Prima di tutto quoto le osservazioni coerenti del Direttore. E su questo tema, se possibile, non risponderò altro.
Poi: Questa discussione incomincia con Dave che cita 20.0000 istituti che il governo avrebbe tagliato e distrutto e poi non è avvenuto.
@Raindog: arrivi a un certo punto e ammetti che forse qualcuno di quegli enti andava un po' a rilento e c'erano 'clientele' o forse nelle 'fondazioni' c'è qualcuno che ci marcia (io lo penso, ma lo dici tu) poi dici ti preoccupano di più i tagli ad altre cose (alle regioni in primis) perchè "non vorrei si traducessero in aumenti dei ticket sanitari o delle addizionali regionali."
Allora Ti ho mostrato dove sprecano milioni alcune regioni, la cosa è un vero schifo ma visto che toccano regioni di sinistra "non può essere vero", metti in dubbio i tg Rai e 'il Giornale' anche se riporta fatti. Scrivi al Giornale. Te le cerchi tu le fonti, che di solito indico. Tanto poi non sono sicuramente vere.
Così come ti pareva strano all'altra pagina l'idea che le coopcostruzioni rosse ricoprano l'Italia di obbrobbri in stile soviet. Come che li avessi visti solo io. Mai stato in periferia? Ma se è dagli anni 60 che lo fanno? Inutile allora parlare di nulla in queste condizioni, se si nega anche l'esistenza di palazzi.
_per quanto riguarda le opere 'd'arte' citate nel video sopra, (non vedo perchè sorvolare sulla natura del blog, pare anche abbastanza frequentato, quindi segnala almeno che gente scontenta ce n'è..io mi sto pure a sciroppare le uscite tue e di Dave) ti assicuro che sono orrende, e l'arte contemporanea che nemmeno a me fa impazzire, sa essere meglio. E non vedo perchè "non poter giudicare l'arte contemporanea". Mica è tabù. Se una cosa è urranda è urranda e basta.
MA Soprattutto c'è 1 differenza fondamentale: tra quelli da te citati, Picasso (ancora accettabile), Fontana o mettiamoci anche la merda d'artista (Piero Manzoni) stanno in museo, li puoi vedere o no,
INVECE queste 'installazioni' dei comuni sopracitati sono a cielo aperto, ce le dobbiamo sciroppare a forza, lo scandalo è che sono pagate con le nostre tasse, costano A NOI, e fanno a pugni col nostro paesaggio e col buon senso. E intanto sono le amministrazioni di sinistra.
E ti aggiungo anche il perchè:
La dimensione Occidentale delle città presuppone "che ogni spazio urbano abbia un centro in cui andare, da cui tornare, un luogo compatto da sognare [...] da cui dirigersi e allontanarsi" (scriveva Roland Barthes in "Centro-città, centro vuoto", in L'impero dei segni, trad. it. Einaudi, Torino 1984). E per ragioni storiche, economiche, militari e religiose molte delle nostre città occidentali sono concentriche, nella dimensione reale e simbolica, cioè ricalcano il movimento di senso della metafisica occidentale in base alla quale ogni centro è la sede della verità. In più sono stracolme di segni. Ciò che si nota è invece l'anonimato di "quell'" arte.
Così il nostro centro, sia cittadino, sia metaforico, è nella tradizione sempre "pieno" di significati; è un luogo contrassegnato, ipersegnato. Lì sono sedimentati i segni storici e fondati i valori della civiltà, tutti rappresentati : la spiritualità, il potere con gli uffici e i palazzi pubblici, il denaro con le banche, le merci e gli scambi con i negozi e i mercati, la parola e l'espressione ogni volta che la piazza assume la caratteristica originaria di agorà.
"Andare in centro" è in qualche modo quindi anche andare al centro delle cose, incontrare la verità di un luogo, un frammento della propria personale verità, e una verità collettiva, o almeno così era fino qualche tempo fa.
I nuovi quartieri che germogliano intorno alle industrie, periferici in mano all'edilizia da dormitorio e alla speculazione fin dagli anni '60, quasi nuove città senza anima, spesso sono privi di centro e DI SEGNI. E questo è tipico dell'architettura soviet coop-rossa che ha sempre fatto tabula rasa di ogni cultura precedente.
Oppure queste periferie presentano nuovi centri fittizi, senza significati: non ci sono edifici storici, non ci sono più sculture-simbolo e vincolo all'ideale, quindi sono un non-segno. In pratica non ci sono simboli di identificazione. C'è un'ipermercato (toh!!) che ripete lo stile dei palazzi o viceversa (non a caso al quart. S. Donato Via della Repubblica Bologna c'è una delle torri di Portoghesi, unita a una COOP supermercato e decine di palazzi-muraglione tutti della stessa materia della coop), il che la dice lunga su ciò che sia 'centro' (anche di di valori) oggi: cioè unicamente un certo tipo di 'mercato'. Oppure ci sono edifici o stili d'importazione, che non appartengono alla realtà storica del posto, all'insegna dell'espropriazione della memoria e della neutralizzazione simbolica.
Le nuove pseudo-piazze non ci appartengono. E' dal 1400-1500 che la piazza monumentale, spesso la piazza grande, la piazza maggiore, diventa il luogo simbolico della città, rielaborando alcuni concetti greco-romani e adattandoli all'epoca. Molto è dovuto al "De re aedificatoria" di Leon Battista Alberti, del 1450, trattato di architettura che verte anche intorno all'idea di come una civiltà si specchi in una città, in termini umanistici, con osservazione delle problematiche culturali, sociali, economiche e simboliche. Il centro, perciò la piazza, doveva essere luogo rappresentativo, di dignità, era valore di radice, e d' identificazione di ciò che quella città è, per cui era anche l'oggettivazione di un ideale, di un passato che continua a produrre realtà nel presente. Anche questo, oggi sembra un valore perduto.
