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11-06-2011
SUBHEIM
Cittadini del pianeta Terra
di Roberto Alessandro Filippozzi
Senza alcun dubbio "No Land Called Home", secondo album dell'act greco Subheim, si è rivelato una delle più belle sorprese di fine 2010. Dopo un debutto di assoluto livello come "Approach", Kostas K. e la singer Katja (ormai parte integrante del progetto) hanno saputo distaccarsi con stile dalle trame IDM per abbracciare un suono più completo, maturo e soprattutto organico, proiettando le proprie visioni artistiche in un contesto decisamente più ampio e ricco di sfaccettature rispetto alla concezione puramente elettronica degli esordi. È un songwriting particolarmente ispirato quello che possiamo udire in questo magnifico follow-up, ricco di canzoni memorabili ed emozionanti, capaci di tradurre in magnetiche sequenze di note un pathos non comune. Non potevamo esimerci dal porre i nostri quesiti circa questo magnifico secondo capitolo al buon Kostas, nostro gradito interlocutore nell'intervista che segue...
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Nel tempo trascorso tra il debut "Approach" e "No Land Called Home" hai chiuso la tua etichetta Spectraliquid: perchè?
"Ad un certo punto mi sono ritrovato ad essere significativamente meno appassionato alla label. Le vendite erano per lo più crollate e sembrava che stessimo solo investendo tempo e denaro in qualcosa che non dava quanto sperato, di modo che questa musica raggiungesse più ascoltatori possibile. Nei fatti, sembrava piuttosto l'opposto. Mi sentivo frustrato nel vedere questa improvvisa sterzata, combattendo senza successo per far funzionare le cose e prevedendo che gli artisti coinvolti avrebbero inevitabilmente sentito di non ricevere quanto gli spettasse, in termini di vendite e popolarità. Non è stata una decisione facile ma credo sia stata la migliore, avendomi permesso di dedicare più tempo alla mia musica."
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Dopo un primo album sull'americana Tympanik Audio, sei passato alla berlinese Ad Noiseam: cosa ti ha spinto a fare questo cambiamento e quali differenze hai riscontrato fra queste due ottime etichette?
"Beh, me lo chiedono spesso, quindi diciamo soltanto che ero fisicamente attratto da Nicolas (Chevreux, titolare della Ad Noiseam, di chiare origini francesi, nda), e poi il fatto che viviamo entrambi in Europa ci rende più facile avere i nostri momenti (ovviamente sta scherzando, infatti ridiamo entrambi di gusto, nda). Entrambe le etichette sono fantastiche, Paul e Nicolas hanno fatto del loro meglio per promuovere la mia musica, quindi è stata una scelta difficile. Ma non si può resistere al fascino francese, dico bene (...e si ritorna a ridere, nda)?"
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Un titolo come "No Land Called Home" sembra più suggerire uno stato mentale che non riferirsi ad un luogo fisico da chiamare casa nella vita reale: qual è il concetto che intendevi esprimere, e quale ruolo giocano i testi ed il meraviglioso artwork?
"Sono lieto che tu stia evidenziando la metafora, in opposto al concetto fisico che esprime la frase. La vedo in entrambi i modi: 'nessuna terra chiamata casa' si riferisce all'assenza di sicurezza, compassione e rispetto, sia in termini di confini geografici (religioni, costumi, società) che personali (libertà di parola, di espressione etc...). Credo che non necessariamente i fratelli parlino la stessa lingua, vestano allo stesso modo, credano alla stessa religione, agiscano in accordo con specifiche regole o chiamino la medesima terra casa propria. Apparteniamo al mondo, non ad alcuna nazione o ad alcun identificabile insieme di elementi. Vedere gli individui privati dei loro diritti più essenziali su base giornaliera ed i governi o gli schemi corporativi infliggere dolore ad intere nazioni è stato un significativo punto di partenza per quest'album. Non ho creato io testi ed artwork, quindi lascerei dire agli ascoltatori cosa questi aggiungano all'insieme."
