro, ma solo il loro orgoglio e potere. "È tutto per me e niente per gli altri..."."
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Venendo al sound, credo che le tue sincere preoccupazioni per le sorti del pianeta siano state il motivo primario per cui "Godless" è senza alcun dubbio non soltanto il tuo lavoro più oscuro ed aggressivo, ma anche il più incisivo, solido, compatto ed intenso. È stato questo ad animare effettivamente la creazione della tua ultima fatica?
"È già dal mio ritorno che una grande preoccupazione per il futuro ha preso un posto importante nei miei testi, però visto che troppo pochi la condividono, mi sono sentito costretto ad urlare un po' più forte. Detto questo, ogni nuovo album è una nuova storia, e quando inizio non so dove mi porterà. Provo comunque ad usare suoni simili per ogni brano per mantenere una certa coerenza, e forse su "Godless" questo è risultato nel sound particolare a cui riferisci. Creare un album è sempre il far convergere diversi elementi, guidato dallo stato d'anima dell'artista. In questo caso, credo che il mio stato d'animo fosse chiaro, il che ha dunque aiutato molto nell'intensità e omogeneità del complesso."
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Avendo tu pubblicato i primi lavori negli anni '90, è stato normale sentire evidenti tracce di quella scuola in "Back To Basics" ed "Executioner", ed anche se quegli insegnamenti si fanno sentire pure in "Godless", questo nuovo album pare aver portato un taglio più attuale e se vogliamo "moderno" in seno a PP: era ciò che volevi per la tua creatura?
"L'album "Back To Basics" rifletteva sul mio passato doloroso. "Executioner" trattava del presente, mentre allo stesso tempo volevo creare un ponte tra "BtB", che per alcuni era stato come uno shock, e la mia vecchia opera. Con "Godless" volevo rivolgermi al futuro, non solo con i testi, ma anche con la musica. Anche se da giovane sono stato influenzato decisamente dai miei dei musicali, presto ho provato a cercare la mia strada ed a creare la musica che volevo io, senza compromessi. Forse alcuni critici diranno che sto vagando oltre i cosiddetti limiti dell'EBM, ma non mi interessa neanche minimamente. Credo tra l'altro che in questi tempi l'opinione generale su che cos'è l'EBM sia mutata moltissimo rispetto a cos'era negli anni d'oro. Per me, personalmente, l'EBM è quello per cui una rivista belga ha inventato il nome nel 1984: una musica complessa, con tanti strati e voci, anche molto melodica, una musica che permette l'esperimento, l'andare oltre le barriere, fuori dagli schemi prestabiliti. Sfortunatamente tutto questo è cambiato, però rifiuto di fare la musica che dovrei. Anzi, con "Godless" ho provato a prendere una direzione nuova che forse farà dubitare i tifosi della "Anhalt", ma secondo me abbiamo bisogno di un'evoluzione. Per trent'anni abbiamo avuto gli stessi suoni e melodie di basso, le stesse urla, gli stessi temi. Nessuno mi accuserà mai di non aver provato a dare una dimensione nuova alla nostra musica."
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Ho particolarmente gradito l'utilizzo delle melodie, che a mio modo di vedere hanno conferito un velo di apocalittica oscurità a "Godless": segno di come emozioni ed atmosfere siano state incanalate proprio come desideravi?
"Grazie per il complimento. Proprio come un album, devo dire che non so mai in anticipo dove mi porterà una canzone. Spesso mi sveglio con delle idee o melodie in testa, ma rimangono sempre frammenti, ed è solo quando mi siedo davanti al mio DAW che le singole idee iniziano a parlare l'una con l'altra. Avevo bisogno di una melodia per portare "Godless" verso un apice ed è saltata fuori quella, ed anche il suono è una coincidenza di diversi strumenti che si sposavano improvvisamente. Spesso i momenti migliori nella musica, e credo che i miei colleghi artisti saranno d'accordo, nascono per coincidenza. Questa coincidenza particolare creava esattamente l'atmosfera che speravo, ma che non avevo previsto quando ho iniziato a comporre il brano. Esattamente come un album è sempre un'evoluzione, anche le singole canzoni lo sono per me."
