10-03-2012
INTEGRAL
"The Past Is My Shadow"
(Tympanik Audio)
Time: CD 1 (72:46); CD 2 (55:10)
Rating : 7.5
Se dopo un debutto notevole come "Rise", pubblicato nell'estate del 2008, gli Integral hanno deciso di tornare sulle scene non con l'atteso nuovo album, bensì con una corposa raccolta di inediti creati e registrati fra il 2002 ed il 2006, deve esserci sicuramente stato un buon motivo... A dirla tutta, nei quasi 130 minuti di musica raccolti nei due dischetti (racchiusi nella pregiata confezione digifile apribile) di motivi se ne trovano a iosa, e tutti evidenti, ad ulteriore riprova dell'ammirevole lungimiranza della sempre più infallibile Tympanik Audio, che bene ha fatto a supportare il duo tedesco in questa operazione di recupero di materiale che rischiava di rimanere confinato in un hard disk. Di "Rise" ci aveva colpito la profondità di una IDM liquida e sinuosamente elegante, melodica e raffinata, nonché la capacità da parte di David Rotter e Rafael Milatz nel variare le atmosfere e nell'innescare inesorabili crescendo strumentali. Ben diversi, e per più ragioni, i brani creati in precedenza, quando il duo non aveva ancora chiara la direzione da intraprendere e non possedeva ancora le giuste cognizioni tecniche, in accordo con quanto gli stessi protagonisti scrivono nelle note interne alla confezione, ritenendo comunque l'opera in esame il loro vero album di debutto. Nonostante queste premesse, il suono delle 18 tracce che compongono l'opera risulta tutt'altro che immaturo, e questo a prescindere dall'accurato lavoro di mastering curato da Angelos Liaros (l'ottimo Mobthrow): senza dubbio le architetture sonore di "Rise" risultano meglio definite e focalizzate, ma l'abilità nel ricreare scenari ed emozioni, incastrando suoni con grande classe, evidentemente non è mai mancata ai Nostri. Senza dubbio quello del passato era un suono più sfaccettato, capace di toni sinfonici come di incursioni tribal ed un retrogusto spesso e volentieri etnico, fra iniezioni di jazz ed abrasioni industrialoidi, cori angelici e campionamenti, parti vocali ed incursioni ambientali, non senza l'apporto muscolare della componente elettronica nelle progressioni ritmiche. Quel che piace, e tanto, è un intreccio decisamente più organico nella resa sonora rispetto alla media del genere, combinato al prezioso apporto del violino di Miko Mikulicz (indispensabile alla piena riuscita di quel magnifico turbine di suoni nell'oscurità che è "Atakama") e della tabla, che lo stesso Rotter utilizza in un momento dal titolo emblematico come "Synthie Raga", che sollazzerà chi si diletta con le sonorità indiane. Ciò che è senza dubbio stato un marchio di fabbrica sin dal principio per gli Integral è quell'innata capacità nel tessere i propri crescendo strumentali, con calma e senza mai perdere il pieno controllo delle operazioni. Si noti poi, nonostante la maggior varietà di soluzioni impiegate, che la tracklist scorre bene, senza mai risultare sfilacciata: pathos ed intensità sono una costante, col momento culminante rappresentato dal battito dance, dai grandi suoni e dall'oscurità industriale di "Die Revolution Des Verstandes". Più emozioni nel primo dischetto (che contiene anche "Pop Realtà", giocata sullo spoken word in italiano dell'ospite Mosè De Carlo) rispetto al secondo, senza comunque alcun vero cedimento strutturale o momenti di stanca, per una raccolta di inediti baciata dall'eclettismo onesto e maturo dei Nostri, evidentemente forniti da tempo della classe che necessita per fare buona musica. Un recupero importante per quelli che sono stati i primi veri passi del duo, col fondato 'pericolo' che a qualcuno tutto ciò piaccia anche più del ben accolto "Rise".
Roberto Alessandro Filippozzi