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07-05-2020
BOHREN & DER CLUB OF GORE
Logorante gestazione
di Roberto Alessandro Filippozzi (foto: Kim Von Coels)
Se c'è un progetto musicale che, partendo da prerogative altre, ha messo d'accordo in maniera trasversale gli amanti delle sonorità più plumbee ed oscure, accomunando sotto un unico tetto estimatori di generi fra loro differenti come darkwave/goth, ambient, doom metal e quant'altro, questo è senza dubbio Bohren & Der Club Of Gore. Il suono del celebrato act tedesco, pur affondando le proprie radici nella raffinatezza del jazz più noir, ha saputo fare breccia nei cuori degli amanti delle sonorità notturne con la sola forza degli strumenti, sfruttati al meglio da musicisti dotati di gusto e capacità superiori nell'arco di album già divenuti di culto come "Sunset Mission", "Black Earth" e via dicendo. Giunto col nuovo "Patchouli Blue" al nono capitolo sulla lunga distanza, il trio composto da Morten Gass, Christoph Clöser e Robin Rodenberg è tornato in grande stile con un lavoro che offre una rinnovata e più ampia varietà di soluzioni all'interno di un sound unico ed inconfondibile, segno evidente di come, a quasi trent'anni dalla formazione, l'act di Mülheim an der Ruhr non abbia esaurito la propria affascinante vena creativa. Della nuova fatica e di molto altro abbiamo discusso col polistrumentista Morten Gass, nostro affabile interlocutore in questa gradevole chiacchierata...
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Il nuovo album è finalmente uscito a sei anni di distanza dall'intimo e notturno "Piano Nights", col solo best of "Bohren For Beginners" ad interrompere questa lunga attesa. Quali ragioni hanno fatto sì che ci volessero ben sei anni per tornare con un nuovo full-length?
"È stata davvero dura scrivere un altro album, e questo perché eravamo più che soddisfatti di "Piano Nights". Il lavoro che per noi avrebbe coinciso con un nuovo inizio ci ha paralizzati, e se consideri che abbiamo già fatto otto dischi e mezzo in questo stile, nuove o addirittura migliori idee non ci giungono più così velocemente. Ovviamente abbiamo anche pensato di fare qualcosa di totalmente differente, o semplicemente di non fare assolutamente niente."
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Venendo ai contenuti del nuovo album, la prima cosa che colpisce è il suo curioso titolo "Patchouli Blue": quali concetti si celano dietro ad esso e come si ricollega al particolare artwork?
"Per me il titolo descrive uno stato emotivo, ma la cosa non è così importante, giacché ognuno può avere i propri pensieri al riguardo. È sempre lo stesso per tutti i titoli dei nostri dischi: vengono creati prima di iniziare a scrivere la musica e ci forniscono un tema o uno stato d'animo. Le foto di copertina sono state fatte dalla figlia di Christoph, a cui avevamo fornito solo il titolo dell'album e un sacco di possibilità."
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Musicalmente parlando, "Patchouli Blue" è senza dubbio il vostro lavoro più audace e col più ampio range di soluzioni strumentali, ed appare come una sfida che avete vinto senza mai perdere la vostra identità, rendendo evidente come non vi siate seduti sugli allori: come avete lavorato per portare a compimento questo nuovo gioiello musicale?
"Grazie, è bello sentirselo dire. Come ho detto prima, eravamo consapevoli del duro compito, e quindi abbiamo profuso uno sforzo maggiore rispetto all'ultima volta. Abbiamo ampliato alcune parti del nostro studio e migliorato la sala di registrazione, comprato nuovo o migliore equipaggiamento e pensato a fondo ad ogni nota che abbiamo scritto. Sfortunatamente, niente è stato tirato fuori spontaneamente dal cilindro."
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Ogni brano è un gioiello a sé, ma alcuni offrono maggiori spunti di discussione, a partire da "Deine Kusine", che è piuttosto luminosa rispetto ai vostri standard: una diversa sfaccettatura di un suono che prova sempre a superare i propri limiti?
"L'album ha bisogno di momenti come quello. Il brano è come un interessante straniero: di primo acchito non sai cosa pensare di lui, persino il titolo e la pronuncia sono inusuali. Fondamentalmente siamo dei codardi perché facciamo lampeggiare brevemente questo tipo di cose, 25 anni fa avremmo di sicuro reso questo pezzo irremovibile per 12 minuti! Anche se va detto che a quel tempo non saremmo stati in grado di scrivere una canzone come questa (ride, nda)..."
"È stata davvero dura scrivere un altro album: il lavoro che per noi avrebbe coinciso con un nuovo inizio ci ha paralizzati, e se consideri che abbiamo già fatto otto dischi e mezzo in questo stile, nuove o addirittura migliori idee non ci giungono più così velocemente. Ovviamente abbiamo anche pensato di fare qualcosa di totalmente differente, o semplicemente di non fare assolutamente niente..."
