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13-08-2012
DEVIATED SISTER TV
Armi di distrazione di massa
di Michele Viali
Nonostante l'apparenza e dei gusti musicali generalmente non all'avanguardia, l'Italia ha da sempre fornito alla scena power-electronics diversi nomi di grande importanza, alcuni dei quali hanno contribuito a creare il genere, altri a modificarlo ed aggiornarlo fino a farlo arrivare ai nostri giorni carico di una squassante freschezza mortuaria e feticista. Tra le leve più giovani meritano uno spazio a parte i Deviated Sister TV, che, come nella migliore tradizione, analizzano con ferocia elettro-acustica quei temi torbidi da cui prendono ispirazione, rimestando con divertimento nel fango e nella miseria umana, ovviamente usando i vecchi cari mezzi di comunicazione, ovvero le 'armi di distrazione di massa'. Mario e Alice ci spiegano soggetti e prospettive della loro rutilante creatura...
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Iniziamo la nostra chiacchierata dagli albori del progetto. Come nasce Deviated Sister TV e perché avete scelto questo nome?
Mario: "Il progetto nasce nel 2004. Inizialmente era solo una sperimentazione, un gioco, e non pensavamo di pubblicare nulla. Le prime registrazioni su cassetta (materiale inedito e che credo resterà tale) erano ore di collage di samples televisivi presi dalle fonti più disparate: telegiornali, film, canali statici, documentari, ecc... da qui la scelta del nome. Ci piaceva l'idea che la TV fosse un componente deviato della nostra famiglia: la nostra generazione è cresciuta, bene o male, con questo media di sottofondo alla propria esistenza. La scelta parentale della 'Sorella' è stata fatta per il suo duplice significato: quello genetico e quello religioso. Quindi la TV come parte integrante della famiglia, ma anche come sacerdotessa della nostra spiritualità, come educatrice distorta e deviata delle masse."
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Sul piano tematico i vostri brani affrontano deviazioni mentali e situazioni borderline dell'odierna società occidentale. Perché questo singolare interesse?
Alice: "Siamo sempre stati morbosamente attratti dalla devianza in ogni sua forma. Siamo particolarmente interessati e affascinati dal lato oscuro della nostra natura umana. Per questo motivo spesso prendiamo spunto da fatti di cronaca realmente accaduti. Ci sentiamo outsider dell'odierna società occidentale, e per questo, in qualche modo, siamo vicini ad ogni outsider delle storie che interpretiamo e di cui cerchiamo di indagare il lato introspettivo. Il nostro approccio non è mai giudicante: ogni 'mostro' è in realtà un uomo, un nostro simile. Ritengo che all'interno di ognuno di noi esista una componente oscura, una parte segreta e magari mostruosa che abbiamo imparato a controllare, ma che è comunque parte della natura umana. La violenza, il desiderio di sopraffazione, il sadismo, la perversione albergano più o meno passivamente dentro ogni essere umano. Talvolta il mostro si risveglia. Talvolta no. Di certo diffido molto di chi si nasconde dietro una spessa coltre di presunta e inespugnabile moralità, delle persone 'buone' e socialmente integrate. Quelli sono i mostri di cui ho davvero paura."
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Spiegaci esattamente che idea ti sei fatta della violenza, talvolta grottesca, che alberga nella nostra società e che dà linfa ai vostri lavori.
Alice: "La violenza, come ti dicevo, è parte del nostro lato oscuro. È una parte non socialmente accettabile, per questo tendiamo a celarla, ma essa è in noi e non possiamo prescindere da essa. Per quanto ci riguarda non crediamo che sia andata aumentando con i tempi, come molti sostengono. Ti basta leggere qualsiasi libro di storia per renderti conto che la violenza ha sempre accompagnato gli atteggiamenti umani. Sicuramente oggi fa maggior notizia, fa audience. Mostrare sugli schermi la malvagità degli altri ha un effetto, come dire, purificante per le masse... è il prete che assolve l'uomo comune dal suo piccolo peccato quotidiano, dalla sua miseria esistenziale, che addita lo scempio compiuto da qualcuno che non è lui, e la cui esistenza lo fa comunque sentire un po' migliore. Ma la violenza non ha radici unicamente sociali: c'è sempre stata, così come esiste nel regno animale e in tutto ciò che caratterizza la vita e l'essere. Dire o pensare che dietro ad ogni atto di violenza ci sia una causa sociale o familiare ci fa sentire tutti un po' immuni dal fatto che potrebbe succedere anche a noi, ci fa sentire al sicuro da noi stessi. Sicuramente l'ambiente sociale e familiare rivestono un ruolo importante nella crescita dell'individuo, questo è innegabile, ma l'essere umano non è un'equazione e stessi fattori possono dare diversi risultati. Ciò non toglie che stiamo assistendo ad un lento declino dell'umanità, e ciò è visibile non tanto dalla violenza dilagante, quanto dalla perdita di consistenza di ogni cosa che non sia strettamente legata al consumo e al possesso. È come se l'intera umanità si fosse arenata ad uno stato di mediocrità, pressapochismo, banalità e moralità usa e getta. Stiamo vivendo sulla nostra pelle l'inizio del nichilismo, ma devo dire che questo declino ha un suo fascino e non sono per niente scontenta di assistere a questo spettacolo degradante e unico, di un'umanità che rantola prima di spegnersi definitivamente o forse rinascere dalle sue ceneri."
