02-12-2014
ANTICHILDLEAGUE
"The Son"
(Old Europa Cafe)
Time: (45:54)
Rating : 7
Gaya Donadio continua il suo irriverente excursus industriale tra ammiccamenti paganeggianti, ambientazioni sulfuree e riferimenti avversi alla prole. Se i presupposti concettuali rimangono i medesimi del debut "The Father" del 2008, a cambiare veste è il suono, che fornisce a "The Son" un profilo singolare e sicuramente più originale. La tortura acustica generata dalle distorsioni metalliche del primo lavoro lascia il posto ad un noise circolare e flebile, che tende a costruire giri ritmici lavorando su profili audio dimessi ma efficaci. Ne risulta un lavoro più d'atmosfera, capace di evitare l'attacco frontale per disegnare con colori analogici e consunti un panorama stregonesco. In ciò assume un ruolo fondamentale la voce di Gaya, mutevole e maligna quanto basta per creare in accoppiata con i tribalismi elettronici l'antro perfetto per un sabba elettronico. Buona parte delle tracce si basa su modalità compositive che mirano a sottrarre elementi ad un impianto generalmente ricco di furore, fino a creare scheletri sonori che avanzano nervosi. Solo in un paio di occasioni ("Gia's Invocation" e "Stand Still") vengono ripresi i vecchi deliri rumoristici, prima di sprofondare in un'analogica quanto ironica "Fairy Tale" che chiude i giochi. Gaya sfoggia quella personalità che veniva sin troppo nascosta nella classicità noise di "The Father", riallacciando il proprio operato a quello di vocalist tanto torbide quanto raffinate come Diamanda Galás, Freya Aswynn, Alzbeth e le Aghast, teso verso un'oscurità che solo l'universo femminile può generare. Peccato che non ci siano i testi, probabilmente anima di un album maturo e interessante, seconda parte di una trilogia che vedrà l'epilogo col conclusivo "Holy Ghost".
Michele Viali
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