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Coi clip per "Razorblade" ed "Angel" c'è stata anche la degna appendice visiva alla rabbia ed alle preoccupazioni alla base del concept di "Godless", ma il video sul quale vorrei soffermarmi è quello che hai realizzato fuori dal contesto dell'album per "Story Of A Boy", che con un'animazione minimale ma efficace mette sul piatto un tema tutt'altro che leggero: ce ne vuoi parlare?
"Sì, ne voglio parlare. Credo di esserne finalmente pronto. Il tema della violenza domestica è, fortunatamente, onnipresente in questi giorni e sempre più vittime trovano la forza di denunciare e di tirarsi fuori dal vortice negativo in cui si trovano. Con "Stronger Than You" avevo già creato una canzone per incoraggiare le vittime a diventare più forti dei bulli prepotenti che le stanno maltrattando, ma con "Story Of A Boy" volevo qualcosa più esplicito. Quando pensiamo alla violenza domestica, pensiamo sempre ad un uomo che sta picchiando una donna. È una cosa istintiva. Un uomo è, di solito, più grande e più forte ed ha anche la reputazione di essere più aggressivo, quindi sembra scontato che sia sempre lui il colpevole. Invece, secondo le statistiche dei ministeri degli affari interni degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, risulta che nel 40% dei casi il colpevole è addirittura la donna! Probabilmente questa cifra è ancora una sottovalutazione, perché nessuno crede ad un uomo che fa denuncia per aggressione, e quindi hanno ancora meno voglia di farlo di una vittima femminile. Una volta ho visto un esperimento sociale in cui una coppia di attori andava in giro in una città, e l'uomo si comportava in un modo aggressivo verso la donna. Subito tutti i passanti si indignavano, e se non avessero spiegato subito che erano soltanto attori, avrebbero fatto fuori l'uomo all'istante. Poi hanno invertito ruoli, e la donna si comportava in un modo aggressivo verso l'uomo. Indovina un po'? Nessuno interveniva! Al contrario, i passanti avevano addirittura un sorriso sul volto, mentre quell'uomo stava soffrendo allo stesso modo della donna nella situazione precedente! Come uomo nessuno ti ascolta, nessuno ti prende sul serio. Contrariamente ad una donna, per un uomo non è neanche accettabile contrattaccare, anche se subisce la violenza da vent'anni. L'unica cosa che ti rimane come uomo è prendere i colpi e tacere. Ecco perché ho creato questa canzone e il video che non lascia niente all'immaginazione: per dare una voce a quegli uomini che una voce non hanno.
A questo punto, posso confermare che l'omino nel video sono io in un'altra vita che è durata quindici anni, dopodiché sono stato buttato tra le immondizie. Spiegherà, oltre le delusioni musicali degli anni novanta, perché Pro Patria è sparito per così tanto tempo."
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Quasi come una summa delle prerogative sonore di PP, "Story Of A Boy" mette sul piatto le tue differenti influenze, ed anche l'EP acustico dello scorso anno "Naked EBM" ha svelato una volta in più sia il tuo amore per la musica classica, sia la tua versatilità. Ad oggi, che tipo di musicista e compositore ti senti?
"Eh... cambia ogni giorno. Un giorno mi sento classico, un giorno mi sento EBM, un giorno mi sento qualcos'altro. Come ho già accennato, non voglio appartenere ad una categoria stretta, ma desidero fare la musica che mi viene al momento stesso, anche se rischio di sorprendere o deludere. Il prossimo album sta diventando diverso da "Godless", con più spazio per gli sperimenti e forse altri brani che non ci si aspetta da me. L'unica cosa che conta è che mi sento soddisfatto artisticamente di quello che ho creato, e poi posso solo sperare che il mio pubblico l'apprezzi."
"Per me l'EBM è quello per cui una rivista belga ha inventato il nome nel 1984: una musica complessa, con tanti strati e voci, anche molto melodica, che permette l'esperimento, l'andare oltre le barriere, fuori dagli schemi prestabiliti. Con "Godless" ho provato a prendere una direzione nuova, perché secondo me abbiamo bisogno di un'evoluzione. Per trent'anni abbiamo avuto gli stessi suoni e melodie di basso, le stesse urla, gli stessi temi. Nessuno mi accuserà mai di non aver provato a dare una dimensione nuova alla nostra musica."