"Ci piaceva l'idea che la TV fosse un componente deviato della nostra famiglia: la nostra generazione è cresciuta, bene o male, con questo media di sottofondo alla propria esistenza. La TV come parte integrante della famiglia, ma anche come sacerdotessa della nostra spiritualità, come educatrice distorta e deviata delle masse..."
(Mario)
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Nei vostri album tornano spesso i mezzi di comunicazione: riviste, televisione, cinema, spesso intesi come vettori di materiale sensazionalistico da dare in pasto ad un pubblico inebetito e assetato di temi macabro-pruriginosi. Sembra che voi vi poniate dinnanzi a ciò come degli entomologi divertiti... o sbaglio?
Mario: "Non ti sbagli assolutamente! Siamo sempre stati incuriositi e divertiti da come i mezzi di comunicazione arrivino alle masse e riescano ad influenzare le loro menti. Ogni parere personale delle persone che incontri per strada ha una firma 'illustre' di un giornalista italiano o, ben più spesso, di un opinionista televisivo con pantaloni in tinte sgargianti. È triste vedere come la gente abbia bisogno di qualcuno che pensi per loro. La televisione, poi, riesce a parlare di omicidi e delitti in maniera davvero grottesca, senza alcun rispetto per nessuno: per le vittime, per i parenti, per i carnefici e nemmeno per i telespettatori! Ogni volta che vedo un caso di cronaca nera trattato in televisione, mi diverte osservare come il linguaggio televisivo, che impone di intrattenere e spiegare le cose al telespettatore come se fosse un bambino di tre anni, riesca a creare situazioni paradossali e surreali. L'effetto finale sembra quello di qualcuno che spiega ad un bambino che la morte esiste senza indugiare sui particolari più morbosi ed efferati, ma che al contempo fa la morale e si indigna per quello che sta dicendo. Che dire... bellissimo! Al contrario di molti che detestano certe bassezze a cui siamo ormai abituati ad assistere, noi le troviamo spassosissime. E non solo... sono lo specchio di quel declino a cui tanto ci piace assistere... divoriamo chili di tv spazzatura e giornali trash, ed è anche da lì che traiamo spunto per la nostra musica."
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Avete dedicato il vostro ultimo lavoro alla rivista popolare Cronaca Vera: come si è sviluppata questa idea?
Mario: "Quello per Cronaca Vera è un amore che dura da parecchio tempo. Siamo sempre stati lettori assidui della rivista. Spesso giriamo mercatini dell'antiquariato alla ricerca di numeri storici, quelli degli anni '70 e '80. I titoli di alcuni articoli sono veramente geniali! È il ritratto di un'Italia in bianco e nero (...e rosso e giallo) violenta, morbosa, macabra e trash... un tributo era doveroso! Quando ci è poi capitato tra le mani un libro-raccolta di lettere dei lettori di Cronaca Vera mai pubblicate, ci siamo trovati di fronte ad uno spettacolo unico: non sapevamo che la rivista ricevesse migliaia e migliaia di lettere, alcune deliranti, altre tristi, talvolta solo degli scarabocchi, altre volte delle buste vuote, oppure cartoline, o addirittura cruciverba completati, disegni, simboli. Ci sono persone che scrivono a Cronaca Vera tutti i giorni. Ecco, quel libro ti mette di fronte ad una realtà fatta di persone che rappresentano un'Italia totalmente emarginata, di persone sole, che vivono esistenze misere e in totale isolamento dal resto del mondo, troppo veloce e indaffarato per prendersi cura dei propri 'scarti sociali'. Ecco: queste persone, per affermare la loro esistenza, scrivono a Cronaca Vera. Come un rito quotidiano, o un grido d'aiuto. Questo ci ha colpito davvero moltissimo, e l'amore per questa rivista, l'unica che è davvero in diretto contatto con la devianza sociale (anche quella dei suoi lettori) senza nessuna pretesa moralista o spocchia intellettualoide, si è ancora incrementato!"