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Come auspicavo, stavolta hai concesso molto più spazio alla voce di Katja: possiamo considerarla un membro permanente del progetto? Come organizzi il lavoro con lei, e cosa ritieni abbia portato nel tuo sound?
"Assolutamente, per rispondere alla tua prima domanda. È sempre stato piuttosto facile lavorare con lei: di solito mi assicuro che ci sia abbastanza spazio per la sua voce nelle tracce dove abbiamo concordato che canterà, dopodichè lei inizia a sperimentare linee vocali differenti sulle prime bozze sonore. Alla fine mi fornirà un piccolo numero di versioni differenti, e poi decideremo assieme quali andranno sul disco e quale debba essere l'approccio in termini di suoni e produzione, posizione nel mixaggio etc... È una procedura puramente collaborativa, e credo che la sua voce conferisca un tono unico e completamente differente alla musica."
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Uno dei brani più intensi e drammatici è senza dubbio "The Veil", cantato da Timothy N. Gregory: cosa puoi dirci di questa autentica sorpresa? Terrai sempre aperta una porta per collaborazioni di questo tipo in futuro?
"Stavo cercando una voce maschile evocativa e profonda, visto che volevo creare una traccia che sarebbe stata molto differente da quanto avessi mai fatto. Mi sono imbattuto nel canale YouTube di Timothy, dove lui normalmente pubblica video con le sue reinterpretazioni di molti amati brani musicali. Quella che ha catturato all'istante la mia attenzione è stata "Wake Up In New York" di Craig Armstrong, la sua versione era semplicemente sbalorditiva. Ho pensato che le probabilità fossero minime, ma che valesse la pena chiedergli se fosse interessato a lavorare con me per il mio nuovo album. Ed invece ha assolutamente accettato. Ogni cosa ha funzionato sorprendentemente bene. "The Veil" è sicuramente una delle tracce più emozionali e speciali del disco, sono orgoglioso di averla qui. Sebbene stia cercando di fare attenzione alle persone con cui lavoro, di certo farò ancora qualcosa con Timothy, restando sempre aperto alle collaborazioni con musicisti di ogni genere. Mi piace vedere la musica come un campo aperto dove tutti possono giocare la palla, fintanto che hanno voglia di correre. Lavorare con altra gente è affascinante, libera la tua mente, amplia i tuoi orizzonti personali e musicali."
"Apparteniamo al mondo, non ad alcuna nazione o ad alcun identificabile insieme di elementi. Vedere gli individui privati dei loro diritti più essenziali su base giornaliera ed i governi o gli schemi corporativi infliggere dolore ad intere nazioni è stato un significativo punto di partenza per quest'album..."
(Kostas K.)
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Le strutture IDM del debut "Approach" sembrano già appartenere al passato, mentre ora il tuo sound appare molto più organico, con te impegnato con chitarra, basso e percussioni (oltre ovviamente alla parte elettronica) e vari ospiti alle prese con violino, violoncello e clarinetto...
"Ad essere sincero, la musica elettronica non è mai riuscita a darmi le stesse profonde emozioni che quella fatta con strumenti reali mi dà. Pensavo che non sarei stato capace di esprimere i miei pensieri e sentimenti attraverso un suono prevalentemente elettronico. Inoltre vedo il processo di scrittura di un nuovo album come una grande opportunità per esplorare nuovi metodi di produzione e di songwriting, sarebbe impossibile per me scrivere un album identico ad "Approach". Puntavo a bilanciare la componente elettronica e quella acustica, e sebbene non sia sicuro di quanto sia riuscita la fusione delle due cose, in una certa misura un obiettivo personale è stato conseguito."
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Un disco così avvincente meritava una produzione degna di tal nome, e ci sei riuscito...