(Morten Gass)
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Ho molto apprezzato quei momenti più filmici come "Tief Gesunken" e "Vergessen & Vorbei", squisitamente costruite su synth analogici: si tratta di un approccio che potrebbe aprire nuovi sentieri per il futuro di Bohren & Der Club Of Gore?
"Se vuoi vederlo come un nuovo sentiero, ok, ne siamo felici. Robin potrebbe lasciare a casa il suo contrabbasso ed usare solamente un bass synth, ma temo che non ce la caveremo così facilmente la prossima volta."
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Fra i brani migliori del nuovo album menzionerei di certo la title-track, ma specialmente le ultime due tracce: l'eterea "Sag Mir, Wie Lang" e la filmica "Meine Welt Ist Schön". C'è qualche storia interessante dietro a questi specifici pezzi?
"I titoli dei brani forniscono fondamentalmente la storia. L'ascoltatore può di certo farsi una mezza idea di cosa si vuole significare, se lo vuole. A livello musicale, "Sag Mir, Wie Lang" è stata costruita solamente attorno agli accordi di chitarra ed è stato il primo brano a cui abbiamo lavorato per "Patchouli Blue". Solo dopo abbiamo aggiunto una string machine e le parti di synth per evitare che il brano suonasse come un furto nei confronti di Chris Isaak. "Meine Welt Ist Schön" è iniziata con un piano Rhodes attraverso un amplificatore Leslie, organo e minimoog sono arrivati dopo."
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Dopo anni di "doom ridden jazz", avete ribattezzato il vostro sound attuale come "detective jazz": qual è l'idea dietro al definire "detective" il vostro approccio al jazz?
"Un ascoltatore a Manchester, e più precisamente a Stretford, ci disse dopo il nostro concerto che suonavamo decisamente "detective jazz". Suo fratello gemello è anche un sassofonista, quindi pensammo che avesse ragione e l'abbiamo adottata come definizione, ma credo che fossimo un po' alticci in quel momento."
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Ciò che ho sempre amato della vostra musica è il modo in cui essa offra una pura evasione dal mondo, il che è ciò che l'arte dovrebbe fare, anziché limitarsi ad essere un mero e povero riflesso della quotidianità (come è invece ciò che va per la maggiore oggigiorno). C'era questa effettiva volontà alla base della vostra formazione?
"Direi piuttosto rabbia e noia."
"Uno dei punti di forza della nostra band è stato il saper far fronte alle circostanze, che si trattasse dell'equipaggiamento primitivo degli inizi o dell'uscita dalla line-up del nostro batterista Thorsten. Avremmo avuto in ogni caso il sassofono su "Sunset Mission", ma è una vera fortuna avere Christoph nel gruppo: è come avere un buon idraulico o elettricista in famiglia quando tutti gli altri hanno solo due mani sinistre..."
(Morten Gass)
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Siete fra i pochissimi artisti che possono fregiarsi di aver creato un nuovo genere musicale, influenzando parecchi altri musicisti là fuori, inclusi act italiani come Macelleria Mobile Di Mezzanotte e Senketsu No Night Club. Come vi fa sentire l'essere considerati sia dei prime movers che una band altamente influente?
"Ti ringrazio, ciò ci lusinga. Agli inizi con Bohren & Der Club Of Gore volevamo fare qualcosa di originale, eravamo stufi di limitarci a copiare i nostri idoli. Beh, a dire il vero lo facciamo ancora, ma un po' più abilmente."
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L'ingresso in formazione di Christoph Clöser, col suo sax e le altre sue evidenti abilità, è stato un vero punto di svolta per la vostra carriera: 23 anni dopo il suo arrivo, come giudicate l'evoluzione del vostro sound e dove pensate che sareste se ciò non fosse mai avvenuto?
"È davvero difficile a dirsi. Uno dei punti di forza della nostra band è stato il saper far fronte alle circostanze, che si trattasse dell'equipaggiamento primitivo degli inizi o dell'uscita dalla line-up del nostro batterista Thorsten (Benning, nda). Avremmo avuto in ogni caso il sassofono su "Sunset Mission", ma a parte l'amicizia che ci lega, è una vera fortuna avere Christoph nel gruppo: è come avere un buon idraulico o elettricista in famiglia quando tutti gli altri hanno solo due mani sinistre."
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La vostra musica è sempre stata esclusivamente strumentale, con la sola eccezione della favolosa cover di "Catch My Heart" dei Warlock col grande Mike Patton alla voce: come vi è venuta quell'idea, perché proprio i Warlock e come valutate la prova di Mike?