Alice: "Siamo molto legati a questo lavoro. E' stato un 'parto' lungo. Abbiamo iniziato a lavorarci nel 2009, registrando parecchie tracce. Ogni volta che le ascoltavamo non ci convincevano, poi ne abbiamo selezionate alcune e le abbiamo tenute lì senza ascoltarle per molto tempo, e nel frattempo ogni tanto registravamo un nuovo pezzo in italiano, ispirati dagli articoli che leggevamo sulla rivista. Quando abbiamo riascoltato i pezzi del 2009 che non ci convincevano per riadattarli, ci siamo detti "Wow! Sono perfetti così!". Volevamo che tutto il lavoro avesse un suono sporco e grezzo, e così abbiamo aggiunto solo un paio di tracce nuove aggiungendoci le mie vocals."
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Il vostro primo album "The Coming Of The 1st Generation" era più orientato verso un noise ritmato non tanto distante da alcuni prodotti della Ant-Zen, per contro il successivo "A Deceptive Front" ed il nuovo "Cronaca Vera" sfoggiano sonorità più vicine alla power-electro e ad un certo classic-industrial. Come si è evoluto nel corso degli anni il vostro stile?
Alice: "Il nostro 'stile' è cambiato da album ad album perché quando pensiamo ad un lavoro nuovo ci concentriamo principalmente sul concept e, a seconda di esso, ci lasciamo condurre verso sonorità che riteniamo più adatte alla tematica trattata. Nel caso del primo album "The Coming Of The 1st Generation", avevamo scelto suoni ritmici e meccanizzati perché volevamo trattare il tema dell'avvento dell'elettronica di consumo e dell'alienazione provocata da essa sulle masse. In questo senso il suono doveva ricordare una specie di 'marcia trionfante', inumana e meccanica di queste 'armi di distrazione di massa'. A dire il vero non siamo molto legati a questo primo lavoro, perché lo consideriamo ancora parecchio immaturo e perché le strumentazioni che avevamo all'epoca erano ridotte veramente all'osso. Per quanto riguarda "A Deceptive Front", da questo lavoro iniziamo ad avvicinarci alle tematiche true crime a noi care. Il concept si focalizza sulla facciata ingannevole dietro la quale, invece, si celano mostri. Quel velo di perbenismo che maschera i più sordidi atti, mantenendo però una facciata di 'rispettabilità', almeno fino al momento della resa dei conti. Molti dei brani inseriti nel CD parlano di serial killer o altri insospettabili e pericolosi reietti della società, che all'apparenza sembravano 'delle così brave persone', come spesso si dice. È il caso ad esempio de "La Maledizione Di Leonarda", dedicata a Leonarda Cianciulli, una tenera vecchina che, per amore del figlio, uccise tre donne e fabbricò torte e sapone con i loro resti. Questo è anche il primo brano che ci vede usare l'italiano nei testi, ed è un pezzo al quale siamo molto legati. Musicalmente è il lavoro più eterogeneo, anche perché ogni traccia raccontava situazioni diverse per diversi stati d'animo. Per "Cronaca Vera" abbiamo infine scelto sonorità vicine alla power electronics di stampo italiano: Atrax Morgue, Progetto Morte e Teatro Satanico su tutti. Uno stile più sporco, più diretto, a tratti grottesco, che dipingesse il più possibile la stupenda follia della rivista."
"Cronaca Vera è il ritratto di un'Italia in bianco e nero violenta, morbosa, macabra e trash... Quando ci è capitato tra le mani un libro-raccolta di lettere dei lettori della rivista, ci siamo trovati di fronte ad uno spettacolo unico: quel libro ti mette di fronte ad una realtà di persone sole, che vivono esistenze misere e in totale isolamento dal resto del mondo, troppo veloce e indaffarato per prendersi cura dei propri 'scarti sociali'..."
(Mario)
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Avete dedicato uno split al b-movie "Tutti I Colori Del Buio". Quanto siete legati al cinema a tinte forti degli anni '70 e come ha influito sui vostri lavori?
