principalmente per il Direttore, ma anche per chi vuole.
Il "Change" dagli Usa, oltre che di politica ed economia, è fatto anche di propaganda. Nessun settore è risparmiato, e si procede con la FALSIFICAZIONE del passato e della storia. In pratica, esce un libro dell'n-simo prof. di storia americano Patrick J. Geary, "Il mito delle nazioni. Le origini medievali dell’Europa" per Carocci ed., davvero curioso.
Si tratta di un testo demolitore dell'idea di Nazione e Popolo in Europa: libri del genere non nascono per innocuo desiderio di ricerca. Sono il frutto di precise operazioni ideologiche, programmati e portati a compimento in base a una strategia ben definita: la globalizzazione, al fine di svellere le ultime ostinate resistenze delle identità – che in Europa sono storicamente più tenaci che altrove – ha bisogno di argomenti anche (pseudo-)culturali, di una cultura rovesciata come un guanto e offerta all’ignoranza di massa come fosse un vangelo.
La globalizzazione capisce che non basta il martellamento consumistico, non bastano le poderose iniezioni di politica immigrazionista coatta, non bastano le intimidazioni ai governi, non bastano neppure i bombardamenti al fosforo. Per certe realtà, come quelle europee, particolarmente forti quanto a personalità storica e coscienza culturale residua, occorrono adeguati ordigni culturali. Occorre una generalizzata falsificazione della storia, messa in campo al fine di recidere, piano piano e con infiltrazioni concettuali a lento ma sicuro rilascio, anche l’ultimo tenue filo che lega ancora oggi ogni popolo al suo passato, alla sua cultura atavica: solo così si potranno avere prossimamente quelle masse di popolazioni sradicate e spogliate di identità, che occorrono al potere mondiale per gestire finalmente senza ostacoli il progetto del Governo Mondiale.
I popoli coscienti e maturi, orgogliosi del loro passato e ben strutturati quanto a profonda memoria storica, sono ossi duri da rodere, per il mondialista. Essi possono sempre opporre resistenza, magari anche imboccare un domani le vie della ribellione aperta al disegno cosmopolita, appellandosi a motivazioni comunitariamente forti. Le popolazioni ridotte a branchi, invece, hanno tutte le caratteristiche del prodotto voluto: assenza di identità, perdita del senso di legame sociale che nasce dalla memoria condivisa, indigenza culturale, de-territorializzazione. Una volta compiuta quest’opera, che è già in corso da alcuni decenni, il narcotico del consumismo provvederà nei giusti dosaggi affinché queste plebi mondiali affastellate NON diano luogo qua e là a fastidiose rivolte degli schiavi. La formula è semplice, e chiara come il sole.
Geary dà l’assalto all’idea di nazione in Europa con tutte le armi a sua disposizione, arruolandosi nella famigerata banda storiografica di Hobsbawm (quello che ha scritto che le tradizioni nazionali non esistono, non sono mai esistite, per lui sono state inventate nell’Ottocento dagli studiosi nazionalisti dei vari Paesi…e prima nemmeno esistevano): in pratica nega l'identità delle nazioni europee fin dagli albori. Mo' non sono mai esistite.
Per farlo non si perita di negare le testimonianze storiche comprovate di Gregorio di Tours, Jordanes, Paolo Diacono, ma nega anche Walter Pohl, Cesare, Tacito, e come nulla anche Tocqueville, Renan, Max Weber...nega anche le saghe nordiche, o Chretien de Troyes quanto il Beowulf....
l'art. completo a disamina del libro e dell'atteggiamento culturale di Geary e della trista schola di Hobsbawn è qui, per intero, con passaggi uno a uno, a cura di Luca Lionello Rimbotti:
http://www.mirorenzaglia.org/?p=14165--------------------------------------------------------------
chiaramente per il "Change" in tutti i sensi, ben fuori dell'Accademia, c'è bisogno anche in Italia di supini osannanti americanoidi 'atlantisti', ecco invece qui un ironico articolo, di A. Musto:
http://www.conflittiestrategie.splinder ... redo-musto