28-04-2010
KHAMSA KHALA
"All Rites Reversed"
(Lens Records)
Time: CD (48:12) DVD (44:10)
Rating : 7
Al centro delle architetture di questo ennesimo, particolare combo di natura elettronica, il Marocco. Don Poe (il cui unico progetto precedente, Deathpile, è sconosciuto al nostro pubblico) e Neville Harson (i sei album con i Mandible Chatter lo identificano meglio per un ambito sperimentale) insieme scelgono di dare un'impronta - che ha il valore del dono - alla musica mediorientale, che entra con prepotenza nel loro campo di ricerca elettronica. La fusione potrebbe apparire estrema e senza senso per la provenienza statunitense dei due, eppure proprio nel loro stato, il Colorado, nascono le affinità tra le due culture, perlomeno geografiche. Quindi i canyon e gli wadi sono percorsi simili e serpentiformi tra monti affini nella potenza della roccia nuda, spesso rossa o viva di ocre scure. Landscapes sommi e trascendenti nelle solitudini esistenti tra le vette del Colorado come dell'Atlante marocchino, che però ha il vantaggio di poter essere fruibile ed ispirante a chi, tra le rade forme di vegetazione, può raccogliere sogni, esperienze, viaggi al limite dell'immaginario. Questo è il valore cardinale di "All Rites Reversed": un viaggio tra valli, deserti, villaggi, suq, culture marocchine. Il DVD allegato è testimonianza ancor prima di essere arte visiva, fedele al viaggio, fedele ai viaggiatori. Marrakesch e le sue folle, i bazar, il mercato degli animali con incantatori di serpenti, la solitudine delle trasferte tra paesaggi desolati, polverosi, incontri con popoli berberi e su tutto i suoni di questo paese, suoni che passando dalle riprese visibili nel formato DVD diventano materiale di estensione al sound composto nell'album. Una vera contaminazione che porta il bagaglio di un suono etnico 'caricato' da samples affini alla tradizione elettronica di matrice esoterica, vagamente industriale ma retrodatata negli anni dei Cabaret Voltaire, o dei Throbbing Gristle. "Buried Circle" e "Bahrat" aprono l'ascolto incastrando le percussioni locali, i sonagli, i fiati aspri con loop digitali carichi di una trance azzeccatissima nelle lisergie marocchine. Voci e percussioni che invadono "Suq", brano cui manca solamente la possibilità di percepire gli odori all'atmosfera di location polverosa, asfissiante tra piccole viuzze in cui suoni e trattative diventano la musica di un popolo che in queste forme diviene anche arte; la musica sempre su loop pertinenti e ripetuti, 'drogata' nei canoni. "Auliya" è invece il momento di massima orchestrazione, grazie anche al contributo di Dawn Storm nel generare ipnosi percussive e sessioni di batteria collocabili tra l'acid-jazz o il prog. In mezzo ai timbri l'oud, per suoni e forma simile al liuto rinascimentale e di tipico impiego nella musica araba, suonato da Seva Bears. Ariana Saraha (evidente l'anagramma con Sahara...) vocalizza in vibrati che conducono sempre ed unicamente verso quegli effetti acustici, percorsi, cercati, velati in ogni brano dell'album. Se spesso vi sembrerà un sound cupo ed aggressivo, teso e nevrotico, ricordate sempre che nasce in territori aspri e di apparenza maschile, eppure anche un'oasi può materializzarsi tra i solchi e diventare il dolcissimo finale arpeggiato, quasi idilliaco; "Sayeeda", ancora tramite l'uso dell'oud, diventa una morbida, conclusiva tappa di un viaggio condotto in regioni apparentemente ostili, sicuramente incantatrici, che grazie all'opera di due artisti americani trovano una collocazione etnica all'interno di ambienti non solamente legati a percorsi geografici o documentaristici. Un'altra offerta di Lens Records che ci ricorda che l'adagiarsi sui risultati conseguiti non è la politica adottata nella label di Chicago, entità discografica credibile proprio grazie al suo roster così differenziato, partner per viaggi anche sintetici ma di natura globale, non globalizzata.
Nicola Tenani
http://www.myspace.com/khamsakhala