10-01-2012
AUTODAFEH
"Act Of Faith"
(Scanner)
Time: (46:58)
Rating : 6.5
Trascorso un anno e mezzo dal precedente e valido "Identity Unknown", il trio svedese si presenta all'atteso appuntamento col terzo album, forte di un deal europeo con la Scanner. Nei quattro anni di esistenza la band si è conquistata una solida reputazione a colpi di ebm vecchia scuola, come noto fortemente debitrice nei confronti di pesi massimi come Front 242 e Nitzer Ebb, ma ciò che ha permesso a Mika Rossi e soci di surclassare tanta agguerrita concorrenza (soprattutto mitteleuropea) è stato un songwriting più dinamico e completo, come il precedente opus ha ribadito. Consensi sin qui meritati, dunque, ma oggi siamo al fatidico giro di boa del terzo album per il combo scandinavo, quello che deve far registrare una svolta significativa, ed i Nostri sembrano rimasti fermi alla tappa precedente... Mettiamo subito i puntini sulle 'i': la produzione rimane ottimale e corposa, il groove non abbandona mai, bassline e ritmi sono un tripudio di fisicità, l'abilità nel variare i ritmi permane e le vocals di Mika continuano ad essere accattivanti (specialmente all'altezza dei buoni refrain). E allora cosa c'è che non va? Tecnicamente nulla, tant'è che i Nostri si mantengono una spanna al di sopra della (nostalgica) concorrenza, ma è altresì vero che un reale cambio di passo rispetto al precedente capitolo non c'è stato, salvo leggere e fisiologiche 'limature'. Ora poderosi, ora scoppiettanti, ora più cadenzati, i tre si limitano a fare ciò che sanno fare meglio, senza correre alcun tipo di rischio, ed è questo il vero limite di "Act Of Faith". D'accordo, non è questo il genere in cui l'innovazione è dietro l'angolo, ma i gruppi più 'esposti' del settore hanno il dovere morale di cercare nuove vie per andare oltre le intuizioni dei propri numi tutelari, e francamente questa volontà la si avverte solo nell'interessante "Promises", mentre la presenza di due song già edite - le pregevoli "Fuel Of Fire" e "Divided We Fall" - 'aggiornate' al 2011 è un sintomo di come inizino a mancare gli sbocchi creativi. "Act Of Faith" rimane di per sé un lavoro solido ed estremamente funzionale per chi ama la fisicità della vecchia scuola, ma dai nomi più quotati è doveroso attendersi quel qualcosa in più che segni un netto divario con chi sta dietro: i Dupont ci sono riusciti col loro eccellente "Entering The Ice Age", ed anche gli Autodafeh faranno bene a trovare presto una nuova quadratura del cerchio, se vogliono davvero lasciare un segno permanente.
Roberto Alessandro Filippozzi