Claudio Magris scrive alla Gelmini

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Claudio Magris scrive alla Gelmini

Messaggioda dave » ven ago 07, 2009 4:01 pm

Da parte mia, condivido ogni singola riga della provocazione... :-D

da corriere.it

lettera aperta alla gelmini

Dante e Verga? Basta. Mi son de Trieste

Ministro, cambiamo i programmi: «El moroso
de la Nona» al posto della Divina Commedia


Signor ministro, mi permetto di scriverLe per suggerirLe l'opportunità di ispirare pure la politica del Ministero da Lei diretto, ovvero l'Istruzione — a ogni livello, dalla scuola elementare all'università — e la cultura del nostro Paese, ai criteri che ispirano la proposta della Lega di rivedere l'art. 12 della Costituzione, ridimensionando il Tricolore quale simbolo dell'unità del Paese, affiancandogli bandiere e inni regionali. Programma peraltro moderato, visto che già l'unità regionale assomiglia troppo a quella dell'Italia che si vuole disgregare.

Ci sono le province, i comuni, le città, con i loro gonfaloni e le loro incontaminate identità; ci sono anche i rioni, con le loro osterie e le loro canzonacce, scurrili ma espressione di un’identità ancor più compatta e pura. Penso ad esempio che a Trieste l'Inno di Mameli dovrebbe venir sostituito, anche e soprattutto in occasione di visite ufficiali (ad esempio del presidente del Consiglio o del ministro per la Semplificazione) dall’Inno «No go le ciave del portòn», triestino doc.

Ma bandiere e inni sono soltanto simbo­li, sia pur importanti, validi solo se esprimo­no un'autentica realtà culturale del Paese. È dunque opportuno che il Ministero da Lei diretto si adoperi per promuovere un'istru­zione e una cultura capaci di creare una ve­ra, compatta, pura, identità locale.

La letteratura dovrebbe ad esempio esse­re insegnata soltanto su base regionale: nel Veneto, Dante, Leopardi, Manzoni, Svevo, Verga devono essere assolutamente sostitui­ti dalla conoscenza approfondita del Moro­so de la nona di Giacinto Gallina e questo vale per ogni regione, provincia, comune, frazione e rione. Anche la scienza deve esse­re insegnata secondo questo criterio; l'ope­ra di Galileo, doverosamente obbligatoria nei programmi in vigore in Toscana, deve essere esclusa da quelli vigenti in Lombar­dia e in Sicilia. Tutt'al più la sua fisica po­trebbe costituire materia di studio anche in altre regioni, ma debitamente tradotta; ad esempio, a Udine, nel friulano dei miei avi. Le ronde, costituite notoriamente da pro­fondi studiosi di storia locale, potrebbero essere adibite al controllo e alla requisizio­ne dei libri indebitamente presenti in una provincia, ad esempio eventuali esemplari del Cantico delle creature di San Francesco illecitamente infiltrati in una biblioteca sco­lastica di Alessandria o di Caserta.

Per quel che riguarda la Storia dell’Arte, che Michelangelo e Leonardo se lo tengano i maledetti toscani, noi di Trieste cosa c’en­triamo con il Giudizio Universale? E per la musica, massimo rispetto per Verdi, Mozart o Wagner, che come gli immigrati vanno be­ne a casa loro, ma noi ci riconosciamo di più nella Mula de Parenzo, che «ga messo su botega / de tuto la vendeva / fora che bacalà».

Come ho già detto, non solo l’Italia, ma già la regione, la provincia e il comune rap­presentano una unità coatta e prevaricatri­ce, un brutto retaggio dei giacobini e di quei mazziniani, garibaldini e liberali che hanno fatto l'Italia. Bisogna rivalutare il rio­ne, cellula dell'identità. Io, per esempio, so­no cresciuto nel rione triestino di Via del Ronco e nel quartiere che lo comprende; perché dovrei leggere Saba, che andava inve­ce sempre in Viale XX Settembre o in Via San Nicolò e oltretutto scriveva in italiano? Neanche Giotti e Marin vanno bene, perché è vero che scrivono in dialetto, ma pretendo­no di parlare a tutti; cantano l’amore, la fra­ternità, la luce della sera, l’ombra della mor­te e non «quel buso in mia contrada»; si ri­volgono a tutti — non solo agli italiani, che sarebbe già troppo, ma a tutti. Insomma, so­no rinnegati.

Ma non occorre che indichi a Lei, Signor Ministro, esempi concreti di come meglio distruggere quello che resta dell’unità d’Ita­lia. Finora abbiamo creduto che il senso pro­fondo di quell’unità non fosse in alcuna con­traddizione con l'amore altrettanto profon­do che ognuno di noi porta alla propria cit­tà, al proprio dialetto, parlato ogni giorno ma spontaneamente e senza alcuna posa ideologica che lo falsifica. Proprio chi è pro­fondamente legato alla propria terra natale, alla propria casa, a quel paesaggio in cui da bambino ha scoperto il mondo, si sente pro­fondamente offeso da queste falsificazioni ideologiche che mutilano non solo e non tanto l’Italia, quanto soprattutto i suoi innu­merevoli, diversi e incantevoli volti che con­corrono a formare la sua realtà. Ci riconosce­vamo in quella frase di Dante in cui egli dice che, a furia di bere l'acqua dell’Arno, aveva imparato ad amare fortemente Firenze, ag­giungendo però che la nostra patria è il mondo come per i pesci il mare. Sbagliava? Oggi certo sembrano più attuali altri suoi versi: «Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, / non donna di province, ma bordello!».

Con osservanza


Claudio Magris
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Re: Claudio Magris scrive alla Gelmini

Messaggioda Damiel » dom ago 23, 2009 6:48 pm

Ho avuto l´onore di conoscere questo straordinario intellettuale ad una lezione di Letterature Moderne Comparate qualche anno fa. Il capolavoro "Alla cieca" era in programma e lui stesso ci ha dedicato una lezione intera. Non a caso presi un bel 30. Da anni sfiora il premio Nobel, e speriamo che a settembre si ricordino di lui una volta per tutte. Giusto durante queste ultime vacanze ho letto "Microcsmi". Se tutti i premi Strega fossero cosí... Altro che... Lasciamo perdere!

Ogni parola da lui scritta é un vangelo per me. Io, mi sa, avrei colto l´occasione per insultare quella assassina culturale della Gelmini, ma per fortuna Magris ci ricorda che uomo di cultura é sempre sinonimo di educazione.
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Re: Claudio Magris scrive alla Gelmini

Messaggioda dave » lun ago 24, 2009 12:44 pm

Questo suo articolo è veramente geniale e in fondo prende in giro - con estrema intelligenza - idee politiche veramente bislacche e umilianti per l'intero popolo italiano. In un momento di crisi economica e sociale come questo, gli italiani dovrebbero fare fronte comune ed evitare queste stupidaggini regionali. Io sono fiero di essere non piemontese, ma italiano e sono fiero di parlare non il torinese (che non ho VOLUTO imparare) ma l'italiano.
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Re: Claudio Magris scrive alla Gelmini

Messaggioda Damiel » mar ago 25, 2009 4:28 pm

Credo che Magris sia un grande sostenitore dei dialetti e delle culture regionali. Lui stesso é felicissimo di parlare il friuliano. Quello che intende é che é proprio la nostra caratteristica di italiani ad essere cosí un mescuglio di culture eruopee che ci rende uniti e unici. Io, personalmente, sono dispiaciuto di masticare male il torinese, pur essendo nato e vissuto sempre nella mia cittá, perché sono certo che sarebbe un bagaglio culturale in piú.
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