17-04-2013
TERMINAL STATE
"Illegal Space Activity"
(Electro Aggression Records)
Time: CD 1 (77:11); CD 2 (77:29)
Rating : 8
Se è verissimo che "a volte ritornano", allora questo luogo comune è quanto di più indicato per introdurre la ricomparsa degli slovacchi Terminal State, il cui debut album "Unline Codes" usciva nel lontano 2000 per l'ormai defunta Broken Seal. Un silenzio discografico durato 13 lunghi anni, durante i quali il frontman e leader Conrad Hook si è ritrovato orfano del co-fondatore Bin@ry Runner ed in seguito affiancato dal subentrato Minor, e con ben due lavori ("Synthetic Red River" e "Strange Horizons") che non hanno mai visto l'annunciata pubblicazione simultanea nel formato doppio CD... Immaginiamo che in pochi ricordino la fugace apparizione del 2000, ma chi ebbe la fortuna di ascoltare "Unline Codes" ricorderà senz'altro dei validi ed agguerriti interpreti della lezione dei Front Line Assembly, autori di un disco squisitamente stratificato e carico della potenza di ritmi solidi e chitarre iper-compresse. Terminal State nasce nel 1992, ed è normale che il sound dei Nostri si rifaccia ancora oggi a quelle caratteristiche di rocciosa durezza, minacciosa ruvidità, apocalittici crescendo ritmici e gelo atmosferico della scuola dark-electro ed EBM degli anni '90, quando il lavoro di costruzione ritmico/melodica era una cosa ben più seria di quanto avviene al giorno d'oggi. E se esiste un'intera frangia di pubblico che quel glorioso tipo di elettronica la brama ancora oggi, allora è sacrosanto che trovino gloria gruppi come Terminal State, che sono la migliore eredità di quel periodo aureo. Ma non si illuda chi immagina uno di quegli act per cui il tempo si è fermato, perché il duo in questi lunghi anni ha saputo affinare il proprio stile inglobando con grande intelligenza soluzioni anche moderne, portando il proprio sound ad un livello nettamente superiore in senso globale, a partire dall'eccellente lavoro di produzione. Con la chitarra quasi sparita rispetto al largo utilizzo che se ne fece sul debut, i Nostri trovano nuova possanza in un tessuto ritmico sempre capace di fornire il giusto impatto, mentre le stratificazioni melodiche godono ora di una raffinatezza tutta nuova, con sullo sfondo una coltre scura che è la base ideale per le consuete vocals iper-effettate di Conrad Hook, nel fatidico stile distorto e tagliente di scuola electro-industrial. Il fantascientifico concept appare evidente già dalla copertina, ed in seno ad esso prende corpo la nuova fatica, che colpisce per la sua muscolare compattezza, per la sua incisiva possanza e per la ricchezza delle soluzioni impiegate, dalla cibernetica introduzione strumentale "Perished" alle movenze più moderate della conclusiva "Natural City". Nella grande varietà ritmica sciorinata in lungo e in largo il groove non abbandona mai questi abili ed esperti manipolatori di macchine, che nonostante i ben 77 minuti dell'opera non mollano mai il colpo, sfoderando una completezza ed una sicurezza dei propri mezzi davvero invidiabili. In un lavoro che funziona pienamente colpiscono in special modo episodi quali "Fatalist" (muscoli, classe ed atmosfera all'interno di strutture squisitamente 90s), la solida e incalzante "Ultraviolet Coma", la vorticosa e cattiva "My Blood" o momenti che puntano ai dancefloor più oscuri come la dura e muscolare "Last Prophecy" o quella "Andromeda" che, senza tanti fronzoli, 'spacca' senza remore col suo duro e irresistibile ritmo. Questo per quanto attiene al nuovo album, ma la release si compone di un secondo CD a titolo "Trespassed Area 53", che porta il minutaggio complessivo a sfiorare quota 155 minuti con una sequenza di remix ed ulteriori brani originali. Aprono sei remix per altrettanti episodi di "Illegal Space Activity", tutti di buon livello, con bei risultati offerti soprattutto da Jihad, Brain Leisure (anche autore del mastering dell'album) e dagli stessi Terminal State, che ridisegnano il piglio da club di "Andromeda". Fra i 6 brani originali che chiudono il dischetto si scorgono titoli già noti (qualcosa viene ripescato da "Unline Codes"), ma appare evidente come questo materiale sia stato ripreso e rielaborato a dovere, al punto che se da un lato magari sarebbe stato improprio includerlo nel nuovo album, dall'altro la qualità espressa non è certo inferiore. La già nota "Under Control" è la summa del suono dei Terminal State: macchinosa ed apocalittica, si fa poi più ritmata, dura, cupa e sofferta, sfoderando suoni gelidi di enorme raffinatezza. Bene anche il nervosismo minaccioso di "Infra Mental" e "Kings From The Sky", prima che "Digging Deep" (uno dei parecchi strumentali proposti, a testimonianza di come l'espressività del suono sia importante per la band) chiuda i giochi con le sue misteriose e scure atmosfere cosmiche e le sue eleganti evoluzioni IDM/electro. Un ritorno ricchissimo e sontuoso (unico limite: una veste grafica troppo spartana nell'esiguo booklet di quattro pagine) per un act che, con le sue evidenti abilità, la giusta consapevolezza dei propri mezzi e il grande estro realizzativo, riesce ad aggiornare e a portare ad un nuovo livello l'eredità della scuola dei 90s, coadiuvando gli stessi maestri indiscussi Front Line Assembly nel difficile compito di dare un futuro ad un suono che non vuole crogiolarsi in un autoreferenziale revivalismo fine a sé stesso, come avvenuto per certa EBM di derivazione 80s. Onore alla Electro Aggression Records, che del recupero di certe sonorità sta diventando un'autentica paladina nel panorama discografico, e che riportando in auge i Terminal State mette a segno un gran bel colpo. Imperdibile per chi non si è piegato alla cafoneria dei Nachtmahr, ma dall'elettronica a tinte scure esige ancora spessore e consistenza, come era prassi nei gloriosi 90s.
Roberto Alessandro Filippozzi
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