29-01-2012
CHRISTMAS BALL FESTIVAL
FRONT 242 + Hocico + Combichrist + Klinik + Solitary Experiments
Berlino, Huxley's Neue Welt, 29/12/2011
di Ilaria Mariotto
foto Ilaria Mariotto
Setlist SOLITARY EXPERIMENTS:
Glory And Honour (15th anniversary remix)
Delight
Rise And Fall
Homesick
Pale Candle Light
Immortal
New song
Setlist KLINIK:
Cold As Ice
Walking With Shadows
Hours And Hours
Obsession
Moving Hands
Black Leather
Memories
Quiet In The Room
Mindswitch
Murder
Setlist COMBICHRIST:
Blut Royale
Throat Full Of Glass
What The F*** Is Wrong With You People?
Follow The Trail Of Blood
Fuck Machine
Never Surrender
Shut Up And Swallow
Slave To Machine
Just Like Me
Today I Woke To The Rain Of Blood
Get Your Body Beat
They
Fuck That Shit
Setlist HOCICO:
Untold Blasphemies
Bloodshed
Bite Me!
Dog Eat Dog
Instincts Of Perversion
Born To Be Heated
Spirits Of Crime
Breathe Me Tonight
About A Dead
Where Words Fail Hate Speaks
Poltergeist
Altered States
Tiempos De Furia
Setlist FRONT 242:
Headhunter
Master It
Don't Crash
Lovely Day
In Rhythmus Bleiben
Welcome To Paradise
Religion
Kommando X
U-Men
Moldavia
Take One
Body To Body
Shout It Loud
Punish Your Machine
Arriviamo all'Huxley's Neue Welt di Berlino una mezz'ora prima dell'inizio del festival. Il locale si trova ad un minuto a piedi dalla fermata dell'U-Bahn di Hermann Platz. All'esterno c'è molta gente, ma quella che sembra una lunga, interminabile fila viene smaltita in pochi minuti. Il locale è gremito, le luci soffuse. La sede della quinta edizione del Christmas Ball Festival rispecchia tutte le migliori aspettative. Oltre ad un'ampia platea, a fondo sala si trova pure una tribuna, con gli spalti che offrono una visuale dall'alto del palco. La cornice di pubblico è quella delle migliori occasioni e, ancora una volta, la scena teutonica dimostra la sua indiscutibile superiorità e competenza: nessun eccesso estetico, abbigliamento sobrio, minimo, nessun tipo di ostentazione, solo nordica compostezza e la voglia di assistere ad un evento che si spera indimenticabile. Una buona birra ci accompagna sino al momento in cui si spengono le luci, e sul palco, a introdurre l'ultima tappa di questo festival itinerante, sale Andy Kruger, voce e mente dei Melotron.
Aprono le danze i SOLITARY EXPERIMENTS. Il terzetto tedesco (più un batterista per i live) si presenta con le ormai consuete divise: camicia rossa e cravatta nera marchiata con il logo della band. Le canzoni scelte sono per lo più tratte dagli ultimi album, e sebbene venga suonato anche qualche brano degli anni passati (ma non del primissimo periodo) come "Delight" e "Pale Candle Light", il gruppo risulta tutt'altro che convincente. Manca di verve, e l'impatto sul pubblico non sembra smentire la mia impressione. Nessuna ressa sotto il palco per accaparrarsi le prime file, pubblico distratto, scettico o poco coinvolto. Schober, Thielemann e Graeber, che peraltro hanno celebrato nel 2010 il quindicesimo anniversario dalla fondazione di SE, inanellano infatti una serie di scialbi pezzi electro-synthpop, corroborando l'impressione che ebbi lo scorso anno in occasione di un altro loro live: quel minimo di afflato artistico che li ha resi famosi è andato definitivamente perduto, e il fatto di puntare molto più sull'estetica che sulla sostanza della composizione musicale ne è, a mio modo di vedere, la definitiva riprova.
A cambiare le sorti della serata ci pensano i KLINIK. Dirk Ivens (per l'occasione bendato e in black leather) sul palco sa dare il meglio di sé: un animale in gabbia, ma lucido, freddo, determinato. Ad affiancarlo non c'è lo storico Marc Verhaeghen (per i ben noti problemi di salute), bensì Peter Mastbooms, considerabile ormai terzo membro effettivo del gruppo, sebbene appaia solamente durante i live. Lo spettacolo è intenso e coinvolgente e, anche se la scelta delle canzoni resta più o meno sempre la stessa, i grandi vecchi classici come "Cold As Ice", "Moving Hand", "Black Leather" (appunto), "Memories" e "Walking With Shadows" sono da pelle d'oca e risuonano nell'aria come degli inni ad un tempo ormai scomparso, scandendo tappe fondamentali per la scena dark/alectro/EBM belga e internazionale. Una band estremamente comunicativa ed essenziale. Un monumento.