Mario: "Con Emanuele (Toby Dammit) era nata l'idea di tributare il cinema di Sergio Martino. Siamo molto legati a pellicole come "Lo Strano Vizio Della Signora Wardh", "Il Tuo Vizio È Una Stanza Chiusa E Solo Io Ne Ho La Chiave", "Tutti I Colori Del Buio" e altri film italiani degli anni 70. È scontato dire che in quegli anni in Italia si producevano cose veramente interessanti e valide ed invece oggi sembra tutto morto, ma è tristemente così. Siamo grandi appassionati di cinema di genere, e non siamo certo nostalgici che guardano film che hanno un almeno un decennio alle spalle, anzi, ci piacciono un sacco di film recenti, sopratutto se 'osano'. Tuttavia i prodotti più interessanti da qualche tempo sembrano provenire più che altro dall'estero, e questo è triste! Attualmente vorremmo avere in Italia registi come Gaspar Noé, Fabrice Du Welz, Nicolas Winding Refn, per citarne alcuni, invece che i soliti malriusciti imitatori di Fulci, Argento & company. Quel cinema era adatto a quell'epoca, ed è irripetibile. Per non parlare poi del drammatico avvento delle commediole romantiche buoniste, dei film socialmente impegnati non si capisce bene in cosa e delle sviste intellettualoidi di alcuni che credono di essere maestri di altri. Un quadro triste, in cui anche il trash è diventato insopportabile (vedi cinepanettoni, fiction e affini)."
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Nel corso di quest'anno avete realizzato anche un nastro split con The Vomit Arsonist: cosa vi ha portato ad orientarvi sul tema della nascita, trattato ovviamente in maniera deviata?
Alice: "La tematica principale di "Post Partum" è la psicosi post-parto. Ci incuriosiva il processo patologico che porta una neo mamma ad essere ossessionata dal proprio bambino fino al punto di arrivare ad ucciderlo. Distruggere ciò che è stato generato, o meglio, distruggere una parte di sé, perché si ha la convinzione di non riuscire a prendersene cura, di non essere all'altezza di un compito così alto come quello di essere responsabili di un'altra esistenza. Di solito si associa sempre la nascita a qualcosa di positivo nella vita di una coppia, essa è vita che genera vita, quindi è estremamente drammatico quando questa esperienza è vissuta in maniera negativa, al punto da degenerare in sindromi depressive (molto più frequenti di quanto si pensi) o in psicosi. Ci siamo documentati parecchio sull'argomento e siamo rimasti colpiti da ciò a cui può portare questa ossessione patologica. Volevamo in fondo ribaltare il concetto di nascita come vita e concentrarci, come al solito, sulla sofferenza interiore che alberga nell'individuo, anche di fronte ad un avvenimento che dovrebbe essere meraviglioso. Infatti la nostra parte è focalizzata più sulla madre che sul bambino, più sulla morte che sulla nascita. Abbiamo usato sonorità più legate al death industrial che alla power electronics in senso stretto, utilizzando rumori di sottofondo come liquidi che ricordassero il grembo materno (prima prigione che ci isola dal mondo esterno), pulsazioni cardiache come simbolo di vita e morte, pianti di bambini che rammentassero che l'uomo viene al mondo soffrendo e ronzii di mosche che ci indicassero il tragico epilogo."
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Puoi dirci qualcosa riguardo la giovane etichetta Murderabilia?
Alice: "La Murderabilia Records è la nostra piccola etichetta indipendente. All'inizio pensavamo di utilizzarla unicamente al fine di autopromuoverci, sia come Deviated Sister TV che con il nostro progetto parallelo di harsh noise wall Dead Perfection. Poi siamo venuti in contatto con altri validissimi progetti che ci hanno sottoposto il loro materiale, e abbiamo deciso di fare le cose seriamente. L'idea di base delle uscite della Murderabilia Records è quella di promuovere progetti estremi, per sonorità e concept. La scelta di pubblicare tutto in tirature limitate risiede nel fatto che realizziamo tutto a mano, cercando di dare il più possibile un aspetto originale al packaging, quindi grosse tirature sarebbero ardue da realizzare. E poi anche per coerenza per il nome scelto: Murderabilia rimanda all'idea di collezione di qualcosa di malato e deviato! Devo dire che quando siamo partiti non ci aspettavamo molto, ormai il nostro ambiente musicale è saturo di etichette indipendenti ed è veramente difficile farsi notare, ma tutto sommato abbiamo trovato moltissimi sostenitori e abbiamo avuto modo di conoscere persone meravigliose con le quali abbiamo instaurato ottimi rapporti, e questo è già una gran cosa!"
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L'industrial ha da sempre associato una musica estrema a delle tematiche estreme: quali autori secondo voi sono riusciti ad unire nel modo migliore rumori e parole?
Mario: "In campo italiano, crediamo che il connubio Corbelli e Piano dei Progetto Morte sia stato qualcosa di grandioso! Walter ha scritto testi veramente estremi e la malattia che riuscivano a trasmettere è qualcosa di unico. So che Walter non ama molto la referenzialità, ma abbiamo molta stima artistica nei suoi confronti e non possiamo negarla."