(Peter Vercauteren)
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Il tuo grande amore per la musica classica ti ha portato persino a creare una serie animata su Bach: da dove è nata l'idea di sviluppare questo progetto, e perché il celebre compositore tedesco riveste un'importanza particolare per te?
"La musica classica ha sempre avuto un posto importantissimo nella mia vita. Mio padre era bravo a suonare il pianoforte e sin da piccolo sono andato all'accademia per imparare a suonare e conoscere i segreti della teoria musicale. È una cosa che vorrei consigliare a tutti perché suonare uno strumento è, secondo me, un ottimo modo per placare la mente. Nessuna musica è così piena di emozioni come la classica, e visto che l'ispirazione migliore nasce proprio da emozioni profonde, mi aiuta tantissimo anche nella composizione. E qui arrivo a Bach. Van Beethoven, Liszt, Schumann e tanti altri suonavano Bach ogni giorno per trovare pace e ispirazione nella sua armonia perfetta, e così faccio anch'io. Bach è il compositore che ha avuto un impatto ineguagliabile su tutta la storia musicale. Lui è la base di tutto ciò che conosciamo oggi ed era anche l'inventore del jazz, quindi è anche l'origine di tutta la musica moderna, persino dell'EBM. Tuttavia, rimane largamente sconosciuto e ha persino ricevuto la reputazione ingiusta di essere "difficile" o "pesante". Per questo motivo ho iniziato questo progetto di presentare la vita di Bach in una serie di cartoni animati. Non volevo creare un'ennesima biografia, ma volevo raccontare la storia di un ragazzino, orfano dall'età di nove anni, che deve affrontare un mondo che non capisce il suo genio. Un ragazzo che, per caso, si chiama Bach. Spero che questo approccio, dove il ragazzo è centrale, renda i miei cartoni più accessibili a un pubblico ampio, non solo alle persone già interessate a Bach."
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Passando ad aspetti più personali, sei belga di origine, ma definitivamente italiano d'adozione: per quanto possa sembrare una domanda banale e retorica, quanto ti senti italiano dopo tanto tempo speso nel Bel Paese, fra le sue bellezze e nella sua cultura?
"Onestamente? Mi sento decisamente molto più italiano, anche se porterò il mio lato fiammingo sempre con me, il che significa che forse sono più "secco" degli italiani e dirò sempre in faccia quello che penso, anche se in Italia ciò non viene sempre apprezzato. Però non mi sono mai sentito veramente "a casa" nel mio paese d'origine, un sentimento che è cambiato di colpo quando sono venuto in Emilia per una lunga vacanza nel 2007. Da allora sapevo dove apparteneva il mio cuore e mi sono sentito felicissimo che la bellissima Italia mi abbia accolto con così tanto affetto. Adesso tifo gli Azzurri e mi sento orgoglioso di vivere nel paese più bello al mondo, con un patrimonio storico-culturale ineguagliato, un clima mediterraneo, ottimo cibo (anche se ce l'abbiamo anche in Belgio) e soprattutto il suo popolo fantastico. Forse mi mancano la birra, il cioccolato, la pasticceria e le patatine fritte, ma dimentico tutto quando assaggio un ottimo Lambrusco mentre il sole tramonta sull'Appennino."
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Per concludere, non possiamo non accennare ai tuoi progetti per il futuro, anche perché a quanto sembra tornerai già con un nuovo album nel 2022... cosa puoi anticiparci al riguardo? E sul versante live, al netto delle problematiche attuali, hai in programma qualcosa?
"Infatti, penso di finire il prossimo album verso l'inizio dell'anno prossimo e come già detto sarà forse un po' più sperimentale, un lavoro con cui vorrei spingere le barriere ulteriormente. Finora ho finito otto brani e ho altre idee in testa, quindi sono già a un buon punto.
Per i live ho diversi contatti, anche per un mega-festival sul quale non posso ancora dire nulla ovviamente, però non vorrei essere troppo entusiasta perché, per come stanno andando le cose, temo che si sia ancora lontani dalla fine della crisi del Covid. Posso comunque dire che uno di questi progetti sarebbe un concerto a Milano, che sarebbe anche il mio primo concerto in Italia! Non vedo l'ora, però prima dobbiamo restare cauti e rispettare i protocolli per sconfiggere questo dannato virus."
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