"A dire il vero, "Beileid" doveva essere un EP o un mini-LP sul quale pubblicare qualcosa di speciale che diversamente non sarebbe stato adatto ad un nostro album. Abbiamo pensato ad una cover di una ballad heavy metal, e doveva essere una band della nostra zona. I Warlock erano di Düsseldorf, che è più o meno fra Colonia e Mülheim an der Ruhr. Da ragazzo mi piaceva "Hellbound", il secondo album dei Warlock del 1985, così abbiamo iniziato a lavorare alla cover e pensato di trovare un cantante in un secondo momento. Avevamo grandi idee su chi avrebbe potuto cantare il pezzo: Amanda Lear, Salvatore Adamo etc... Alla fine, comunque, la nostra versione era diventata talmente lenta che solo Mike Patton avrebbe potuto salvarla, e gliene siamo davvero grati."
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Agli inizi della vostra carriera, la maggior parte di voi era coinvolta in generi musicali estremi come grindcore, hardcore, death e doom metal: come siete finiti a suonare una musica così affine al jazz e perché avete scelto una strada esclusivamente strumentale?
"Se hai appena imparato ad accordare la tua chitarra, hardcore punk e grindcore sono dei buoni punti di partenza. Ma eravamo dei furbastri già all'epoca ed avevamo gusti musicali veramente eccessivi, quindi non è stato difficile per noi dedicarci a qualcosa di completamente diverso. Ma abbiamo dovuto fare i conti con quel che avevamo a disposizione all'epoca, e sfortunatamente ciò non includeva un buon cantante."
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Come è noto, parte del vostro nome è un tributo alla band olandese Gore: quali aspetti la rendevano così speciale per voi?
"Eccezion fatta per le colonne sonore, a quel tempo i Gore erano l'unica band strumentale che ci piaceva, così come ci piacevano basso, chitarra e batteria. Il che era esattamente il materiale che avevamo nella nostra sala prove. Trent'anni dopo abbiamo finalmente condiviso il palco coi Gore per un concerto nella loro Venlo."
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Laddove molte band storiche hanno uno o due "migliori album" che mettono più o meno tutti i fans d'accordo, è piuttosto difficile dire quali siano le vostre vette creative, essendoci molte scuole di pensiero al riguardo, il che testimonia anche quanto valida sia la vostra intera discografia. A vostro dire, quali sono stati i lavori più importanti della vostra carriera e perché?
"Oh, anzitutto ti ringrazio per non esserti unito alla predominanza di "Black Earth". Detto questo, è impossibile stabilire quale disco sia stato il più importante. L'unica cosa che mi infastidisce è il suono di "Dolores": non so cosa ci abbia guidato là..."
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Parlando della vostra carriera, vi state avvicinando al traguardo dei 30 anni: celebrerete in qualche modo la cosa?
"No, finora abbiamo perso tutte le possibilità di festeggiare anniversari, e sarà lo stesso col trentesimo."
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Al momento siamo in tempi di quarantena, quindi penso sia difficile parlare concretamente di progetti futuri. Ne state approfittando per scrivere nuova musica, e quali saranno le vostre priorità non appena questo periodo finirà?
"Della nuova musica è fuori questione, le nostre menti sono troppo svuotate per quello. Ho appena comprato un nuovo sintetizzatore polifonico e sto familiarizzando con le sue funzioni. Mentre tutto è così amaro, abbiamo appena imparato l'intero live-set per "Patchouli Blue". Probabilmente spenderemo i prossimi mesi a fare pratica a casa per non dimenticarci tutto."
"Se hai appena imparato ad accordare la tua chitarra, hardcore punk e grindcore sono dei buoni punti di partenza. Ma eravamo dei furbastri già all'epoca ed avevamo gusti musicali veramente eccessivi, quindi non è stato difficile per noi dedicarci a qualcosa di completamente diverso. Ma abbiamo dovuto fare i conti con quel che avevamo a disposizione all'epoca, e sfortunatamente ciò non includeva un buon cantante..."
(Morten Gass)
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Siamo in chiusura. Anche qui da noi avete un buon seguito, specialmente fra i seguaci delle sonorità più oscure, siano esse goth, ambient o metal, e si può dire che godiate di uno status di culto. Ciononostante, ci avete fatto visita in una sola occasione: possiamo sperare in più concerti di Bohren & Der Club Of Gore nelle nostre lande per il futuro?
"Nel 2017 abbiamo suonato a Bologna e Milano, entrambi i concerti sono stati molto divertenti e siamo stati trattati molto amichevolmente. Di certo suoneremo ancora in Italia, quindi tenete delle birre Moretti in fresco per noi! Grazie ancora per il vostro supporto... stai in salute (in perfetto italiano, nda)!"
http://www.bohrenundderclubofgore.de/
https://www.pias.com/network/germany-austria/#