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Personalmente trovo che abbiate forti affinità con vari progetti della scena power-electro, penso ad esempio a Wertham, Slogun, Taint e Atrax Morgue. Quali sono i nomi che più vi hanno influenzato nella composizione dei vostri album?
Mario: "Tutti i progetti che hai citato ci piacciono molto, è difficile dirti quali nomi ci influenzino nei lavori. Ascoltiamo molti generi estremi come la power electronics, l'harsh noise o il grindcore. Ci piacciono molte cose e alla fine è normale che qualcosa finisca per contaminare il nostro suono, ma quando lavoriamo su un concept più che altro siamo concentrati sugli stati d'animo che esso ci trasmette e, come ti dicevamo, questo ci porta a mutare di volta in volta il nostro stile."
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Quanto secondo voi è lecito spingersi oltre nella provocazione tipica del genere industrial? In altri termini: è lecito calcare la mano su argomenti disgustosi (vedi un autore come Peter Sotos), col rischio di subire un ostracismo anche da parte di chi segue il genere, o forse sarebbe meglio porre dei limiti anche a ciò che per definizione è scorretto?
Alice: "Oggigiorno, dopo tutto quello che è stato fatto da autori come Genesis P. Orridge, Peter Sotos e molti altri, è difficile sconvolgere gli ascoltatori di queste sonorità, abituati a contenuti estremi e provocazioni oltranziste. Tuttavia, nonostante il genere industrial si nutra di elementi shock fin dalla sua nascita ed oggi tutto sembra sia già stato fatto, soprattutto di fronte ad alcuni progetti power-electronics (mi vengono in mente per esempio Nicole 12 o altri progetti dell'egregio signor Aspa), si trovano molti che, pur appartenendo all'ambiente industrial, ed essendo vaccinatissimi alle provocazioni, si indignano e puntano il dito. Personalmente con il nostro progetto non ci interessa sconvolgere l'ascoltatore, ma solo affrontare tematiche e stati d'animo particolari, raccontare la devianza e la malattia, ma senza per forza usare la provocazione fine a sé stessa. Tuttavia non abbiamo niente contro chi lo fa. Anzi! Se qualcuno oggigiorno mette dei nuovi limiti morali o culturali al genere, beh, penso che il compito di un musicista industrial sia quello di infrangerli! E se nell'ambiente serpeggia ancora qualcuno che storce il naso quando sente i Whitehouse (e credo proprio che ce ne sia più di qualcuno), beh, meno male, vuol dire che c'è ancora modo di sconvolgere le persone, il che è davvero divertente. Alla fine sono proprio i benpensanti che alimentano il calderone delle shocking tactics, e quindi lunga vita a loro e a chi gli sbatte in faccia la miseria dell'umanità senza mezzi termini, senza nessun limite e senza censure."
"Se qualcuno oggigiorno mette dei nuovi limiti morali o culturali al genere, penso che il compito di un musicista industrial sia quello di infrangerli! E se nell'ambiente serpeggia ancora qualcuno che storce il naso quando sente i Whitehouse, beh, meno male, vuol dire che c'è ancora modo di sconvolgere le persone. Alla fine sono proprio i benpensanti che alimentano il calderone delle shocking tactics, e quindi lunga vita a loro e a chi gli sbatte in faccia la miseria dell'umanità senza mezzi termini, senza nessun limite e senza censure..."
(Alice)
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Vorrei concludere il nostro incontro chiedendovi un ricordo personale di due grandi autori della scena estrema italiana che ci hanno lasciato. Mi riferisco a Marco Corbelli/Atrax Morgue (i vostri album avrebbero ben figurato tra le uscite della sua Slaughter) e Pierpaolo Zoppo/Mauthausen Orchestra. "Cronaca Vera" risente anche del loro esempio compositivo.
Mario: "Ti ringraziamo per il complimento! Siamo cresciuti artisticamente ascoltando le produzioni della Slaughter. Marco e Pierpaolo sono stati due grandi anime per il panorama italiano, non abbiamo mai avuto modo di conoscerli personalmente, ma conosciamo molto bene i loro lavori e crediamo che il loro stile, assieme a quello di altri nomi come Maurizio Bianchi, The Sodality e Teatro Satanico, abbiano contribuito a creare una scena italiana industrial/power electronics amata e rispettata in tutto il mondo, e questo, da italiani, ci rende orgogliosi!"
http://deviatedsistertv.bandcamp.com/
http://murderabiliarec.blogspot.it/