Terzo gruppo a salire sul palco sono i COMBICHRIST, i quali, confermando le aspettative, regalano un live travolgente, spietato, apocalittico. Eccellente band, e sebbene su disco non sia mai riuscita ad affezionarmi molto al loro disordine sonoro, sul palco si dimostrano delle macchine da guerra, sia dal punto di vista dell'impatto estetico che da quello della valorizzazione dei propri brani. Le due batterie ai lati del palco marcano incessantemente il ritmo e lo statuario frontman Andy LaPlegua, assieme al nuovo chitarrista, pensa a tutto il resto. Performance potente e viscerale, un muro sonoro senza eguali (ricordo solo i Feindflug - invero decisamente più talentuosi, ma non è il caso di soffermarsi su questa evidenza - in grado di aggredire così violentemente la platea). Pubblico in delirio. Unica pecca, purtroppo abbastanza importante, sono i volumi eccessivi e un missaggio pressappochista che, lungi dal rimarcare le peculiarità della band, confondono un po' i suoni, impedendo di apprezzare appieno la struttura dei brani.
Seguono gli HOCICO, i due cugini messicani, fondatori e membri originari del progetto electro/industrial nato nel 1993. Un buon live il loro, sebbene non sia stata scelta nessuna canzone dai primi, ottimi lavori. Coreografie abbastanza 'sobrie' (in rapporto a quanto normalmente sfoggiato) per Erk Aicrag (Erik Garcia) e Racso Agroyam (Oscar Mayorga), che comunque non disdegnano l'uno la classica divisa da combattente di un'altra era, l'altro la pallida, emaciata immobilità, tanto più evidente quanto più incalzante è la musica che sprigiona dai suoi strumenti. La loro EBM/aggrotech è sempre assai interessante dal punto di vista ritmico, aggressiva e ricercata, sanguigna, oscura e intessuta di quelle rimembranze tribali che sono divenute il marchio di fabbrica del duo sudamericano. Non sono un'amante degli eccessi gotici né tantomeno del cantato harsh, ma devo ammettere che sul palco il 'sangre hirviente' del duo (pur non colando a fiumi da coppe di avorio, come spesso accade durante i loro spettacoli) sprigiona tutta la sua coinvolgente inquietudine. Non è proprio la mia tazza di te, ma questa volta ho sorseggiato abbastanza volentieri.
È già passata la mezzanotte quando giunge il momento dei FRONT 242. Un'attesa del tutto meritata. Il gruppo è al completo, compreso il genio Bressanutti al mixer, affiancato dall'ormai mitico e immancabile Evil.E nel ruolo di tecnico del suono. Jean-Luc De Meyer e Richard 23 sono al top della forma. Esibizione elegante, nonostante i suoni aggiornati non rendano pienamente giustizia agli inventori dell'Electro Body Music. Il pubblico, come sempre, partecipa cantando e ballando. Impossibile annoiarsi ad un loro live. Questi sono dei musicisti veri, dei veri sperimentatori. Hanno fatto il loro tempo, è vero, ma vi è un abisso tra la loro performance e quella di chiunque altro sia salito su quel palco. Vengono tralasciate alcune hit come "Funkahdafi", "No Shuffle", "Operating Tracks", "Never Stop", "Kampfbereit", "Rhythm Of Time" e "Quite Unusual", un vero peccato per certi versi, ma per il resto ci sono tutte le varie "Headhunter", "Welcome To Paradise", "U-men" ecc. Qualcuno si lamenta per la mancanza di questa o quella (master)hit, ma i pezzi eccelsi sono talmente tanti che non è possibile accontentare le aspettative di tutti. Purtroppo esistono anche delle tempistiche da rispettare, e di conseguenza delle scelte obbligate. Vero è che una volta saliti sul palco vorresti che non smettessero mai. Certo, ad essere obiettivi non ci si può aspettare di rivivere quegli scioccanti anni quando "Geography" cambiava per sempre il mondo dell'elettronica, né di risentire (come invece miracolosamente accaduto durante la loro performance romana nel 2010) i suoni di "No Comment" o di "Front By Front", che ormai solo i vecchi vinili sanno riprodurre, ma le strutture dei loro brani restano delle piccole perle e gli Zwei-Vier-Zwei, per una buona oretta, fanno confliggere 'body to body' il migliaio (decina più, decina meno) di persone che si accalcano sotto il palco.
Si spengono le luci e l'Huxley lentamente si svuota. Ciò che resta è il ricordo di una serata organizzata con cura e professionalità ed una line-up di qualità. Un appuntamento, a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno, da ricordare e da tenere sicuramente in considerazione.