"Grazie Mille. È stato più o meno il risultato del duro lavoro e della sperimentazione in territori assolutamente sconosciuti, la prima volta che stavo veramente tentando di combinare elementi reali ed elettronici in maniera convincente. Ho dovuto fare qualche ricerca fra le colonne sonore, poi ho potuto sperimentare con ogni sorta di registrazione da studio o campionamento naturale e vedere come questi si sarebbero adattati ad un ambiente musicale da computer. Ci è voluto davvero tanto tempo affinché la musica avesse una qualche sorta di coesione. Nei primissimi mesi pensavo che l'intera cosa non avesse molto senso: stavo quasi per abbandonare quel tentativo e muovermi in una direzione puramente elettronica, ma è un bene che io sia il più testardo che esista quando si tratta di musica (lo dice sorridendo, nda)."
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Come si ripercuoteranno taluni consistenti cambiamenti sul vostro assetto live?
"Non ci saranno cambiamenti significativi. Katja canta nella maggior parte dei concerti, mentre io suono i synth e le percussioni tribali. Desidero espandere il progetto fino a farlo diventare un gruppo completo di performer, partendo dall'introduzione di un batterista e di un violoncellista. Al momento la cosa sembra impossibile, e questo per via della nostra fitta agenda e per il fatto che è più dura rimediare degli show come full band, piuttosto che per sole due persone. Sono sicuro che alla fine qualcosa verrà fuori, dando agli ascoltatori nuove sensazioni nei confronti della mia musica."
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Non sei solo un grande musicista, ma anche un talentuoso artista grafico: qual è la tua filosofia di lavoro in questo campo?
"Amo l'immagine e come la musica dia ad essa un significato completamente differente. Il mio viaggio nei colori, nei disegni e negli schizzi è iniziato molto prima di quello nella musica, quando spiegavo la mia immaginazione su carta. Apprezzo particolarmente quei registi ed artisti visuali che ampliano i propri limiti artistici implementando musica sperimentale nei loro lavori. La vita stessa è un viaggio audiovisivo, e credo che anche l'arte debba essere vista così. Al momento lavoro come grafico e designer freelance per vari clienti e, tempo permettendo, mi faccio carico di ogni progetto artistico che mi sembri interessante o bizzarro. Ho appena finito due nuovi artwork per l'act svizzero Stendeck ed uno per una compilation, e nel mentre lavoro al design di alcune pubblicità. Katja fornisce le sue bellissime fotografie per la maggior parte dei miei artwork, quindi stiamo considerando di lanciare l'intero progetto come una vera e propria agenzia di grafica e design, in un futuro non lontano."
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Dopo un lavoro così coraggioso e diverso dal resto come "No Land Called Home", quali scenari si aprono a livello artistico per Subheim? Aggiungerai altri strumenti, ad esempio?
"Ho una tendenza naturale verso gli strumenti a corde. Amo il violoncello, e spero di affidargli un ruolo più importante nei prossimi lavori. Essendo io stesso un chitarrista, mi piacerebbe incorporare più strumenti a corde pizzicate nella mia musica, come il banjo o il mandolino. Mi piace in particolare 'pasticciare' con strumenti provenienti da culture differenti, suonarli con stili diversi da quelli più comunemente utilizzati. Ad un certo punto mi ritrovo perso nelle esplorazioni tribali di Shpongle e nei devastanti momenti dei Godspeed You! Black Emperor, mentre subito dopo sto viaggiando coi suoni di Shostakovich, Arvo Pärt e Deaf Center. Qualsiasi cosa in qualsiasi posto può essere per me fonte d'influenza. Ho iniziato a scrivere nuovo materiale: alcuni dei nuovi brani sono davvero sperimentali, con rumori ed elementi neoclassici al fianco di field recordings e veri strumenti, mentre altri sono più strutturati, tipo dei pezzi musicali di ambient elettronica. Niente è certo riguardo al futuro, ma spero di ampliare la mia esplorazione sia in campo elettronico che in ambito acustico..."
http://www.subheim.com/
http://tympanikaudio.com/