14-05-2011
TYSKE LUDDER
"Diaspora"
(Black Rain/Audioglobe)
Time: (74:31)
Rating : 7
Fra i tanti comeback di gruppi EBM degli anni '90, quello dei tedeschi Tyske Ludder - avvenuto nel 2006 con l'album "Sojus" - si è rivelato uno dei più credibili, in particolar modo col successivo e penultimo full-length "Anonymous", che due anni or sono diede un bello scossone all'intera scena. Tornato in auge a pieno titolo, il trio ci offre oggi il quinto album di una storia iniziata nel lontano 1990, allorquando i Nostri si formarono, debuttando ufficialmente quattro anni dopo. Se era chiaro che non sarebbe stato facile bissare i fasti di un disco della compattezza di "Anonymous", c'è da dire che l'aver portato il minutaggio ben oltre i 70 minuti non si è rivelata la più felice delle scelte, dal momento che l'intero lavoro finisce per viaggiare a corrente alternata. Gli elementi vincenti del sound della band (la tipica voce cruda e cavernosa, la solidità tipicamente EBM delle ritmiche, una produzione incisiva e l'orecchiabilità delle penetranti melodie dark-electro) non sono certo venuti meno, ma questa reiterazione ampliata della formula compositiva ha portato all'inclusione di momenti sin troppo ordinari per imporsi con la dovuta efficacia, ed in taluni casi persino troppo leggeri all'altezza dei refrain. Episodi come "Eugenix", "Wallfahrt", la title-track, "Über Euch" e "Reiscräcker", pur fornendo il giusto groove per le piste, sfilano senza particolari sussulti, così come i due remix conclusivi a firma Northborne e Sebastian Hartmann, mentre un esperimento come la bizzarra "For Their Glory", concretizzato assieme a Jay Smith (Deviant UK), lascia il tempo che trova... Discorso ben diverso per la dinamica e incalzante "Tempelberg" (forte di ottimi orpelli sinfonici), la groovy e penetrante "Der Androgyne Held" (con una chitarra molto ben dosata), la rocciosa "Konstanzphänomen", la macchinosa e minacciosa "Nur Ein Traum", la più moderata ed oscura "R.A.S.S." e l'ottima cover di "Merciless" (storico brano dei Tilt! datato 1990), tutti episodi degni della fama e della solidità strutturale di una band che, sin dal suo ritorno, ha saputo coniugare al meglio l'impatto fisico e muscolare dell'EBM in chiave dancefloor con l'oscura ruvidità delle avvincenti trame dark-electro. Un piccolo passo indietro, dovuto alla sovrabbondanza di materiale e, soprattutto, alla netta alternanza fra brani riusciti ed episodi trascurabili, per un'opera discontinua, eccessivamente votata a soddisfare i club e, di conseguenza, priva di grosse varianti: difficile digerire appieno una prova così lunga e dispersiva, ma di materiale per soddisfare i gusti degli aficionados ce n'è, e a molti ciò basterà.
Roberto Alessandro Filippozzi