Ideale e Reale sono inestricabilmente congiunti nel centro. Ma la piazza era anche luogo di apprendimento di regole civili, e del bisogno dei cittadini di scambiarsi nozioni, notizie, lavoro, incontro e scambio. La nobiltà italiana ha sempre posto la sua dimora nel centro delle città (e non in campagna come spesso nel resto d'Europa) e a questo si deve la conformazione artistica delle nostre città. La piazza è sempre stata anche luogo di tutte le classi sociali, dove poteva avvenire un incontro: in tante delle nostre commedie la piazza è come il teatro della vita pubblica, fino ad essere un centro 'polisemico' e luogo di ogni virtuale, luogo di incroci del possibile. Ciò che è difficile invece oggi è definire una città attuale; cogliere lo spirito di città odierna come luogo simbolico culturale, poichè la città moderna sembra un non-luogo. Prima, di una città erano evidenti addirittura una maschera (la caratterizzazione della Commedia dell'Arte, il cogliere tratti salienti nella tipizzazione), una coscienza, un modo di sentire, uno stile, usi e costumi: un popolo insomma.
La città odierna invece possiede elementi non omogenei e spesso non coordinati tra loro da un senso. Si può vedere, all'interno dell'attuale insieme di cose che formano una città, l'assenza delle coordinate che caratterizzano i luoghi familiari, propri, antropologici: Marc Augé insegna che i luoghi antropologici per essere tali dovrebbero possedere
-caratteri comuni riconoscibili come identitari,
-caratteri comuni relazionali,
-caratteri comuni storici.
Queste 3 categorie sono tutte violate nelle città contemporanee. (cfr. Marc Augé, "Nonluoghi", Eléuthera, Milano 1993, ora Nonluoghi. (Introduzione a una antropologia della surmodernità, Eléuthera, Milano 2005). La città odierna allora è volutamente all'insegna della discontinuità, della rottura, dall'espropriazione dei valori di radici locali, formata da parecchi non-luoghi. L'insieme di luoghi, sottoluoghi, non-luoghi che la formano, continuano a segnalare la perdita del centro originario, sia fisica sia ideale. Si diceva tempo fa che è una delle volontà del 'mercato'. Ridurre così le città influisce sulla percezione e sulle menti della gente.
Per es. ancora qui a BO a proposito di urbanistica e morte della cultura, uno scempio del genere c'è solo qui:
http://www.ecodallecitta.it/notizie.php?id=103352 si vuole far passare questa costosa linea di filobus/treno per strada per portare gente dalla periferia all'aeroporto con costi strabilianti (ma da affidare agli amici dell'apparato che non si schioda di qui da 70 anni), lo stesso tragitto lo facevano già semplici autobus, e la costruziuone del Civis oltre a infilare strutture in palazzi storici e sventramenti vari, rischia di fare cadere le torri medievali del centro storico.
Ma anche questa, visto che viene 'toccato' un governo di centrosinistra, sarà una leggenda metropolitana.
Raindog: "Forse a infastidirti è anche il fatto che alcuni architetti progettino moschee: e io ti rispondo che un vero professionista, che fa il suo lavoro seriamente, non rifiuta certamente di lavorare ad un'opera solo perchè non fa parte della sua cultura o della sua religione. Specialmente se adeguatamente remunerato. E' come se un negoziante rifiutasse di vendere un articolo a qualcuno perchè non gli va a genio: liberissimo di farlo, ma la professionalità va a farsi benedire.
Vogliamo parlare di quanto sono "belle" certe chiese moderne, pur conformi al nostro culto e approvate dalle diocesi? Ogni progetto viene approvato dalla diocesi territoriale, per cui cosa dobbiamo pensare, o che tutta la Chiesa è degenerata, oppure che è degenerata l'architettura."
Non mi piacciono le chiese di Le Corbusier per es. e nessuna chiesa moderna. Credo che l'architettura moderna sia degenerata, a parte rari casi, e la Chiesa pure. Diciamo che dopo l'art deco, l'ultimo stile storico-storicizzante, si salva ben poco.
Ma il tuo discorso non quadra. Un architetto fa ciò in cui crede, in base a sensibilità individuale. Molti hanno rifiutato il progetto di moschee. Poi un conto è farla là e un conto farla qua.
L'architetto può scegliere se fare una cosa o no. Non è che è obbligato a fare moschee. Nessun operatore, artista è OSTAGGIO del committente.
Nè è realistico dire che l'anima della cultura italiana sia il feng shui e l'islam. Perchè l'anima della cultura italiana non è quello.
Si farebbe invece bene ad ispirarsi alle culture del luogo altro che “sostenibilità delle eccellenze” che costruiscono muraglioni inguardabili. (sotto la Fiera di Kenzo Tange)
Porta Europa Unipol (...) (è solo una minima parte del complesso)
http://www.urbanfile.it/index.asp?ID=3&SID=703Pilastro
http://www.ermesambiente.it/wcm/ermesam ... /pilas.jpgla storia dei 18 politici nel 68 con i comitati è piuttosto vera. E' a causa del 68 più festaiolo che in giro c'è gente che non sa nulla, anche 68enni 68ini.
In seguito ai '70, le cose in parte hanno ripreso a funzionare, e ognuno però si prendeva i suoi 18 o 30 e lode senza i comitati, ma da solo.
Comunque a mio avviso è Inutile ogni confronto se si è subito pronti a negare ogni magagna se afferisce al proprio “schieramento” che "non può" avere sbagliato. Dico solo che da chi si autoattribuisce la superiorità culturale, mi sarei aspettato qualcosa di meglio.